La Repubblica 6 agosto 2001 "No,
togliamo ai violenti
il palcoscenico del summit"
Il ministro degli Esteri Ruggiero: la nostra è un'ipotesi nata prima
del G8
GREGORIO BOTTA
ROMA - «Dobbiamo impedire che i grandi vertici internazionali diventino solo occasioni
di incidenti. Dobbiamo sottrarre il palcoscenico ai violenti». Renato Ruggiero condivide
le preoccupazioni per quello che potrà accadere alla Conferenza della Fao a Roma. La
proposta di allontanare il summit non lo scandalizza, anzi. Dalle sue vacanze a Bressanone
Ruggiero spiega le ragioni che possono giustificarla, annuncia un'offensiva diplomatica
(«è un problema che riguarda tutti») e per la prima volta dopo Genova parla dei
problemi posti dal movimento antiglobal.
Ministro Ruggiero, l'ipotesi di allontanare dall'Italia il vertice Fao suscita grandi
polemiche. Sia l'opposizione che alcuni partner europei sostengono che sarebbe una resa ai
violenti.
«Vorrei fare una premessa: questa idea, che comunque è soltanto un'ipotesi, non è di
oggi. È nata prima del vertice di Genova. Direi che è una preoccupazione di fondo che
l'Italia aveva già messo a fuoco. Preparando il G8 ci eravamo posti il problema di come
dare un ruolo più importante e una maggiore visibilità ai paesi in via di sviluppo. E
una delle proposte del presidente Berlusconi, che io condivido, era appunto questa: se
discutiamo della fame nel mondo perché dobbiamo farlo in Occidente, e non in uno di quei
paesi che vivono il dramma della sottonutrizione?».
Poi, però, c'è stata Genova, le violenze dei black bloc, la reazione delle forze
dell'ordine, l'immagine di una città disastrata. E ora c'è la paura che le stesse scene
si ripetano a Roma. Ma non sarebbe un'abdicazione dello Stato rinunciare al summit
internazionale? Come a dire: non mi posso né voglio più assumere responsabilità?
«Al contrario, io dico che sarebbe stato irresponsabile non porre questo problema. L'idea
è di Berlusconi, ma mi sono posto il problema anch'io. Guardiamo i risultati di Genova:
l'appuntamento, grazie agli attacchi delle frange violente, è stato trasformato in un
grande evento mediatico, in cui però si è parlato solo di ordine pubblico, e non
dell'agenda in discussione tra i leader dell'Occidente. Se lei facesse un sondaggio tra
gli italiani scoprirebbe che nessuno sa cosa si è discusso e deciso al vertice del G8. Ma
tutti sanno tutto sugli incidenti».
Forse anche perché i risultati - e molti osservatori lo hanno sottolineato - non sono
stati così importanti. E comunque con tutto quello che è successo nelle strade...
«Ma il punto è proprio questo. Noi dobbiamo restituire a questi vertici internazionali
la possibilità di svolgersi e di prendere decisioni in un clima di fattività e
soprattutto di serenità. E dobbiamo eliminare le occasioni della violenza. Se il nostro
obiettivo è questo, allora acquista un senso l'ipotesi di spostare il vertice. Perché
farlo a Roma potrebbe significare offrire un palcoscenico alle frange estreme del
movimento, e allora sì, subiremmo un ricatto: faremmo esattamente ciò che loro
vogliono».
Dunque meglio abolire, o allontanare di migliaia di chilometri, la scena?
«La guerriglia non è il nostro mestiere. È il mestiere dei violenti che si servono di
queste grandi manifestazioni. Se accettassimo il braccio di ferro faremmo il loro gioco.
Con grande pacatezza noi vogliamo porre questo problema: come affrontare in futuro il
movimento antiglobalizzazione, con tutto quello che ne deriva? Questa non è una questione
né di destra né di sinistra. È un problema che riguarda tutti».
Appunto, tutti. La Fao è un organismo internazionale, che ha sede a Roma dal 1951, dove
ogni due anni si svolge la Conferenza: dovrebbe avere autonomia decisionale in materia. La
mossa del governo italiano sembra invece spiazzare la Fao, e anche i partner esteri del
nostro governo. Una decisione così grave e importante potrebbe condizionare tutte le
scelte internazionali successive in materia di summit. Non dovrebbe essere un passo
discusso e condiviso da tutti?
«Infatti noi ne vogliamo discutere con tutti. Alle nostre ambasciate ho dato mandato di
spiegare il nostro punto di vista e di chiedere le posizioni degli altri Paesi. Ripeto,
non c'è nulla di stabilito: la nostra non è una decisione, ma un sondaggio su una
questione di grande rilevanza. E d'altronde non sarebbe la prima volta: la Banca mondiale
nella primavera scorsa annullò una grande riunione a Barcellona, proprio perché c'erano
minacce di gravi incidenti».
Certo è paradossale che tutto questo accada proprio in Italia, dove, per la prima volta,
il vertice dei Grandi era stato preceduto da una lunga trattativa con il movimento
antiglobal. Ministro, lei ha molto spinto per il dialogo con il Genoa social forum, si è
pentito dopo quello che è successo?
«Lei mi sta chiedendo se lo rifarei, ebbene sì, rifarei tutto quello che ho fatto.
Cercare il dialogo, in fondo, è il mio mestiere. Ascoltare le ragioni degli altri, di chi
si oppone alla globalizzazione, non è solo un dovere, è un bene per la democrazia: una
sua necessità. E le manifestazioni di protesta, ma pacifiche, sono le benvenute. Io ho un
confronto continuo e fertilissimo con le organizzazioni non governative, con le
associazioni di volontariato che operano in tutto il mondo. Questo è un Paese
meraviglioso, generoso: lei non sa quante sono le persone che gratuitamente, a costo di
sacrifici personali, di ferie saltate, vanno in Nicaragua a costruire un ospedale, o in
Somalia ad assistere i profughi».
Ma...
«Ma quando al posto degli interlocutori entrano in campo i violenti, allora il dialogo
finisce. E adesso le premesse non sono certo le migliori. C'è chi minaccia di venire a
Roma con oltre 500 mila persone».
L'Italia è stata molto criticata per la conduzione dell'ordine pubblico a Genova anche
dai governi europei. Ci sono state proteste di piazza in molte città: avete paura che il
nostro Paese finisca nel mirino del movimento antiglobalizzazione? Che il vertice Fao
diventi un'occasione speciale di risposta alle violenze della polizia?
«Quello che è successo a Genova è molto serio: l'unica cosa di cui si è finito per
parlare è stata la repressione della polizia. Ci si è però dimenticati di come sono
nati gli scontri, di chi li ha provocati, della guerriglia scatenata dai black bloc. Ecco,
questo è davvero grave». |