Corriere della sera 2 agosto 2001 Fini, An e la questione ordine pubblico IL NUOVO RUOLO DEL VICEPREMIER di PAOLO FRANCHI La mozione di sfiducia contro il ministro degli Interni, presentata, secondo chissà quale logica politica, dal centrosinistra, finalmente votata e respinta. Lindagine conoscitiva del Parlamento sui fatti di Genova, a lungo osteggiata, secondo chissà quale logica politica, dal centrodestra, finalmente avviata. A voler essere molto (ma molto) ottimisti, si potrebbe anche sostenere che il peggio è passato e si sono poste quanto meno le basi per voltare pagina. Ma, ad essere troppo ottimisti, si corre il rischio di passare per stupidi. Per la prima volta dopo molti anni la questione dellordine pubblico è tornata cruciale. E non si tratta di una questione tra le altre, perché investe direttamente (verrebbe da dire: violentemente) i rapporti politici e nello stesso tempo la convivenza civile tra gli italiani, i modi del loro stare insieme anche quando la pensano allopposto, e insomma va oltre la piazza, le devastazioni delle tute nere, gli eccessi della polizia. Credevamo un po ingenuamente di esserceli lasciati alle spalle una ventina danni fa, questi problemi. Non è così. Perché ha fatto la sua comparsa un movimento inedito, vasto ma anche contraddittorio come quello antiglobalizzazione, che non lascerà il campo facilmente e a considerare il rifiuto della violenza una discriminante intangibile fatica assai, certo. Ma anche perché alla guida del Paese cè un centrodestra forte nella società, e però privo di esperienza di governo di una società complessa, che è cosa molto diversa da unazienda. E perché allopposizione cè un centrosinistra, ma soprattutto una sinistra, che la sua esperienza di governo la ha appena compiuta, ha fallito (almeno a stare al giudizio degli elettori, lunico che conta), e adesso avverte forte la tentazione di metterli in qualche modo tra parentesi, gli anni di Palazzo Chigi, e ritrovare se stessa radicalizzandosi. Non è poi così strano che, in un simile contesto, rischi di prevalere, in entrambi gli schieramenti, la tendenza a chiudersi a riccio e a cercare, piuttosto che risposte nuove a problemi nuovi, dei precedenti nel proprio passato (e non i migliori) ai quali ispirarsi. Della sinistra, delle sue contraddizioni, delle sue ambiguità e dei suoi silenzi, si è detto e scritto più volte, prima e dopo i terribili giorni di Genova: la voglia di individuare nel centrodestra al potere lanticamera della «fascistizzazione dello Stato» è tanta e difficilmente contenibile, il pericolo di regressione è reale. Sul centrodestra, invece, si è ragionato, chissà perché, molto meno. Eppure non è difficile cogliere come il tono politico alla posizione della Casa delle Libertà in materia lo abbia dato, sin dallinizio, Alleanza Nazionale, con tutte le conseguenze del caso. Riscoprire nel 2001 il ceppo missino del partito di Gianfranco Fini è vagamente surreale. Ma certo in An la voglia di ritrovare unidentità nella coalizione vittoriosa, scegliendo la più legata al proprio codice genetico, e cioè quella dei paladini di una sorta di blocco dordine, di una maggioranza un tempo silenziosa e adesso non più costretta al silenzio, è forte almeno quanto quella di una parte dei Ds di stare, costi quel che costi, «nel movimento», magari per non lasciare troppo spazio a Fausto Bertinotti. Con tutte le conseguenze del caso, anche in termini di civiltà politica del Paese. Altro che bipolarismo a regime... Lopposizione, e non è un bene per nessuno, versa nello stato in cui versa: non cè, almeno per il momento, da aspettarsi troppo. Qualcosa (o molto) di più è lecito invece attendersi da un governo destinato a durare quanto durerà la legislatura e votato, almeno nelle intenzioni, a lasciare il proprio segno liberale nella storia italiana. Di queste materie, tanto spinose, Silvio Berlusconi parla il meno possibile. E invece sarebbe bene ne parlasse chiaramente agli italiani: anche questo fa parte, eccome, dei fatidici cento giorni. |