La Repubblica 5 agosto 2001 Otto
inchieste su Genova
Il procuratore: troppi ritardi contro i Black bloc
Meloni: "Non ci sono ancora avvisi di garanzia e noi magistrati siamo uniti".
Sono 49 i manifestanti ancora in carcere
MASSIMO CALANDRI
GENOVA - Salgono ad otto le inchieste della magistratura genovese sulle violenze del
G8, e per assurdo almeno la metà riguarda il comportamento delle forze dell'ordine,
polizia in particolare. Il capo della Procura del capoluogo ligure, Francesco Meloni, ha
rivelato l'esistenza di un nuovo «filone» d'indagine: riguarda i ritardati interventi di
agenti o militari dopo le segnalazioni di privati cittadini (e in un caso anche dalla
Provincia) circa pericoli o violenze che si stavano consumando nei giorni del vertice. E'
destinato a scoppiare anche il caso dei pestaggi avvenuti alla Fiera del mare, nella
cittadella delle forze dell'ordine.
Decine, centinaia di richieste d'aiuto dai quartieri del centro e del Levante rimaste
senza risposta: perché? Una domanda cui questura e carabinieri hanno cercato di
rispondere attraverso delle relazioni che non devono però aver soddisfatto gli
inquirenti. E poi ci sono le denunce di Marta Vincenzi, presidente della Provincia di
Genova, che più volte aveva comunicato alle forze dell'ordine l'occupazione abusiva dei
Black Bloc di una scuola a Quarto Alto. Ma nessuno è mai intervenuto.
«Ancora non esistono indagati», ha detto il procuratore capo commentando quel fascicolo
aperto sul blitz alla scuola Diaz che ha spaccato in due i magistrati, dividendoli tra i
«moderati» e quelli che vorrebbero firmare una ventina di avvisi di garanzia nei
confronti di altrettanti funzionari di polizia. «Nessuna spaccatura, nessun dissenso -
minimizza Meloni - a meno che non si voglia parlare di punti di vista differenti tra
persone che però lavorano in una sola direzione».
Ad altri due filoni di indagine che coinvolgono direttamente le forze dell'ordine (sulla
caserma di Bolzaneto e sull'omicidio di Carlo Giuliani) va aggiunto quello relativo alle
denunce raccolte presso lo sportello G8, aperto al nono piano del tribunale: tra le
fotografie ed i filmati consegnati dai genovesi ci sarebbe anche quello relativo al
pestaggio di un manifestante da parte di Alessandro Perugini, funzionario Digos. E sono in
arrivo nuovi guai ancora: gli avvocati del Gsf, infatti, vogliono sapere che fine hanno
fatto i due harddisc contenenti testimonianze e deposizioni dei manifestanti maltrattati
che sono misteriosamente scomparsi durante una perquisizione alla scuola Pascoli. Domani
sarà presentata una denuncia per furto nei confronti della polizia. «Il solo fatto che
siano iscritti dei procedimenti nei confronti delle forze dell'ordine vuol dire che ci
sono delle serie ipotesi di lavoro su cui stiamo lavorando - continua Meloni - Del resto,
ci sono immagini televisive abbastanza eloquenti. Le denunce dei pestaggi sono numerose.
Dobbiamo identificare i diretti responsabili, di sicuro si lavora con la massima
imparzialità».
Il capo della Procura deve poi fare i conti con l'Associazione nazionale magistrati, che
ha denunciato quello che i singoli giudici genovesi mugugnavano sottovoce: la Procura è
stata messa da parte dai superpoliziotti, che soprattutto nel caso della Diaz hanno agito
senza avvertire nessuno. «Io non credo ci sia stata un'estromissione o un
noncoinvolgimento della magistratura: la perquisizione nella scuola poteva essere fatta
senza bisogno di avvertire il magistrato. C'erano delle armi da cercare, è stato
sufficiente avvisare una mia collega». E le centinaia di arrestati che hanno dovuto
attendere giorni e giorni prima di riuscire a parlare con i rispettivi avvocati? «Se ci
sono stati dei ritardi, possono costituire un reato. Vedremo». |