Corriere della sera 3 agosto 2001

 

Azione disciplinare per il magistrato che ieri ha denunciato «l’animosità delle forze polizia verso i comunisti»

Castelli contro il pm Mancuso: un giudice non può fare politica

ROMA - Stavolta aprirà un’indagine disciplinare. Contro Libero Mancuso e i suoi timori per le indagini sul G8 dichiarati a Radio Popolare («i magistrati genovesi troveranno difficoltà pari se non maggiori a quelle che avevamo riscontrato nelle indagini su Bologna»), il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, non si limiterà a un richiamo. Aspetta solo di acquisire l’intervista radiofonica fatta ieri dal pm dell’inchiesta sulla strage di Bologna e verificare se il magistrato intende smentirne il contenuto: in particolare quell’analisi sulla «cultura reazionaria dentro i corpi dello Stato che non s’è riusciti a sanare nonostante cinque anni di governo di centrosinistra». Poi il ministro-ingegnere avvierà il procedimento.
Sarà la prima iniziativa del guardasigilli leghista. Una decisione forte. Presa ancora prima che sulle dichiarazioni del giudice dei misteri d’Italia piovessero gli strali di Forza Italia: «Si tolga finalmente la toga per indossare la casacca a lui più confacente dell’agitatore politico». E prima che arrivasse a Mancuso la tirata d’orecchi del suo stesso sindacato. «Al di là delle dichiarazioni e delle condizioni nelle quale sono state fatte - dice il presidente dell’Anm Giuseppe Gennaro - sul piano dell’opportunità non era questo il momento più adatto per innnescare un’altra polemica in un dibattito politico già aspro».
«Bisognerebbe quasi ringraziare Mancuso per le sue esternazioni a Radio Popolare - ironizza Castelli -, infatti ha dato un esempio lampante di cosa intendo quando dico che un giudice non dovrebbe fare politica». Anche se la politica per Mancuso è stata terreno di indagine dal giorno in cui, per la prima volta con il caso Cirillo, si trovò a indagare su comportamenti «anomali» dei servizi segreti. Fino alla requisitoria delle inchieste bis sulle stragi del 2 agosto e dell’Italicus in cui denunciò deviazioni e depistaggi.
Argomenti ripresi nella intervista di ieri. «Ogni volta che pezzi dello Stato debbano rispondere di episodi così rilevanti penalmente - denuncia Mancuso - scattano protezioni e coperture, anche perché non si sa mai dove finisce la catena delle complicità e quindi dell'omertà di Stato». E, sui fatti di Genova, aggiunge: «La cosa più allarmante, da sconfiggere politicamente» è «questa sorta di animosità, di violenza, diciamo così, culturale dentro le forze di polizia, contro i rossi, contro i comunisti, contro i diversi, contro coloro che non accettano le regole di questo gioco, di uno Stato che vuole diventare sempre più di regime». Considerazioni che suscitano nel ministro Castelli interrogativi «sulla obiettività di giudizio del magistrato». Dichiarazioni «spudorate» secondo gli esponenti di Forza Italia Isabella Bertolini, Giuseppe Villani e Andrea Leoni. Giudizi inopportuni, secondo l’Anm, in un momento di «dibattito politico serrato sui fatti di Genova» che ha «giustificato l’intervento del Capo dello Stato».
Virginia Piccolillo