Il Manifesto 1 agosto 2001

 

Polizia, cadono le prime teste
L'inchiesta interna boccia la questura genovese e non solo. Ma De Gennaro salva i suoi uomini
A. MAN.

" AGenova abbiamo sbagliato". Lo riconosce anche la polizia, nel rapporto di due dei tre "superispettori" mandati dal Viminale a indagare sui fatti di Genova. E vale soprattutto per l'irruzione della notte di sabato 21 luglio nella scuola Diaz. Nel quartier generale e nel centro stampa del Genoa social forum le forze dell'ordine si sono scatenate su decine di manifestanti pacifici, quasi tutti colti nel sonno. Le immagini delle barelle e di quei ragazzi portati via insanguinati hanno fatto il giro del mondo, accompagnate dai racconti di vittime e testimoni e dalle proteste di avvocati e parlamentari che non potevano entrare (per gli avvocati, a cui è stato impedito di assistere i propri clienti, ha protestato ieri anche l'Unione delle camere penali, un organismo non precisamente di sinistra). Nemmeno l'inchiesta interna del Viminale poteva nascondere quel blitz "cileno", concluso con il sequestro di bastoni, mazze rudimentali, presunte molotov e coltellini da campeggio, tra cui molto materiale recuperato da un cantiere vicino. D'altra parte, la sostanziale illegalità di quell'operazione - che per la polizia rimane legittima ai sensi delle leggi di pubblica sicurezza - è già sancita dalla magistratura, che ha rifiutato la convalida per 92 dei 93 fermi operati nella notte.

Il blitz nella scuola

Nel primo dei rapporti presentati ieri al capo della polizia De Gennaro e poi al ministro Scajola dai tre superispettori (Pippo Micalizio per l'assalto alla scuola, Salvatore Montanaro per Bolzaneto e Lorenzo Cernetig per gli scontri di piazza), si parla senza mezzi termini di "errori, omissioni e violenze gratuite" ad opera delle forze dell'ordine. Emergono nettamente le responsabilità del questore di Genova Francesco Colucci, del responsabile della Digos Spartaco Mortola e di Vincenzo Canterini, dirigente del primo reparto mobile di Roma al quale appartenevano i celerini intervenuti nella scuola: Colucci ha ordinato il blitz, la Digos l'aveva sollecitato (su segnalazione di un suo infiltrato) e gli agenti hanno picchiato come matti, a tal punto che i più scalmanati - a quanto pare una ventina - sono stati subito allontanati dall'edificio: non è bastato sostenere che erano stanchi ed esasperati dopo ore di scontri. Ma ce n'è anche per il più alto in grado tra i funzionari presenti, il capo dell'Antiterrorismo Arnaldo La Barbera, e per il suo vice Giovanni Luperi. Pure loro si trovavano lì e potrebbero pagare il conto di quella notte di follia, magari anche al di là delle loro responsabilità. Comunque eventuali provvedimenti saranno adottati solo nei prossimi giorni. E solo dopo il voto sulla mozione di sfiducia contro il ministro dell'interno Scajola.

Il terzo rapporto

Meno grave, a quanto si è appreso, il contenuto del secondo rapporto, preparato da Salvatore Montanaro e dedicato al trattamento riservato a 222 arrestati nell'ormai famigerata caserma di Bolzaneto, dove le violenze fisiche e psicologiche sono andate avanti anche per ventiquattr'ore ai danni di dimostranti già fermati. A quanto pare i vertici della Ps, senz'altro ispirati dalla destra al governo, cercheranno di scaricare quei maltrattamenti sugli agenti della polizia penitenziaria, che hanno le loro colpe ma forse non tutte, con l'obiettivo di sacrificare i responsabili dell'amministrazione penitenziaria (Dap) nominati dal precedente esecutivo. Quanto alla relazione sugli scontri in piazza, affidata a Lorenzo Cernetig, ieri sera non era ancora arrivata. Solo oggi sarà esaminata e sapremo se gli agenti individuati nei filmati, che infierivano su manifestanti inermi, saranno tra le vittime dell'indagine interna. D'altronde i primi due due dossier hanno richiesto un gran lavoro: non solo agli ispettori, rimasti per tre giorni a Genova, ma anche al De Gennaro e Scajola, che per tutto il pomeriggio hanno preteso di limare, correggere e aggiustare il tiro. Ore e ore di confronto, prima tra gli ispettori e il capo della polizia, poi fra quest'ultimo e il ministro.
E' stata un'inchiesta interna, che più interna non si può. I tre superpoliziotti chiamati ad indagare sono vicinissimi a De Gennaro, che prima di tutto ha bisogno di salvare sé stesso e di difendere i suoi uomini. Scajola, e ancor più Alleanza Nazionale, se potessero manderebbero a casa tutti e forse lo faranno molto presto. Ma per il momento l'unico pezzo da novanta che a Genova aveva dirette responsabilità di ordine pubblico, il vice capo della polizia Ansoino Andreassi, non compare nemmeno nel rapporto degli ispettori. Lo stesso vale per Francesco Gratteri, capo della polizia criminale, ritratto con casco e manganello all'interno della Diaz.

Scajola contro De Gennaro

Il faccia a faccia tra De Gennaro e Scajola è durato quattro ore e si è concluso con un rinvio al pomeriggio. In parte perché il ministro, che oggi affronterà al senato la mozione di sfiducia depositata dal centrosinistra, non vuole presentarsi al parlamento con lo scalpo dei funzionari decapitati dall'inchiesta interna. Secondo fonti del Viminale, Scajola non vuole dare soddisfazioni all'opposione, e anche per questo l'esame della relazione di Cernetig è stato rimandato a dopo il voto. Altre indiscrezioni, tuttavia, riferiscono di un confronto serrato proprio sulla sorte da riservare a Gratteri e soprattutto ad Andreassi, che De Gennaro intende salvare ad ogni costo.