La Repubblica 1 agosto 2001 Bolzaneto,
una raffica di denunce GENOVA - Le prime denunce sugli «orrori» della caserma di Bolzaneto da ieri mattina
sono sul tavolo di Francesco Cardona Albini ed Enrico Zucca, due sostituti procuratori del
«pool» che indaga sulle violenze della polizia nei confronti di manifestanti arrestati.
«Denunce circostanziate, con indicazioni molto precise in termini di tempo e di luogo»,
confermano i magistrati, dichiarazioni che si aggiungono a quelle rese ai Gip - e già
trasmesse al procuratore Francesco Lalla - da centinaia di ragazzi finite in manette. Gli
inquirenti hanno già chiesto di conoscere l'ordine di servizio di quel maldetto
finesettimana, nel corso del quale - tra venerdì e sabato - quasi trecento ragazzi
passarono per la caserma di polizia del Ponente genovese. Vogliono sapere chi era presente
a Bolzaneto e soprattutto agli ordini di chi. Un primo elenco potrebbe essere già
presentato questa mattina, gli interrogatori saranno fissati immediatamente dopo, con ogni
probabilità nel finesettimana. «Per il momento preferiamo continuare ad acquisire gli
atti, purtroppo sarà difficile fare degli incidenti probatori». Impossibile, cioè,
determinare se alcune lesioni sono state riportate dai manifestanti dentro la caserma: non
ci sono state visite mediche per i ragazzi, al contrario di quanto accaduto alla scuola
Diaz. Naturalmente non ci sono fotografie e tantomeno filmati, ma allo sportello istituito
appositamente in tribunale (stanza 37bis, nono piano, ore 912: «Deposito documentazione
relativa al G8», è scritto sulla porta, nella speranza che qualcuno risponda all'appello
degli investigatori) sono arrivate molte testimonianze. Come quella contenuta nel verbale
sottoscritto da Kirsten W.: «...In seguito fui condotta con altri arrestati in una
caserma. In circa quaranta fra uomini e donne fummo messi al muro della cella. La maggior
parte era in un modo o nell'altro ferita. Moltissimi avevano lesioni al capo e fratture al
naso. Tutti stavamo faccia al muro, con le gambe divaricate e le mani sulla testa.
Ripetutamente i poliziotti entravano nella cella e ci divaricavano le gambe a calci, e
tiravano su le nostre braccia perché stessimo il più possibile scomodi. Anche quelli che
avevano un braccio o una gamba rotta dovevano rimanere così. Di tanto in tanto alle donne
veniva permesso di sedersi, agli uomini no. Ho visto con i miei occhi come in un'altra
cella un uomo veniva colpito al ventre. Il poliziotto lo teneva su per una spalla, e con
l'altra mano picchiava. (...) Fino al lunedì mattina fummo trattenuti in questo primo
centro di raccolta prigionieri». |