La Stampa
25 luglio 2001 |
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I centri sociali: ci sono decine di
«missing»
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«Troppe persone inghiottite nel buio di
quelle notti al G8»
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inviato a GENOVA
DODICIMILA braccia alzate nel silenzio sospeso di piazza De Ferrari. Un minuto, poi
scoppia lapplauso: è per Carlo Giuliani, il giovane ucciso venerdì nella
«battaglia di corso Torino». Cè una Genova dalle tante anime, in questa sera di
protesta: ribelli dei centri sociali, ma anche giovani «senza bandiere», famiglie e
bambini, anziani con il fazzoletto rosso al collo. A lambire il catino demozioni, il
flusso dellaltra città: quella che passa e guarda. E mugugna, spesso con forza,
contro questa gente che manifesta: «Un ragazzo che assalta una jeep dei carabinieri con
un passamontagna è davvero un bravo ragazzo?».
Vittorio Agnoletto sembra ancora più minuto, attorniato dai quattro amici che gli fanno
da guardia del corpo nei giorni dei tentati linciaggi: «Questa piazza stracolma è un
evento grandioso che va al di là dogni aspettativa. Mi sto commuovendo. La parte
viva della città ha compreso che cosa è davvero successo: questa partecipazione è prova
dun legame con il Gsf che non sè mai interrotto. Nonostante quello che Genova
ha dovuto subire». Su tutto sventola il grande striscione che recita: «Pensate di averlo
ammazzato, ma Carletto vive attraverso noi. Gli amici». Quegli stessi che, ad un certo
punto, si staccano dalla manifestazione al grido «andiamo, chi vuole ci segua». Si
allontanano in una ventina, percorrono silenziosamente via Roma e si fermano prima davanti
alla Prefettura poi nella zona dove abitava lucciso.
In una piazza De Ferrari che scivola nella commozione, Sergio Tedeschi, storico
sindacalista della Fiom, parla un po in italiano un po in dialetto: «Mi sento
angosciato per quello che ho visto. Vi chiedo di distinguere: il Gsf prende le distanze
dalle devastazioni, non ne ha responsabilità». Cede il testimone a Chiara Cassurino, di
Ya Basta: «Non siamo terroristi, non siamo spaccavetrine. Siamo ragazzi che lottano
pacificamente per un mondo migliore. Ci aspetta una stagione politica in cui dovremo
reagire sempre di più con la disobbedienza civile». Sono le 19,30 quando la folla si
scioglie, lentamentene, sulle note della canzone di De André, «creuza de ma»,
nostalgico racconto duna terra (ancora) felice stretta fra cielo e mare.
La tensione della città non si stempera: si contano i dispersi dei giorni drammatici dei
fuochi e dei cristalli infranti. Le cifre fanno paura. I «missing» sarebbero decine e la
rete dei centri sociali italiani ha deciso di lanciare un appello per avere loro notizie.
Tra i firmatari, oltre a parlamentari ds e di rinfondazione, anche lon. Paolo Cento
dei Verdi: «Sono ragazzi finiti nel buio della notte di Genova: per alcuni temiamo
addirittura che possa essere accaduto il peggio. Penso al mistero inquietante di quella
giovane che in molti hanno visto ferita gravemente durante la manifestazione del 20 e che
sembra svanita nel nulla: nessun pronto soccorso lha accolta, nessun ospedale lha
ricoverata». Marco Vano e gli altri legali del Gsf stanno tenendo unansiosa
contabilità tra lelenco dei dispersi e quello degli arrestati fornito con il
contagocce dalle forze dellordine. Ieri sera lavvocato Andrea Sandra è andato
al San Martino per incontrare un ragazzo ferito di cui doveva assumere la difesa: è stato
bruscamente allontanato «per ordini superiori» da un funzionario della polizia
penitenziaria.
Cè aria pesante in questa Genova tramortita dalla violenza. Unatmosfera
grigio paura che coinvolge anche il Gsf, al di là del colpo docchio duna
piazza piena: nello stato maggiore sono i momenti degli strappi, dei risentimenti e delle
riflessioni. Ecco Matteo Jade, leader delle tute bianche genovesi: «Cè chi si
lascia prendere dal timore. Sono quelli che non hanno mai preso botte nei cortei: Rete
Lilluput, pacifisti, Arci. Si sentono accerchiati dalla pressione politica, ma anche dai
rischi contingenti legati alla presenza del Black Block. Li temevano persino al sit-in di
piazza De Ferrari e li temono anche al funerale di Carlo». Jade, ma chi sono davvero
queste tute nere? Solo tedeschi e inglesi che si sentono realizzati nella violenza? «No,
molti sono anche italiani: ragazzi dei centri sociali del Nord». Gli stessi che il Genoa
Social Forum ha accolto sotto il grande ombrello della rivoluzione pacifica? «Inutile
negarlo, dobbiamo ammettere daver sbagliato: quelli, nella preparazione dellanti
G8, prima sono entrati nella nostra rete, poi ne sono usciti, quindi si sono di nuovo
affiliati, pur con qualche ambiguità». Questa sembra unautocritica in piena
regola, Jade. E lui: «A Genova, nei giorni caldi, ci siamo resi conto che non stavano ai
patti. Fin troppo facile per chi andava in giro scriuvendo di nascosto sui muri "tute
bianche infami". Si toglievano la maglietta della disobbedienza civile e indossavano
quella dei devastatori».
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