La Repubblica 1 agosto 2001 "Blitz
gestito dalla questura"
L'accusa della Procura dopo 12 ore di interrogatori
Si riprende oggi a Palazzo di giustizia con le deposizioni dei vertici dello Sco e forse
di La Barbera
MASSIMO CALANDRI
GENOVA - Sono state dodici, interminabili, ore di interrogatorio per i funzionari di
polizia coinvolti nel famigerato blitz alla scuola elementare Diaz: dodici ore trascorse
ieri negli uffici della Procura di Genova come «persone informate sui fatti» (il
fantasma degli avvocati almeno per il momento si è dissolto: nessun indagato, confermano
in serata dal tribunale). Testimoni che - parole dei magistrati - hanno solo cominciato a
chiarire la dinamica ed i motivi dell'irruzione notturna in un diluvio di manganellate ed
arresti. «Un blitz che è stato gestito all'interno della questura genovese», ha
spiegato il procuratore aggiunto Francesco Lalla, frase che qualcuno ha interpretato come
una «condanna» anticipata per Francesco Colucci, questore del capoluogo ligure, e per i
suoi diretti collaboratori.
Stamattina a palazzo di giustizia si ricomincia con i vertici dello Sco, Francesco
Gratteri e Gilberto Calderozzi. Ci sarà anche Arnaldo La Barbera, che sabato sera era ai
comandi della centrale operativa della questura genovese? «Se lo dite voi...». Lalla,
che per oggi attende una copia del rapporto interno consegnato al ministro Scajola dai tre
ispettori del Dipartimento di pubblica sicurezza, ieri mattina ha esordito ascoltando
Giovanni Luperi, braccio destro di La Barbera all'Antiterrorismo, ha continuato con
Vincenzo Murgolo, questore vicario a Bologna ed ex dirigente del Pci modenese (che
nell'intervento alla scuola avrebbe però avuto un ruolo assolutamente defilato), ma si è
dedicato soprattutto a Vincenzo Canterini, dirigente del Reparto Mobile romano, l'uomo che
dirigeva gli oltre settanta agenti del VII Nucleo protagonisti dell'irruzione.
Cinquantenne alto ed abbronzato, capelli grigi ed occhiali neri, Canterini è stato
trattenuto sia la mattina che il pomeriggio da Lalla, e ha poi abbandonato di corsa
l'ufficio scortato dai carabinieri.
Giancarlo Pellegrino, anche lui procuratore aggiunto, si è invece occupato dei funzionari
che quella notte sono quasi esclusivamente rimasti all'esterno dell'istituto scolastico di
via Cesare Battisti. Queste ultime «chiacchierate» si sono tenute al riparo da orecchie
indiscrete, in serata addirittura nelle aule sotterranee del palazzo di giustizia. Il
giudice ha ascoltato una mezza dozzina di persone (oggi toccherà al capo della squadra
mobile genovese, Nando Dominici), chiedendo soprattutto tre cose: quali «voci» erano
state raccolte da fuori circa le presunte violenze, se e come poliziotti o funzionari
entrati nella scuola avevano il volto coperto (di che colore ad esempio sono i fazzoletti
in uso ai diversi reparti), ma soprattutto che cosa ne sapevano circa i motivi del blitz.
Il verbale stilato al termine dell'operazione parlava chiaro: «Alle ore 22.30 circa, un
contingente di personale della Polizia di Stato, nel transitare in questa via Cesare
Battisti e precisamente dinanzi alla scuola Diaz, veniva fatto oggetto di un violento
lancio di oggetti contundenti da parte di numerose persone, verosimilmente appartenenti
alle cosiddette Tute Nere».
Un lancio di pietre su due autopattuglie, un successivo sopralluogo della Digos - il cui
dirigente, Spartaco Mortola, è stato interrogato nei giorni scorsi - e la decisione di
intervenire in forze, perché là dentro secondo gli investigatori erano senz'altro
nascosti i Black Bloc. Ma lei ha verificato se le macchine della questura presentano i
segni delle pietrate?, ha chiesto qualcuno a Lalla. «No. Credo che quello che mi ha detto
la polizia sia vero, non ho alcun motivo di dubitare. I pareri della Digos erano
attendibili: si pensava che là dentro ci fossero anche dei manifestanti non pacifici
armati di molotov».
Nessun commento invece sui contenuti degli interrogatori: quando gli hanno domandato se
davvero tra i funzionari genovesi e quelli romani (Canterini in particolare) si giocava
allo scaricabarile, il procuratore ha risposto con un sorriso. «Lasciatemi valutare le
singole posizioni, stiamo solo abbozzando una ricostruzione di quanto è successo. Lo
facciamo attraverso questi interrogatori, nel corso dei quali non ho avuto l'impressione
di particolare resistenze. No, tutti hanno parlato e a lungo. Anche di altri colleghi,
certo. Persone che devo ancora sentire, ma che non si dovranno presentare accompagnate da
un legale». La ricerca della verità, ha ricordato, non può naturalmente prescindere dai
verbali dei giovani arrestati. Ma solo una minoranza di loro, un numero esiguo, ha detto
il giudice, sarebbe rimasto ferito nel corso dell'irruzione.
Confermata l'indiscrezione di Repubblica secondo cui un medico lunedì avrebbe
testimoniato che la maggior parte delle persone presenti nella scuola era rimasta colpita
nei precedenti scontri di piazza. «La verità non è tutta bianca o tutta nera. Diciamo
che per il momento è grigia. Con qualche macchia scura di troppo». |