Corriere della sera 31 luglio 2001
Dopo gli incidenti di Genova si interrogano le mille anime dei movimenti legati alla Chiesa che criticano le tesi degli otto Grandi

Cattolici no-global, nessun pentimento: la violenza però va sempre isolata

ROMA - La riflessione è sofferta. Dopo la violenza che ha attraversato l’anti-G8 i cattolici si interrogano, dai movimenti che il 7 luglio hanno manifestato con il cardinale Dionigi Tettamanzi a favore di un «corretto governo» della globalizzazione fino ai vescovi. Uno di loro, il cardinale Silvano Piovanelli, aveva usato la parola «vergogna», di tutti e anche dei cristiani, per il ragazzo morto e per le centinaia di feriti. E ora che, sempre sul Corriere , Angelo Pianebanco parla dell’offensiva di una parte della Chiesa cattolica «contro l’Occidente» la riflessione si allarga. A portare avanti l’esame di coscienza è per primo il vicedirettore di Civiltà Cattolica , l’autorevole rivista dei gesuiti. Commenta Michele Simone: «La Chiesa ha sempre avuto sull’argomento una posizione equilibrata, sostenendo che la globalizzazione andava governata. La stragrande maggioranza dei cattolici durante le manifestazioni era a Boccadasse a pregare e anche coloro che hanno sfilato certamente lo hanno fatto ripudiando la violenza. Il cardinale Tettamanzi non ha fatto altro che condannare certi eccessi della globalizzazione. Ma sono le cose che sta ripetendo da tempo anche Giovanni Paolo II. Che sicuramente non è antioccidentale, altrimenti non si sarebbe preso i complimenti da George Bush per avere sconfitto il comunismo».
Il Papa. Sì, perché tutti i cattolici no-global, che poi corrispondono alla maggioranza di movimenti e associazioni, ricordano all’unisono che è Giovanni Paolo II il loro riferimento, citando in particolare l’Angelus pronunciato l’8 luglio: «I Grandi ascoltino il grido dei poveri». Conferma il presidente delle Acli Luigi Bobba: «È a lui che ci ispiriamo. Basta pensare che gli stessi Grandi che danno un miliardo di dollari per la lotta all’Aids ne stanziano ben 930 per lo scudo stellare». Ma poi fa anche un po’ di autocritica: «Noi non siamo mai stati fiancheggiatori di chi si scontrava con le forze dell’ordine, ma oggi, di fronte a tutto quello che è successo, dobbiamo riconoscere che al Genoa Social Forum andava rimproverato di non avere chiarito bene che il limite invalicabile per il movimento era la violenza, anche quella del linguaggio. Comunque c’è da dire che lasciar cavalcare solo da Rifondazione Comunista la domanda emergente dal mondo giovanile sarebbe un grave errore».
Ma dopo le associazioni e i missionari che hanno aderito al no-global cattolico alla vigilia del G8, ora si fa sentire anche monsignor Giuseppe Casale, vescovo emerito di Foggia, intervenuto in passato più volte sulle questioni sociali: «Se la globalizzazione non viene orientata verso principi di solidarietà rischia di essere dominata dai potentati finanziari. E noi non possiamo tacere. Ma non si può stare zitti nemmeno di fronte a eventuali violazioni dei diritti umani». Tanto che monsignor Casale ha firmato un manifesto insieme ad altri due vescovi, Luigi Bettazzi e Antonio Riboldi, per chiedere, insieme a Pax Christi e a una parte dell’associazionismo milanese, che il governo porti avanti «un’indagine a tutto campo» sul comportamento delle forze dell’ordine. Ma, in ogni caso, aggiunge con riflessione sofferta monsignor Casale: «Tutto ciò non dovrà servire per creare una logica di contrapposizione». Proprio quella logica che il cardinale Piovanelli ha visto riapparire con forza durante le giornate violente del G8 e che, a suo giudizio, dovrebbe spingere i cattolici a fare un esame di coscienza «per non essere riusciti a isolare i violenti».
Ma per don Gianni Baget Bozzo e i cattolici in lotta contro il popolo di Seattle il discorso è più semplice: «Che ormai la Chiesa sia contro l’Occidente è un fatto lampante. Una contestazione dietro la quale vedo anche il Papa. Alla fine il prodotto è questo: non si sta più con lo Stato, ma con la rivoluzione e i movimenti di liberazione. Forse è per accattivarsi le simpatie del Terzo Mondo pensando che ormai sta lì la maggioranza dei cattolici. E ci si sbaglia».
Roberto Zuccolini