Corriere  della sera 27 luglio 2001
IL MILITARE CHE SPARO’

Sotto protezione il carabiniere: ho paura che me la facciano pagare

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
GENOVA - Si sente minacciato: «Ho paura che mi vengano a cercare e me la facciano pagare». Ma sa bene di essere protetto: «Ho fiducia nell’Arma. So che non sarò lasciato solo». M. P., 21 anni, è il carabiniere ausiliario che venerdì scorso a Genova, sparando dalla jeep circondata dai contestatori, ha ucciso con un colpo di pistola Carlo Giuliani, manifestante anti-G8 di due anni più grande di lui.
«Mi tiravano per una gamba, cercavano di portarmi fuori dalla macchina», giura M. parlando dei dimostranti che stavano assaltando la camionetta della sua squadra. «Tiravano pietre. Eravamo accerchiati. Urlavo all’autista di muoversi, gli ripetevo che non ce la facevo più. Mentre gridavo mi hanno colpito in testa con una grossa pietra tagliente. Poi ho visto il sangue, il mio amico ferito e ho messo il colpo in canna... Gridavo ai ragazzi di finirla sennò avrei sparato, ma quelli continuavano, imperterriti».
In questi giorni, M. si è tenuto lontano dai riflettori del caso-Genova e i vertici della Benemerita hanno organizzato per lui un programma di protezione. Così adesso il carabiniere è in una località segreta, dove non corre il rischio di ritorsioni: possibili e temute perché in tanti quel giorno, mentre Carlo era a terra nel sangue, gli hanno giurato: «Te la faremo pagare cara», «ti verremo a prendere». E adesso che il suo nome e il suo cognome sono diventati di dominio pubblico lui ha paura. La sola cosa che vuole - ha ripetuto al legale che lo difende dall’accusa di omicidio volontario contestatagli dai magistrati di Genova - è starsene tranquillo e aspettare che passi l’«ondata di piena» del G8.
Il suo avvocato, Umberto Pruzzo, dice di «non sapere nemmeno in quale regione si trovi il suo assistito», assicura di essere «in continuo contatto con lui» e confida nel fatto che presto cadrà l’ipotesi di reato. La tesi dell’avvocato è stata resa nota quasi subito: il carabiniere si è soltanto difeso, sparando ha salvato se stesso e i suoi colleghi. Insomma, non aveva scelta, la jeep era stata presa d’assalto, i manifestanti premevano, Carlo Giuliani stava per lanciare un estintore.
Anche il padre di M. è convinto che suo figlio uscirà a testa alta da questa storia, ma come padre non ha potuto non pensare al papà di Carlo. E dopo aver visto in tv quel ragazzo per terra, dopo aver visto le fotografie di suo figlio con la pistola in mano e le terribili immagini della battaglia di Genova ha preso carta e penna e ha scritto una lettera pubblica ai genitori del manifestante ucciso: «Pur inchiodato in un letto di ospedale dove ho subito un delicato intervento chirurgico - spiega - sento il dovere di inviarvi il mio commosso pensiero e la mia solidarietà».
Si dice «sicuro in maniera assoluta e categorica della volontà non offensiva di mio figlio verso chicchessia, e tantomeno verso il giovane Carlo, che lui non aveva mai conosciuto». Di più: il padre del militare è convinto della comprensione dei genitori di Carlo «nei confronti di mio figlio», anche «in questi tristissimi giorni dall’animo addolorato ed affranto». «Mio figlio - conclude - ha avuto il solo torto di adempiere al suo dovere al servizio dello Stato in un momento difficilissimo ed in situazioni imprevedibili».
M., dal suo rifugio segreto, non nasconde al suo legale la paura di ritrovarsi faccia a faccia con chi, in questi giorni, ha invocato vendetta. E parla dei momenti dell’assalto soltanto quando proprio non può farne a meno. Ha dovuto descriverli al Comandante Generale dell’Arma, Sergio Siracusa, che ha voluto conoscere direttamente da lui la ricostruzione dell’aggressione da parte dei manifestanti e della morte di Carlo Giuliani. Alla fine del colloquio il generale ha assicurato al ragazzo: «Non preoccuparti. L’Arma ti offre tutto il suo sostegno».
Giusi Fasano