Manifesto 31 luglio 2001L'obiettivo era Genova. Le stampe, in via Tomacelli
Appello del manifesto: professionisti o
"dilettanti", mandateci qualsiasi materiale visivo abbiate registrato durante le
manifestazioni
***
Anzitutto un appello, rivolto ai nostri lettori di sempre e a quelli
nuovi di questi giorni: fateci conoscere il materiale visivo da voi raccolto sulla
sanguinosa conclusione della contestazione del G8 a Genova. Un appello che hanno fatto in
molti (Liberazione, lo stesso Genoa Social Forum, i siti di Carta, Indymedia, l'Isola
nella rete, Radio Sheerwood...). Anche i magistrati di Genova hanno chiesto di poter
disporre del materiale video, foto e audio. Il Manifesto fornirà quello in suo possesso,
se e quando le autorità ce lo richiederanno.
Detto questo, poiché le immagini delle giornate di Genova sono spesso l'argomento
principale degli articoli accanto ai quali compaiono, non guasta qualche osservazione
sulla fonte e la natura di queste stesse immagini. Anzitutto un "grazie" ai
nostri lettori, agli amici fotografi e alle agenzie che hanno contribuito, e ancora oggi
contribuiscono, a documentare gli avvenimenti di Genova. Sono molti coloro che ci hanno
dato in visione il drammatico materiale, senza aspettate la magra paga del giornale. Molti
non professionisti ce lo hanno regalato, scalando sudati i cinque piani di via Tomacelli
(senza ascensore dopo la bomba esplosa il dicembre scorso) per raggiungerci. Qualche volta
non hanno lasciato neppure il nome, sottintendendo: fate qualcosa, parlatene. Altre buste
sono in viaggio da Milano, da Modena e da altre città, spedite da persone qualsiasi, che
hanno partecipato alla più grande manifestazione di movimento degli ultimi vent'anni con
una buona macchina fotografica al collo. C'è uno studente che gira tenendo in tasca gli
scatti fatti all'interno della scuola Diaz dopo la mattanza: dopo averne messo qualcuno in
rete su in sito universitario, li ha lasciati lì. E' vero, i professionisti (in questo
caso le agenzie Agf e Tam Tam) ne hanno fatto circolare, ma ogni scatto è importante.
Grazie ai provini di un giovane sociologo leccese abbiamo capito come si gasa un corteo
pacifico da 400 metri di distanza (dopo che i blindati lo hanno spezzano in due, a Corso
Torino): basta usare i treppiedi (come quelli dell'esercito) per tirare i lacrimogeni.
Nessun vecchio compagno di movimento ne ricorda l'impiego, in passato. Un prezioso
"dilettante", un ragazzo di Modena, ci mostrava piangendo le sue foto, prese con
una macchina in prestito: ebbene, sono alcune delle immagini più significative viste in
questi giorni. Davanti alle foto di Stefano Montesi (non ancora pubblicate), in cui si
vede la polizia inondare una macchina in fiamme di schiuma bianca, ci siamo chiesti cosa
cavolo stessero facendo con degli estintori in mano, occupati com'erano nelle cariche
ancora in corso.E oggi possiamo dire, grazie alle nuove foto di piazza Alimonda, che
l'estintore è stato lanciato dalla camionetta, forse rompendone il vetro posteriore. Che,
un attimo dopo, il giovane carabiniere ha puntato l'arma sul gruppo di ragazzi che aveva
attorniato il mezzo, che Carlo Giuliani ha visto il gesto del carabiniere, ha raccolto
l'estintore caduto al suo fianco, ha fatto per lanciarlo addosso alla pistola che puntava
il giovane in felpa viola accanto a lui, è stato quindi preso di mira al suo posto, e poi
ucciso. Altro che legittima difesa da parte del carabiniere; colpisce semmai il disperato
coraggio di Carlo Giuliani, che tenta di evitare che sia un suo vicino a essere sparato.
Molti non hanno potuto partecipare a questa raccolta di immagini. Come i proprietari
arrestati e pestati delle undici macchine fotografiche sequestrate nella scuola insieme al
risibile resto (anch'esso documentato da foto ufficiali), di picconi, kleenex, occhiali
subacquei, caschi da motociclista per non dire delle due sublimi molotov. O il fotografo
romano Alfonso Lo Munno e i suoi dodici rullini sequestrati dopo il pestaggio di piazza,
prima del pestaggio alla Bolzaneto, e naturalmente prima del pestaggio e delle sevizie nel
carcere di Alessandria.
E che dire del fatto che la maggior parte delle prime foto siano state dedicate al black
bloc? Del gigantesco corteo di trecentomila persone, prima spezzato, poi gasato e caricato
più volte dalla polizia, delle centinaia di persone pestate, umiliate, arrestate, non vi
era quasi traccia. Sembrava che quasi tutti i fotografi avessero inseguito "le tute
nere"; la notizia, la vera notizia era scomparsa dall'obiettivo. Per fortuna, non è
andata proprio così. Grazie ai nostri collaboratori fotografi Gabriella Mercadini, Tano
D'Amico, Simona Granati, Stefano Montesi, Riccardo De Luca, Roberto Canò, Tam Tam,
Sintesi e tanti altri, quel corteo è "tornato in piazza".
Il nostro indirizzo e-mail è mangra@ ilmanifesto.it
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