La Stampa
Venerdì 27 Luglio 2001

I pestaggi di Genova all’Europarlamento
I Verdi chiedono che Strasburgo indaghi
Maria Maggiore
BRUXELLES Nonostante i corridoi dell'Europarlamento di Bruxelles siano ormai deserti per la pausa estiva, l'onda d'urto dei fatti di Genova è rimbalzata inevitabilmente anche nelle sedi comunitarie. Si chiedono maggiori spiegazioni di quelle finora fornite dalle autorità italiane e si ipotizza perfino la possibilità di applicare delle sanzioni «europee» se si accertasse la violazione di alcuni principi democratici fondamentali da parte delle forze dell'ordine italiane.
Ieri, mentre i Verdi italiani annunciano l’invio di un dossier alla Corte europea dei diritti umani, il gruppo di Strasburgo ha mandato una dura lettera alla presidente Nicole Fontaine in cui si chiede un intervento ufficiale dell'Assemblea nella prossima sessione di settembre. In quella sede, si dovrebbe tenere un dibattito con la presidenza di turno belga e la Commissione europea, rappresentata probabilmente dal commissario per gli affari interni Antonio Vitorino. Le due Istituzioni, Consiglio e Commissione, saranno chiamate a fornire la loro versione dei fatti nei disordini del G8 di Genova. Ma i Verdi chiedono di più, considerando che i cittadini europei abbiano diritto a maggiori spiegazioni sull'escalation di violenza a cui si è assistito a Genova. «Bisogna mettere insieme gli ultimi disordini di Nizza, Göteborg e infine Genova per interrogarci sull'uso delle forze dell'ordine durante questo tipo di manifestazioni», propone Monica Frassoni, l'italiana eletta nella lista belga dei Verdi. «La Commissione delle Libertà pubbliche dell'Europarlamento dovrebbe cominciare un serio lavoro di analisi sulle derive degli ultimi tempi, sull'uso spesso troppo disinvolto del Protocollo di Schengen e sull'ipotesi di alzare dei paletti europei in difesa dei diritti fondamentali». Ed ecco la proposta più aggressiva dei Verdi: considerare la possibilità di un'applicazione anticipata del Trattato di Nizza, non ancora entrato in vigore. L'articolo 7 del nuovo Trattato prevede infatti la possibilità che il Parlamento europeo dia «un parere motivato contro uno Stato membro per grave violazione dei diritti fondamentali», con la conseguenza di infliggere delle sanzioni comunitarie al paese sotto accusa. Un modo con cui l'Unione si è dotata di uno strumento unitario di protezione dei diritti democratici fondamentali, dopo l'imbarazzante caso austriaco, con l'elezione di Jörg Haider al governo, che portò all'applicazione di sole sanzioni bilaterali.
Intanto ai massimi livelli delle tre istituzioni comunitarie si preferisce attendere. Nicole Fontaine affronterà il problema al ritorno delle vacanze nella riunione dei presidenti delle varie commissioni parlamentari, il 30 agosto prossimo. La Commissione europea non commenta i fatti di Genova, ripetendo che «non c'è competenza comunitaria in questa faccenda». Gunnar Wiegand, portavoce del commissario per le relazioni esterne Chris Patten, ha ripetuto quanto già dichiarato dopo i disordini del Consiglio europeo di Göteborg, in giugno: «Le operazioni di polizia, che siano nei Paesi Baschi, nell'Irlanda del Nord, a Berlino o a Genova, restano di competenza puramente nazionale».
Ma Heidi Hautala, capogruppo dei verdi, non è completamente d'accordo. «Ovviamente è una competenza italiana, controllare che la polizia abbia rispettato i diritti umani», ha riconosciuto la deputata finlandese. «Ma sono convinta che gli Stati membri debbano cooperare anche su come permettere ai giovani pacifici di esprimere le loro opinioni nelle manifestazioni. I giovani con cui ho parlato erano inorriditi a Genova dal comportamento della polizia», ha concluso la Hautala.
Il prossimo appuntamento a livello europeo per discutere del drammatico weekend di Genova è ormai il 5 settembre, nell'aula dell'europarlamento a Strasburgo. Lì, il ricordo della guerriglia urbana, i volti tumefatti dei ragazzi che manifestavano e la violenza dei black bloc, rischiano di risvegliare un vulcano di polemiche.