ROMA - Come padre ha provato orrore e
dolore. Come uomo di governo, quello della sua città, sfiducia improvvisa nelle
istituzioni. Questi i sentimenti e le reazioni di Antonino Lupi, sindaco di Monterotondo,
40 mila abitanti alle porte di Roma, padre di un diciottenne che come tanti altri è stato
picchiato a sangue nella caserma di Bolzaneto. Lupi, dopo giorni di silenzio, ha deciso di
parlare e denunciare le violenze dei giorni del G8 che per lui e per suo moglie sono
divenuti giorni di disperazione. "Bolzaneto ha lasciato un segno indelebile
nella mia famiglia. Presenterò una denuncia. Come padre ho provato orrore, dolore. Come
sindaco un improvviso senso di sfiducia nelle istituzioni. Mio figlio, diciottenne e
pacifista, a Genova è stato arrestato mentre passeggiava mano nella mano con la fidanzata
di 16 anni. Poi, da detenuto, a Bolzaneto, è stato picchiato, manganellato, insultato.
'Papà le botte passano - m'ha detto - gli sputi in bocca no'".
Antonino Lupi ha passato insieme a sua moglie quattro giorni a fare il porta a porta nelle
carceri del nord per sapere che fine avesse fatto il figlio Bruno, 18 anni e 10 giorni,
studente del IV liceo scientifico del Righi a Roma, irrintracciabile sul telefonino dalle
15 del 20 luglio e riabbracciato soltanto la notte del lunedì successivo, fuori dal
carcere di Alessandria.
"Era ospite insieme agli amici di un medico di Genova - spiega Lupi - ci aveva
lasciato scritto ora per ora quello che avrebbe fatto. Eravamo tranquilli. Perse le
tracce, siamo partiti. Nemmeno alla Questura centrale di Genova ci hanno voluto dire dove
stava, che gli era successo. Lo abbiamo dovuto ritrovare da soli. Per poi sapere che gli
era stata contestata la resistenza aggravata e il danneggiamento aggravato per essere
stato colto in 'quasi flagranza di reato'. Agghiacciante. Poi - prosegue il sindaco di
Monterotondo - da lui, abbiamo saputo il supplizio che aveva subito: le botte con gli
stracci bagnati e la saponetta all'interno, le manganellate date in maniera scientifica
per non lasciare segni, l'obbligo del saluto fascista, le costrizioni nel dover gridare
'Evviva il Duce', gli insulti 'siete tutti sporchi comunisti'.
"Sono racconti - continua Lupi - che nelle ore di impotenza fuori dal carcere avevo
sentito da decine di altri ragazzi, scout, giovani dell'azione cattolica, che erano
passati dal lager di Bolzaneto e venivano scarcerati. Avevo già saputo da loro delle
violenze inflitte su un disabile, un uomo con una gamba di legno, costretto a restare,
come gli altri, per ore ed ore in piedi con la fronte contro il muro e rialzato a
manganellate ogni volta che cadeva. Mio figlio dalla notte di Bolzaneto - conclude - è
uscito tutto un dolore, ma senza ossa rotte. E' stato furbo. Per due volte mentre veniva
picchiato si è finto svenuto".
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