La Stampa
Lunedì 30 Luglio 2001

Berlusconi: siamo dalla parte della legge
«Puniremo gli abusi». Fini e la commissione: prima si voti la mozione anti Scajola

ROMA
Il Capo dello Stato preme per un accordo che rassereni il clima tra maggioranza e opposizione, reso incandescente dai fatti di Genova. Il premier Silvio Berlusconi afferma: «Noi siamo dalla parte della legge, ma puniremo chi ha sbagliato. Le disposizioni date dal governo alle forze dell' ordine erano di consentire il regolare svolgimento dei lavori del summit e delle manifestazioni di protesta pacifiche. Ma anche di resistere a chi praticava la guerriglia. Se qualcuno è andato al di là del proprio compito ne risponderà come è logico che sia». I presidenti del Senato e della Camera Pera e Casini si fanno interpreti della volontà di accordo del Quirinale. L’ala dialogante del Polo (il ccd Marco Follini) spinge in questa stessa direzione. I moderati dell’Ulivo lavorano in questo senso. Ma c’è un problema, grosso come un macigno, e cioè quella mozione di sfiducia che il centrosinistra ha presentato contro Scajola. Lo solleva anche Gianfranco Fini a Rieti, alla festa del Secolo: la mozione va senz'altro votata e respinta, «dopo si potrà pensare ad una indagine parlamentare che si occupi anche delle violenze dei manifestanti e del Genoa Social Forum. A Genova - ha detto Fini - vi erano aggressori, i manifestanti, e aggrediti, le forze dell' ordine».
In ogni caso, anche ritirare la mozione per l’Ulivo è operazione non indolore. Tutt’altro. Clemente Mastella ieri lo ha proposto. Niente sospensione, congelamento: ritiro, punto e basta, se davvero interessa accertare quello che è successo a Genova. L’idea, però, non è di facilissima applicazione. Per un motivo: se l’Ulivo ritirasse la mozione, Rifondazione non farebbe altrettanto. E poiché il partito di Bertinotti ha chiesto al centrosinistra le firme tecniche per poter presentare la mozione, è quasi certo che, a quel punto, le sottoscrizioni arriverebbero, perché i meno propensi al dialogo, quelli contrari al compromesso con la maggioranza, darebbero il loro appoggio al documento del prc. E questo creerebbe un bello scompiglio nell’Ulivo. E nei ds, che, divisi come sono, troverebbero un’altra occasione per rendere ancor più manifesta la divergenza di vedute che ormai lacera quel partito. Dunque, gli spazi di manovra in commissione Affari costituzionali del Senato, dove oggi si dovrà decidere sull’eventualità o meno di dare corso all’indagine, sono molto stretti.
Ciò nonostante, i «pontieri» dell’una e dell’altra parte hanno lavorato anche ieri. «L’accertamento della verità - ha dichiarato il presidente della Camera Casini - non riguarda solo l’opposizione ma è un’esigenza di tutto il Parlamento». E il presidente del ccd Marco Follini ha affermato: «Di percorsi ne vedo due. Uno è che l’opposizione ritiri la mozione. L’altro è che, non appena il Parlamento avrà respinto quella mozione, l’Ulivo prenda atto che è cambiato lo scenario e cominci a lavorare insieme alla maggioranza su scenari più costruttivi». Follini ha lasciato intendere che dopo la bocciatura della sfiducia, si potrebbe avviare l’indagine. E il popolare Enrico Letta subito dopo ha dichiarato: «Avviare l’indagine è il primo obiettivo. Se da parte della maggioranza, come si evince dalle parole di Follini, vi è una disponibilità, io credo che vada colta, mettendo in secondo piano lo show down finale della mozione di sfiducia». Anche Violante, che il giorno prima aveva minacciato di mobilitare la piazza, è sembrato più morbido: «Se c’è la disponibilità per un’indagine si può soprassedere e ritardare, rinviare o comunque sospendere, l’esame della mozione». Più duro, invece, il capogruppo della Margherita al Senato Bordon: «Prima si dia corso all’indagine, e, poi, naturalmente, senza bisogno di accordi, seguiranno altre cose, perché è buon senso che la mozione si discuta dopo».
Non troppo disponibile nemmeno l’altro capogruppo della Margherita, Castagnetti: o la maggioranza fa una proposta, o si va avanti con la sfiducia. Dall’altra parte della barricata, duro il ministro Alemanno, che ha ipotizzato di portare in piazza un milione di persone sul tema della globalizzazione. Ma l’intransigenza che pesa, per l’Ulivo, è quella di Bertinotti: «Sulla commissione non si fanno compromessi».