"Il vertice
Fao resti a Roma"
L'organizzazione dell'Onu ostile allo
spostamento del summit: "Si tiene a Roma da 50 anni". Al via martedì l'indagine
parlamentare su Genova. In gioco, le sorti del capo della polizia, De Gennaro
ANDREA COLOMBO
Per ora non c'è alcuna richiesta ufficiale
di spostare da Roma a Nairobi il vertice della Fao fissato per il prossimo novembre. Lo ha
detto ieri il responsabile comunicazione della Fao Nick Parson, lasciando trapelare la
contrarietà dell'organizzazione dell'Onu rispetto all'eventuale spostamento. "Se si
vorrà discutere con noi di qualche problema - ha detto - siamo disponibili. Ma il summit
è parte integrante della conferenza biennale, che si tiene a Roma da 50 anni".
Sinora, Berlusconi ha prospettato la possibilità di chiedere lo spostamento del vertice
solo in forma privata. Non farà alcuna dichiarazione ufficiale in merito sino a che non
sarà certo di ottenere una risposta positiva da parte della Fao. Ottenere un simile
risultato è compito di una discreta trattativa diplomatica, il cui successo è tuttavia
tutt'altro che facile, come dimostrano le precisazioni dell'esponente della Fao.
Lo spostamento del vertice è probabilmente oggi una preoccupazione maggiore, per il
premier, della stessa commissione d'indagine che inizierà a lavorare martedì prossimo.
Senza attendere la prima riunione, lo scontro sugli obiettivi dell'indagine si è già
acceso con le dichiarazioni e le interviste della vigilia.
Il presidente della commissione, il forzista Donato Bruno, ha ieri minimizzato in una
intervista il ruolo dell'indagine, sino ad affermare che la sua non può neppure definirsi
una vera commissione d'indagine. La risposta è arrivata subito dal vicepresidente, il
diessino Bassanini: "Non è un modo di partire con il piede giusto. La nostra
proposta di inchiesta parlamentare resta sul tavolo del senato. Se l'indagine apparirà
sufficiente non insisteremo, altrimenti l'inchiesta apparirà come l'unico strumento per
accertare la verità".
La maggioranza, costretta ad accettare la quasi inoffensiva indagine dalle pressioni del
presidente della repubblica, oscilla tra la tentazione di vanificare i lavori della stessa
riducendola, come dichiara lo stesso Bruno, a "un excursus, una sorta di resoconto
verbale", e quella di trasformarla in un processo a carico degli organizzatori della
manifestazione. Quest'ultima linea, sponsorizzata al senato da Gianfranco Fini, è stata
però messa in seria difficoltà dal rapporto dei superispettori del Viminale, che rende
difficile mascherare i fatti.
La partita più dura si giocherà probabilmente intorno alle sorti del capo della polizia
De Gennaro. Il capogruppo della Quercia Violante, con una intervista al Corriere della
Sera, ha preso ieri apertamente posizione a suo favore. Se sin dall'inizio di questa
vicenda difendere i vertici della polizia era apparso come l'interesse principale dei
diessini, o almeno della corrente diessina che fa capo alla candidatura Fassino, dopo i
provvedimenti contro il Andreassi, La Barbera e Colucci il gioco è diventato esplicito.
In commissione si frontegeranno dunque non due ma tre posizioni. Quella della destra, che
stringe d'assedio la poltrona di De Gennaro e che anche ieri ha attaccato in coro
l'intervista di Violante. Quella dei Ds e di una parte sostanziosa dell'Ulivo, interessati
soprattutto a mantenere al loro posto quelli che, a torto o a ragione, considerano loro
uomini. E quella di chi, come Rifondazione comunista, ma anche come una parte dell'Ulivo e
degli stessi Ds, non ha intenzione di ridurre l'indagine su Genova a un gioco di potere
intorno ai vertici delle forze di polizia.
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