La stampa
Martedì 31 Luglio 2001

G8: indagine parlamentare, oggi si decide
I Ds al Senato: commissione d’inchiesta senza ritirare la mozione
Maria Teresa Meli
ROMA Doveva essere la giornata della svolta, quella di ieri. La giornata in cui maggioranza e opposizione addivenivano a un compromesso «onorevole», all’indomani delle polemiche sui fatti di Genova. Tanto più dopo che Ciampi si era esposto pubblicamente, chiedendo di fare luce su quelle vicende. Ma in serata le cose si sono venute ingarbugliando, e ogni decisione è stata rinviata a oggi, quando si saprà se finalmente Casa delle Libertà e Ulivo si metteranno d’accordo per avviare un’indagine parlamentare che faccia luce sugli avvenimenti del G8. Se non ci sarà l’intesa, la maggioranza andrà avanti da sola e metterà ai voti, per farla bocciare, la mozione di sfiducia, quindi farà partire l’indagine conoscitiva.
Eppure dall’altro ieri sera, la soluzione sembrava a portata di mano. Fini pareva essersi ammorbidito. Era stato lui a fare «pressing» su Berlusconi per convincerlo alla linea dura. Lo aveva fatto per più di un motivo, incluso quello che, nella suddivisione di compiti con il premier sullo svolgimento del G8, al vice era spettato quello di seguire i problemi dell’ordine pubblico. Quindi, dopo le tante telefonate dal Colle, dal Senato e dalla Camera, il Cavaliere si era convinto che la strada poteva essere quella di avviare l’indagine parlamentare sollecitata dall’opposizione, solo dopo aver votato (e bocciato, visti i numeri in Parlamento), la mozione di sfiducia nei confronti di Scajola, mettendo così il ministro al riparo da qualsiasi problema.
La mattina dopo lo schema sembrava questo: Pera avrebbe proposto di mettere in votazione la mozione al Senato già mercoledì, e non venerdì, come fissato originariamente, in modo che già da giovedì si sarebbe potuta avviare l’indagine. Ma è a questo punto che è subentrato il cortocircuito. Anzi, i cortocircuiti. Il primo riguardava la Camera e il Senato. Anche a Montecitorio, infatti, Casini preparava la stessa mediazione. A palazzo Madama, però, questa «incursione» della Camera non veniva vista di buon occhio, perchè è al Senato che sono incardinate sia la mozione, che l’esame, in commissione Affari Costituzionali, dell’indagine parlamentare. La gelosia tra i due rami del Parlamento - un classico della politica italiana - esplodeva. E portava alla lite i due capigruppo della Quercia, Violante e Angius. Il primo era d’accordo sull’indagine, il secondo pendeva verso l’ipotesi di una commissione d’inchiesta.
Ed è la commissione d’inchiesta la proposta che, alla fine, tutto l’Ulivo ha partorito al Senato. Ma il percorso per arrivarci è stato periglioso e accidentato. In una riunione ristretta il socialista Crema, l’ex premier Amato (via telefono), il popolare Mancino, il diessino Bassanini e, alla fine, anche il capogruppo della Margherita Bordon proponevano di ritirare la mozione. Angius appariva possibilista. Ma in un altro incontro tra i dirigenti della Quercia veniva riconfermata la linea di sempre: la mozione non si può ritirare. Violante spiegava il perchè ai suoi compagni di partito: «Se lo facciamo - diceva - io rischio che una parte del mio gruppo sostenga la mozione di Rifondazione». Morale della favola, in un’ennesima riunione si decideva di chiedere la commissione d’inchiesta - mantenendo la subordinata dell’indagine conoscitiva - e di non ritirare la mozione. Del resto, non avevano certamente contribuito a rasserenare il clima le dichiarazioni dei dirigenti di An La Russa e Landolfi, che spiegavano: «La mozione deve essere respinta dal Parlamento, e solo dopo, eventualmente, si può prendere in considerazione l’indagine». Quell’ «eventualmente» induceva l’Ulivo a irrigidirsi.
Nel frattempo, a complicare le cose, giungeva una dichiarazione di Rutelli: «La presa di posizione di Ciampi indica che la strada maestra è quella dell’indagine parlamentare». A irrigidirsi, questa volta, era il governo. Il sottosegretario Bonaiuti, infatti, replicava così: «E’ disdicevole tirare per la giacca il presidente dell Repubblica». Insomma, le cose si ingarbugliavano. A palazzo Madama, l’Ulivo chiedeva tempo a Pera, per poter tenere, oggi, un’assemblea dei senatori del centrosinistra. Alla Camera, dove l’idea di avviare un’indagine, dopo il voto della mozione di sfiducia, registrava un’informale intesa di massima nella riunione dei capigruppo con Casini, si decideva di non decidere per non urtare la suscettibilità dei senatori. Ma alla fine di quell’incontro, una nuova presa di posizione di Violante contribuiva ad aumentare la tensione. Il capogruppo diessino, infatti, annunciava: «Se entro questa settimana non ci sarà il chiarimento sull’indagine conoscitiva, chiederò la commissione d’inchiesta monocamerale». E quel termine «monocamerale», innervosiva non poco gli abitanti dell’altra Camera, cioè i senatori di palazzo Madama.