Mnaifesto 4 agosto 2001

I misteri del blitz
ALESSANDRO MANTOVANI - ROMA

Sono stati gli uomini dello Sco, la polizia criminale, ad entrare per primi nella scuola Diaz la notte di sabato 21. La celere, il discusso settimo nucleo del reparto mobile romano, è arrivata solo in un secondo momento. Per primi sono entrati funzionari e agenti in borghese, tutti col manganello in mano e il casco blu, quasi tutti a volto coperto, alcuni con la pettorina o la maglietta della polizia. A comandarli c'era il loro capo, Francesco Gratteri, e il suo vice Gilberto Calderozzi. E quegli uomini non sono passati dal portone principale ma da uno secondario, sfondando un cancello sul retro. Quando il reparto celere è arrivato all'interno il lavoro era fatto, gli "occupanti" della Diaz erano seduti, sdraiati o rannicchiati nella sala che si trova a destra subito dopo l'ingresso e lungo i muri della scuola, fino ai piani superiori.
Lo dice Vincenzo Canterini, responsabile del reparto mobile, nella sua relazione di servizio. "Mentre i portoni di accesso venivano forzati ho notato, tramite i vetri opacizzati degli stessi, che all'interno era stata spenta la luce". Pensava agli occupanti, il capo della celere, ma "una volta entrato all'interno - scrive ancora Canterini - notavo nell'androne recentissimi segni di colluttazione e una grande confusione di oggetti in terra tra cui anche bastoni e mi sembra un grosso maglio (il buio era pressoché totale). Nel salone sulla destra, sempre al piano terra, notavo diversi giovani rannicchiati contro il muro, alcuni dei quali feriti alla testa e con numerose tracce di sangue, mentre gli agenti in borghese pequisivano i loro indumenti".
Quegli uomini in borghese, che per Canterini erano sbucati da chissà dove, erano lì almeno da qualche minuto. Infatti, avevano avuto anche il tempo di "conquistare" i tre piani superiori. "Al piano superiore vedevo grosso modo la stessa scena", si legge nel rapporto. Fosse stato per lui, spiega ancora Canterini, avrebbe sparato qualche lacrimogeno all'interno, ma gli hanno detto di star fermo. Dovevamo procedere allo sgombero - si legge nel suo rapporto - "quando si fosse verificata una certa situazione".
Quale situazione? Forse gli uomini entrati dal retro cercavano davvero documenti, foto compromettenti, immagini di infiltrati e di agenti che sparavano in piazza. Tant'è che alla Diaz il pestaggio è stato limitato - niente a che vedere col massacro di pochi minuti dopo neel dormitorio allestito nella scuola di fronte, la Pertini - mentre la distruzione dei computer degli avvocati e dei giornalisti è stata sistematica.
Canterini rischia grosso. Nelle conclusioni dell'indagine interna del Viminale, che ufficialmente è alla base della rimozione dei prefetti Andreassi e La Barbera e del questore di Genova Colucci, ce n'è abbastanza per arrivare anche alla sua espulsione dalla polizia, per non parlare dell'inchiesta penale che potrebbe travolgerlo. Quello che dice, perciò, Canterini lo dice per difendersi. E oltre tutto non lo dice dal primo momento: la relazione che citiamo è la seconda, datata 27 luglio, la prima era più reticente, perché ancora prevaleva lo spirito di corpo e nella polizia non era ancora iniziata la guerra di tutti contro tutti. Ma Canterini afferma anche che il capo dei superispettori del Viminale, Giuseppe Micalizio, si è rifiutato di assumere agli atti il secondo rapporto, come se il suo obiettivo fosse la ricerca di capri espiatori e non la fedele ricostruzione del blitz. Le sue accuse sono precise e circostanziate.
Non basta. Dalla caserma di Castro Pretorio, a Roma, gli agenti di Canterini, vanno oltre. Uno di loro, intervistato dalla La 7, ha detto che la porta secondaria serviva per entrare ma anche per uscire senza dar troppo nell'occhio. Chi era ad uscire? I poliziotti in borghese, certo, ma anche persone vestite di nero. I famigerati black bloc che, secondo la polizia, erano il bersaglio della spedizione? Uomini dello Sco e di altri corpi speciali? Non si sa. Si sa però che c'erano degli infiltrati, ma non si a chi rispondessero. Alla Digos? Allo Sco? Filippo Ascierto, deputato di An ed ex capo del cocer dei carabinieri, che era a Genova nel comando dell'arma durante il G8, parla di "nostri infiltrati". Magari erano di An, o dei carabinieri. Si sa anche che alla Diaz non è stato arrestato nessuno: i 93 fermi che i giudici, nei giorni seguenti, si sono rifiutati di convalidare (salvo uno), sono stati eseguiti tutti nella scuola Pertini, e non nel media center del Gsf. Ma i computer, quelli sì, li hanno distrutti.