Mnaifesto 3 agosto 2001 Impresa
di polizia
Andreassi, La Barbera e Colucci destinati ad
altri incarichi. Il Viminale chiude l'inchiesta amministrativa sui fatti di Genova con tre
rimozioni ai vertici della polizia
A. MAN.
Da tre giorni al Viminale era battaglia, volavano gli stracci e le
accuse. Da una parte Scajola e dall'altra il capo della polizia De Gennaro, che difendeva
a spada tratta i suoi uomini dopo il disastro e gli orrori di Genova, dopo l'assalto alla
scuola Diaz e i pestaggi indiscriminati nelle piazze e nelle caserme. E ieri il ministro
ha colpito duro, senza riguardi.
La prima testa che cade è quella del vice di De Gennaro, Ansoino Andreassi, l'uomo forte
della lotta alle Br che nei giorni del G8 era responsabile dell'ordine pubblico. Insieme a
lui Scajola ha rimosso anche Arnaldo La Barbera, che dopo aver combattuto la mafia per
tutta la vita era stato chiamato a dirigere l'antiterrorismo (Ucigos), e infine il
questore di Genova Francesco Colucci. Ma se gli ultimi due nomi erano segnati ormai da
giorni, tanto da far parlare di capri espiatori, la destituzione di Andreassi è un
terremoto che scuote la polizia nelle fondamenta: mai prima d'ora il numero due della Ps
era stato cacciato in un contesto simile. Così anche l'incarico di De Gennaro, che fino
all'ultimo ha difeso il suo secondo, sembra destinato a durare poco. Il capo della polizia
resta solo, appeso a un filo. E il laconico comunicato di Scajola è persino ridondante
nel sottolineare che il ministro ha deciso "autonomamente". Quasi a ricordare i
serrati faccia a faccia delle ultime quarantott'ore.
Martedì De Gennaro e poi Scajola avevano cominciato ad esaminare i rapporti finali dei
tre ispettori incaricati dell'inchiesta interna, Giuseppe Micalizio, Salvatore Montanaro e
Lorenzo Cernetig. Dopo il tentativo di circoscrivere le responsabilità ai dirigenti della
polizia genovese - il questore Colucci ma anche il dirigenti della Digos Spartaco Mortola
e Alessandro Perugini - e al capo del reparto celere intervenuto alla Diaz, Vincenzo
Canterini, il coinvolgimento del prefetto La Barbera si è rivelato inevitabile: nella
scuola quartier generale del Gsf c'era anche lui ed era il più alto in grado. De Gennaro
difendeva il suo collega dell'antimafia, ma Scajola aveva già deciso di far fuori tutti,
compreso Andrassi. Ha aspettato un paio di giorni solo per presentarsi al senato, dove
mercoledì erano in discussione le mozioni di sfiducia dell'Ulivo e di Rifondazione, senza
dare alcuna soddisfazione all'opposizione. E così mercoledì non sono stati adottati
provvedimenti. Ieri sera, infine, l'annuncio della decisione che disintegra la squadra di
De Gennaro. L'esito drammatico di una vicenda che, dopo Genova, ha visto i superpoliziotti
combattersi tra di loro, indagare uno sull'altro. Quelli che durante il G8 stavano a Roma
sono poi partiti per Genova per chiarire il comportamento degli altri e in particolare sul
ruolo che ciascuno ha svolto prima, durante e dopo il blitz notturno alla Diaz.
La carriera di Andreassi, 61enne nato in provincia di Caserta, era iniziata nel '68. Dieci
anni dopo è passato alla Digos, prima a Padova e poi a Roma, divenendo il responsabile
della sezione antiterrorismo proprio nei giorni convulsi del sequestro Moro e dell'unità
nazionale. Era un uomo del Pci, Andreassi, che incarnava la linea dura contro le Brigate
rosse all'epoca dei teoremi e della caccia agli autonomi. Passato all'Ucigos, negli anni
ottanta si occupava di eversione internazionale, ma il rigurgito delle Br nell'87 lo ha
riportato alla polizia di prevenzione, con un passaggio anche alla Criminalpol, e infine
nel '97 alla guida dell'antiterrorismo. Era stato nominato vicecapo della polizia nel
gennaio scorso.
Il leccese La Barbera, 59 anni, ha un'altra storia. Uomo dalla pistola facile, che una
volta ammazzò un rapinatore senza neanche dargli il tempo di guardarlo in faccia, La
Barbera si è costruito una fama di investigatore feroce ed inflessibile. E' stato capo
della mobile, ha lavorato con Falcone e Borsellino e poi indagato sugli omicidi dei due
magistrati. Partito come capo della squadra mobile di Mestre, è stato in seguito questore
di Palermo, Napoli e Roma. A gennaio di quest'anno ha lasciato la questura della capitale
per dirigere l'Ucigos.
Colucci, 58 anni, negli anni settanta era nell'ufficio politico della polizia milanese e
lavorò, tra l'altro, sull'omicidio del commissario Calabresi, responsabile della morte di
Pinelli all'indomani della bomba di Piazza Fontana.
Se al Viminale è arrivato il terremoto, sulla polizia penitenziaria si addensano nuvole
nere. Il capo della sezione ispettiva del Dap (Dipartimento dell'amministrazione
penitenziaria), Alfonso Sabella, è stato costretto a riconoscere almeno in parte il ruolo
del Gom, il reparto speciale della penitenziaria, nelle caserme genovesi, dove i
manifestanti arrestati sono stati umiliati e picchiati selvaggiamente tra venerdi e sabato
scorsi. Dopo aver negato i pestaggi, e persino la presenza del Gom nelle camere di
sicurezza, Sabella ha detto che qualcuno ha violato le sue direttive.
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