Manifesto 4 agosto 2001 L'occhio
di una testimone
Genova, sabato 21 luglio, nella
"Diaz" devastata nella notte dalla polizia. Una giovane fotoreporter, su un
armadietto di ferro, trova un sacchetto a rete nero, dentro tanti rullini...
LORIS CAMPETTI
"Pronto, sei Loris?". Dipende. Sono le 23 di sabato 21 luglio,
alle spalle una settimana vissuta di corsa. Piedi sanguinanti, testa frullata da
elicotteri e candelotti, occhi pieni di violenza, cariche e sangue, mi sono appena
scollato dai piedi le scarpe e sogno mezz'ora di relax, di fronte a un bicchiere di bianco
fresco per festeggiare un compleanno nel giorno sbagliato. Sono in una ospitale casa in un
carrugio spezzato dalle grate che isolano la città proibita. "Ma sei o non sei
Loris?", insiste la voce al telefonino. Dipende, forse sì, è il massimo di
concessione. "Sono Germana, un'amica di Matteo. Ascolta: mi ha chiamato un amico
dalla Diaz, stanno arrivando le camionette". Mi rimetto le scarpe in qualche modo,
trangugio il bianco che avrebbe meritato più solennità, mi infilo i pass al collo e via
alla Diaz. Il resto è storia nota: nuove violenze, sangue, lacrime, ambulanze, cellulari.
Per giorni mi sono chiesto chi fosse Germana. Scomparsa. Dovrò chiedere a Matteo. Finché
piove al manifesto una ragazza, in mano un sacchetto di rete nera pieno di rullini.
Domanda: "Chi è Loris?". Eccola, Germana, simpatica telefonista di una notte di
mezza estate, un po' romana, un po' napoletana, un po' procidana. Di lavoro fa il tutor
dei minori ai Quartieri spagnoli e per piacere costruisce a Procida "laboratori di
passioni", cose sfiziose, dalla vendemmia alla fotografia. Così Germana scopre la
sua passione: la fotografia. Quale evento più fotogenico di Genova, nella settimana santa
del G8? Via dunque, sul treno degli Ska e di Officina '99, obiettivo Genova. Ha in mente
una festa, Germana.
E fu subito Genova. Giovedì, prima mattinata, ecco Brignole. Qualche carabiniere alla
stazione, tutto tranquillo, persino i pullman pronti per portare i napoletani al Carlini.
Fuori la macchina fotografica. Clic, ragazzi che ballano. Clic, fornelletto da campeggio,
l'acqua bolle buttiamo la pasta. Clic, assemblea sul percorso del corteo. E finalmente la
piazza, i colori dei migranti inondano Genova. Clic, va tutto liscio, sembra proprio la
festa che Germana voleva. Il tempo vola, è sera, si va a dormire a casa di Enza. Niente
elicotteri, atmosfera irreale. E' già venerdì, Germana ha finito i rullini, a Genova
vanno a ruba. Al Carlini si vestono i disobbedienti, nelle strade gruppetti di ragazzi
alla ricerca delle piazze tematiche. Prima va "su in alto, dove sta Legambiente"
(Carignano), poi giù verso piazza Brignole. Ci sono i container e mazzi di militari ma si
passa. Piazza della Vittoria, piazza Verdi, ci si arrampica per vedere il "corteo dei
disobbedienti" che arriva dalla parte di via Tolemaide: cariche e candelotti,
candelotti e cariche. "E io che ero venuta a una festa. Ci buttiamo giù per i
vicoletti, ma è già tutto sbarrato dai container. Finalmente siamo al mare, vedo su
corso Torino i neri che indisturbati scassano le vetrine, mentre verso via Tolemaide
continuano le cariche contro il corteo dei ragazzi. Vado verso i neri e chiedo a una
ragazza: ma che stanno facendo?. 'Quel che vogliono, non lo vedi?'. C'è una camionetta
che sfreccia ma non interviene. Decido di entrare nell'area del forum, dove sono gli stand
vicino al palco di Manu Chao. C'è gente che discute, io chiacchiero con i volontari, la
mia amica si fa una frittura di pesce. Arriva un candelotto e allora esco fuori dal
cancello presidiato da un cordone di carabinieri, mi lasciano passare. C'è un
carabiniere, è un graduato perché dà ordini, è cortese, ha il volto scoperto e il
casco tirato su. Gli dico: un'ora fa c'erano i neri che sfasciavano, e voi vi presentate
qui? Ora? Mi guarda con quella faccia un po' così, ha un pizzetto che riconoscerei, e
risponde: 'Ordini'. A un certo punto arriva un ragazzo e senza ragione i carabinieri
prendono a calci la sua bici ma subito quello con cui parlo va a fermarli. C'è uno
scambio di battute e sento queste parole: 'Qui siamo in Italia mica in Svezia, qui non si
spara'".
E' un crescendo, Germana racconta senza sosta, mima i gesti, i lacrimogeni, si vede che ha
un po' di Napoli addosso. Ce la fa sudare la storia che ci sta a cuore: quella retina nera
con 16 rullini dentro. "A un certo punto arriva un blindato dei ps, poi un altro e un
altro ancora. Avanzano verso di noi costringendo il cordone di carabinieri ad aprirsi. Noi
ci buttiamo tutti a terra, un contadino dell'entroterra ligure si mette con la schiena sul
blindato che accelera, noi gridiamo e finalmente si ferma per farlo scendere. Nel casino
è arrivata anche la mucca Carolina, dopo mezz'ora José Bovet. I carabinieri vanno a
schierarsi all'angolo con corso Torino, ma poi chissà perché tornano indietro. Arriva
trafelato un ragazzo da corso Torino: '... stamo a fa' cazzate'. Il carabiniere, sempre
quello con il pizzetto, scuote la testa: 'No, le cazzate le stamo a fa' noi'. Prova a
chiamare al walkie-talkie e ripete 'sala operativa 70, sala operativa 70', ma tutto tace,
pare che le comunicazioni siano interrotte. Sempre dalla parte di corso Torino arriva un
gruppo di carabinieri, hanno fatto prigionieri due ragazzi vestiti di nero, un militare
dice: 'domani vi facciamo vedere i garofani'. Si riformano cordoni di carabinieri con
scudi e manganelli davanti al cancello dell'area standistica, noi ci appoggiamo con la
schiena agli scudi, qualche strattone ma dopo poco arriva un altro dirigente che fa
sciogliere i cordoni. Indicandomi dice: 'questa portatela via'. Sono andata via, ma con le
mie gambe verso corso Torino, su su verso la zona degli scontri. C'è la guerriglia. Sassi
a terra, cassonetti bruciati, vetrine sfasciate, una camionetta ferma, a terra un
carabiniere. Arriva un'ambulanza e se lo porta via. Più su, verso piazza Alimonda
continuano gli scontri. Non sono i neri ma ragazzi in canottiera che si difendono. C'è un
mezzo in fiamme, si fanno avanti i fotografi ma tre cordoni di carabinieri chiudono la
strada. Arrivano i lacrimogeni, un infermiere in tuta bianca con la croce rossa sul petto
viene preso da un poliziotto e pestato. Gli faccio coraggio ma quelli se lo portano in un
vicolo. Riesco a infilarmi e vedo che uno in borghese con la barba rossa, penso un
poliziotto, lo sta prendendo a calci. Lui mi vede, io gli tocco la spalla e gli dico: ma
che fai? Lui trasecola, corre verso la camionetta e grida ai poliziotti di caricare i
ragazzi che sono fuori dagli scontri. Mi guarda e urla per tre volte: 'Siete ridicoli'. Ho
nelle orecchie le parole sussurrate dal ragazzo con la croce rossa: "Non lasciatemi
solo, ho paura".
La giornata di venerdì non finisce mai. Carlo è morto ammazzato. Tutti di nuovo al mare,
un'altra assemblea, e domani che facciamo, andiamo a recuperare i feriti, ma siete tutti
matti, non uscite da soli da qui... Domani è un altro giorno, è sabato. La storia che
racconta Germana è simile a quella di tanti altri in mezzo agli scontri, le cariche
gratuite, il corteo spezzato, la corsa verso il mare, da terra gli attacchi di carabinieri
e poliziotti, in acqua le lance militari e i sub con la muta. Botte, sangue, infiltrati...
Eccoci infine alle 23, la telefonata, la corsa alla Diaz e alla Pertini, il finimondo.
Quando il lavoro è finito, pulizia è stata fatta, teste rotte e sangue dappertutto, come
noi anche Germana entra alla Pertini. Vede quello che vediamo noi, sente quello che
sentiamo noi, come noi non dimenticherà. Tutto è devastato, zainetti rovesciati,
striscie rosse a terra, sui muri, sul termosifone. Chi piange e chi tace, chi impreca, chi
si abbraccia. "Sopra, su un ripiano d'alluminio grigio vedo un sacchetto nero a rete,
dentro tanti rullini. Che faccio? Come mai sarà qui, quelli hanno portato via tutta la
documentazione ma il sacchetto è qui. Lo prendo? Sì lo prendo. Chissà di chi saranno
questi rullini. Chissà se troveremo il proprietario".
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