La Stampa
Martedì 31 Luglio 2001

IL PG DI GENOVA: ASPETTIAMO LA CONCLUSIONE DELLE INDAGINI PER PARLARE DI ABUSI DELLE FORZE DELL’ORDINE
«La violenza di certi gruppi era preordinata»
Marvulli: avevano un piano preciso, qualche manifestante ha voluto la guerriglia

GENOVA
C’È da vergognarsi di fronte a tutto questo». Il procuratore generale Nicola Marvulli non si è mosso dal suo ufficio al dodicesimo piano di Palazzo di Giustizia, seguendo minuto per minuto in diretta tv e poi dalle informazioni dei magistrati direttamente coinvolti l’intera sequenza di avvenimenti che ha segnato il G8. E’ la chiusura dolorosa di un lungo periodo trascorso a Genova. Il 18 agosto, infatti, il procuratore generale lascerà la città per assumere a Roma l’incarico di primo presidente della Corte di Cassazione.
Quando parla di vergogna si riferisce al comportamento della polizia?
«Vedremo, aspettiamo le conclusioni delle indagini. La mia grande amarezza è provocata dai disordini di piazza. Non è stata una manifestazione civile, è stata una guerriglia civile».
Si aspettava l’esplosione di violenza?
«Assolutamnte no. Mi aspettavo, come molti, da quanto era stato annunciato e promesso, azioni goliardiche, anche belle. E giovedì, in occasione del corteo dei migranti, c’erano state tutte le premesse perchè si potesse continuare così».
Si poteva fare qualcosa per soffocare la guerriglia?
«Per una manifestazione operaia organizzata dai sindacati, con i tamburi e gli slogan, basta un poliziotto. Questa è stata tutta un’altra cosa, premeditata».
Preparata e organizzata?
«Penso proprio che ci sia stato un piano organizzato. Per fare violenza su un territorio si deve conoscere il territorio stesso, con presenza a Genova ben antecedente ai giorni delle manifestazioni».
E’ una visione che lascia aperte prospettive buie.
«Ripeto, non si è trattato di intemperanza, ma di una deliberata aggressione. Gli uffici postali devastati rappresentano il potere? O le auto bruciate?».
Lei ha già vissuto in passato momenti molto difficili.
Sì, ci sono stati episodi gravi, ma erano diretta conseguenza di una causa seria. Come quando, alla fine degli Anni Sessanta, i Cantieri Navali sono stati trasferiti da Genova a Trieste. Si trattava di posti di lavoro perduti, di una protesta numerosa. Ma nessuno aveva devastato la città. Gli scontri con la polizia rimanevano entro i 10 giorni di prognosi. E’ la prima volta nella mia esperienza professionale che mi trovo di fronte a un fenomeno così preoccupante. Le lettere con l’esplosivo non le abbiamo avute nemmeno nel 60.
Si può fare un confronto con il periodo delle brigate rosse?
Ripeto, questa è guerriglia civile. Il terrorismo sceglieva bersagli politicamente rappresentativi. E’ vero, morivano gli agenti di scorta, ma venivano uccisi anche loro insieme con l’obiettivo principale. Questi se la sono presa con la povera gente. Che cosa c’entrava la cittadinanza intera?
Come si comporterà riguardo la segnalazione dei gip sugli episodi di pestaggio?
«Probabilmente non farò in tempo a occuparmene direttamente. In ogni caso, dobbiamo aspettare che sia completata questa fase delle indagini. Io ho compiti limitati, non conduco indagini parallele. Secondo l’articolo 16 delle disposizioni di attuazione del Codice di procedura penale, i provvedimenti amministrativi nei confronti di agenti di polizia giudiziaria che siano inadempienti o abbiano compiuto irregolarità vanno dalla censura alla sospensione non superiore ai sei mesi. Ma in questo caso ci troviamo di fronte a un procedimento penale, non si tratta certo di negligenze».