La Stampa 29 luglio 2001
Iniziativa del Gsf e del Network antiglobal su Internet:
raccogliamo le tesimonianze della violenza di Stato

La protesta estrae il «libro bianco»

 

di Jacopo Iacoboni

Hanno visto cose difficili da immaginare. Adesso, hanno l’occasione di raccontarle nel «libro bianco» lanciato ieri dal Genoa Social Forum. C’è come una fibrillazione che percorre il popolo dei no global, se questo è ancora un popolo e non, semplicemente, cittadini che «crediamo ancora in uno stato di diritto». Invadono i loro siti con forum infiniti.

Mandano messaggi. Inviano foto, video da far impallidire quello del Tg1 e testimonianze dirette. In una (antica) parola: si ribellano. Il Genoa social forum, magari senza originalità onomastica, prova a chiuderli in un «libro bianco» e lo presenta, con titolo che sa di saggio accademico tedesco, come «primi materiali per ricostruire e documentare cosa è successo nelle giornate delle manifestazione». Secondo loro: l’addio alle leggi e ai diritti umani.

Ne volete qualche esempio? Fate un giro sui siti antiG8 oppure chiacchierate con qualcuno che s’è impegnato nel movimento: ci vuole poco a capire che il libro bianco sta già diventando nero. Alle 15,40 Ettore invia a indymedia.org - il network informativo della protesta - la foto di un manifestante steso a terra, le braccia alzate e supplichevoli: davanti, la minaccia di una pistola che un agente gli punta addosso a due metri di distanza.

Luca Casarini, portavoce delle tute bianche, segnala su sherwood.it quindici foto: dimostrerebbero che la jeep dei carabinieri da cui è stato ucciso Giuliani «non era affatto isolata» e l’estintore sarebbe stato lanciato, per primo, da un carabiniere. Alle 16.06 i 99 Posse - gruppo hip hop napoletano simbolo della «rabbia contro l’apparato» - mettono in rete un racconto del loro «ritorno da Genova» il cui senso sta nella seguente frase: «Non finisce qui. Non finisce certo qui». Già, è tutto il popolo del Genoa social forum a volere che non finisca con le proteste che restano vane, il senso d’impotenza, la difficoltà nel sapere che fine ha fatto un amico.

Francesco Diasio, tra i fondatori di Indymedia, la chiama «operazione-verità». Per Vittorio Agnoletto, leader del Gsf, è «un atto di giustizia dovuto» e una serie di numeri a cui indirizzarlo (da quello del Gsf, 010-2468099, a quello degli avvocati del pool sociale, 010-267312, fino ai medici per rintracciare chi è ancora in ospedale, 338-9658746). Poi c’è lo «sportello» romano. Raccoglie eventuali denunce, apre domani dalle 18 alle 20 e non poteva che stare lì, in via dei Sabelli 88 a San Lorenzo, perché anche la protesta ha bisogno di luoghi e odori che le sono cari.

 

(29 luglio 2001)