Manifesto 25 luglio 2001

Genova e il nuovo ordine mondiale
GIORGIO AGAMBEN -

La prima domanda che occorre porre a proposito di quello che è accaduto a Genova è: perché i leaders dei più ricchi e potenti stati del mondo hanno scelto di tenere le loro contestate riunioni non in un luogo isolato - un castello o una dimora in piena campagna come non è certo difficile trovare in Europa - ma in una popolosa e antica città dove i problemi di ordine e di sicurezza erano tali da richiedere uno spiegamento di mezzi e di forze che avrebbero necessariamente compromesso la pace degli abitanti e implicato rischi di ogni genere? Perché mettere inutilmente in stato di assedio una grande città? Perché questo spreco di energie umane e di denaro? Perché, infine, creare le condizioni in cui anche delle vite umane avrebbero rischiato di essere sacrificate?
Non vedo altra risposta possibile che questa: si trattava ancora una volta di mettere alla prova le nuove forme del dominio mondiale e i nuovi dispositivi che stanno trasformando radicalmente sotto i nostri occhi ciò che abbiamo finora chiamato politica e democrazia. Come nella guerra del golfo e nella recente guerra della Nato contro la Serbia si trattava di verificare fino a che punto il nuovo potere mondiale era capace di stravolgere le regole del diritto internazionale, trasformando una guerra esterna in un'operazione di polizia, così ora si tratta di verificare fino a che punto fosse possibile sovvertire e trasformare le regole del diritto interno e i principi fondamentali della vita di una società democratica. Non si comprende quel che è avvenuto a Genova, se non si osserva che esattamente come al momento della guerra contro la Serbia il nostro paese è stato coinvolto in una guerra senza che le procedure previste dalla costituzione e del diritto internazionale fossero state rispettate, così ora una intera città è stata messa in stato di assedio e i diritti fondamentali dei suoi abitanti - e dei cittadini italiani e europei in genere - gravemente limitati, senza che fosse nemmeno dichiarato lo stato di emergenza che avrebbe potuto legittimare - anche se non giustificare -quelle limitazioni.
La posta in gioco in queste "esperimento del potere" era tanto più vitale, in quanto non si trattava soltanto di mettere alla prova nuove regole e nuovi dispositivi, quanto di articolare il nuovo modello di spazio urbano e sociale in cui essi dovevano essere fatte valere. Si trattava, cioè, di trasformare ciò che sembra più difficilmente controllabile - il tessuto urbano di un'antica città europea (e Genova coi suoi carruggi e il suo centro storico non era stata scelta a caso) - in una zona di controllo assoluto, secondo un modello che non è tanto quello giuridico dello stato di assedio, quanto quello di una città medievale appestata, divisa in zone di sicurezza graduata, alcune delle quali sono abbandonate al contagio e in cui il controllo è minimo, e altre sempre più isolate e protette. Ancora una volta, l'analogia fra organizzazione dello spazio geopolitico esterno e articolazione dello spazio sociale interno è assoluta. Così come il mondo è stato diviso dagli strateghi del potere in fasce di turbolenza graduata, in cui a zone di sicurezza assoluta, in cui non sono possibili guerre di nessun tipo, seguono zone-cuscinetto in cui il disordine può spingersi fino a un certo limite e poi terre di nessuno in cui tutto può avvenire, così ora anche le antiche città d'Europa come le metropoli americane sono divise in fasce di diverse colori e di diverso controllo, che riproducono nella loro struttura la nuova articolazione del potere mondiale. A Genova si è visto come possono essere innalzate griglie e cancelli che trasformano il vivo tessuto urbano in uno spazio morto che ricorda quello di una città appestata o di un campo di concentramento. "Ecco le città, ecco il mondo in cui vi faremo vivere, in cui, anzi, senza accorgervene già vivete": questo è il messaggio che a Genova il potere ha lanciato all'umanità. Sta a questa raccoglierlo, sta a noi riuscire a pensare le risposte e le reazioni a questo che è forse, dopo il progetto nazista di un nuovo ordine mondiale, il piano più invivibile e stolto che un potere abbia mai immaginato per i suoi sudditi.