La Repubblica 3 agosto 2001 G8,
Scajola punisce la polizia
Rimossi Andreassi, La Barbera e il questore di Genova
scontro
sul g8
LIANA MILELLA
ROMA - Per le violenze e i pestaggi della polizia a Genova il ministro dell'Interno
Claudio Scajola fa cadere le prime tre teste. Sono quelle del vicecapo vicario Ansoino
Andreassi, commissario in Liguria per il G8; di Arnaldo La Barbera, responsabile della
polizia antiterrorismo; del questore Francesco Colucci. La motivazione è semplice e la
fornisce lo stesso Viminale quando, alle 21 e 3 minuti, le agenzie annunciano, a sorpresa,
la durissima decisione: «Il ministro ha studiato con grande attenzione i rapporti dei
superispettori Micalizio, Montanaro e Cernetig chiesti dopo i gravi fatti accaduti. Quelle
relazioni mettono in evidenza, in modo chiaro, come siano stati commessi degli errori
dalla "catena di comando". Di conseguenza, i vertici di quella catena sono stati
destinati ad altri incarichi».
È una decisione molto pesante quella di Scajola e che coglie del tutto impreparato il
vertice della polizia, ignaro, fino a mezz'ora prima della nota ufficiale, di che cosa
stesse progettando il titolare politico del Viminale. Che invece, prima di convocare nella
sua stanza, subito dopo il consiglio dei ministri, Andreassi e La Barbera, aveva già
comunicato i suoi passi al capo dello Stato. E che una simile rimozione fosse nell'aria si
poteva cogliere nelle parole pronunciate da Silvio Berlusconi verso le 16, dopo la
riunione dei forzisti al Senato: «Se dalle relazioni degli ispettori emergeranno
responsabilità di singoli, saranno presi provvedimenti».
Dai massimi dirigenti della polizia invece, già da 48 ore, continuavano ad arrivare
segnali differenti: il consiglio stesso dato al ministro era quello di pazientare in
attesa dell'indagine parlamentare e dell'inchiesta giudiziaria. Prima di quelle
conclusioni, la prima prevista il 20 settembre, la seconda ben più lontana, sarebbe stato
difficile decidere in quale modo e in che misura distribuire le colpe e fissare quindi le
corrette sanzioni. Un discorso tecnico che, evidentemente, non teneva conto delle esigenze
politiche e di immagine di Scajola, il quale, ancora ieri mattina, ha aperto la sua
giornata dovendo fare i conti con una rassegna stampa in cui molti giornali stranieri lo
accusavano di coprire una polizia violenta. Non solo: il ministro è rimasto colpito dalle
dichiarazioni del capo del reparto mobile Canterini («Poteva De Gennaro non sapere nulla
del blitz alla scuola?») e del questore Colucci («A decidere, quella sera, c'era anche
Andreassi»). Parole che fornivano il quadro di una polizia dilaniata da faide e ormai
incontrollabile e per giunta pronta a trovare come avvocato difensore addirittura il
sottosegretario Taormina noto "nemico" di De Gennaro. Per non parlare dei
sindacati in battaglia temendo che a pagare potessero essere solo i livelli più bassi.
La linea del ministro è stata tutt'altra rispetto alle prudenze della polizia e ispirata
soprattutto a un principio, quello di "cominciare dall'alto". Dice il ministro:
«Andreassi e La Barbera, da bravi servitori dello Stato, hanno condiviso la necessità
che in questo momento gli alti ruoli che ricoprono dovessero essere lasciati per
consentire alla magistratura di svolgere al meglio il suo compito» ha detto Scajola dopo
una decisione che, com'è ben evidente all'interno dell'apparato, non è affatto indolore.
Andreassi e La Barbera sono due "uomini" del capo della polizia Gianni De
Gennaro. L'attuale vicario è stato suo vice alla Criminalpol, poi nominato
all'antiterrorismo, quindi divenuto suo numero due il 18 gennaio di quest'anno quando La
Barbera, da questore di Roma, ne ha preso il posto suscitando un certo stupore tra i
poliziotti. Perché, da esperto di indagini sulla mafia, passava a dirigere un settore
delicato pur non avendo un'esperienza specifica. Andreassi e La Barbera si sono ritrovati
a Genova ed entrambi, per l'ispettore Micalizio nel caso della Diaz, e per Cernetig per la
gestione complessiva dell'ordine pubblico, hanno avuto «gravi responsabilità». Il caso
più grave è quello del blitz: Andreassi era presente quando fu decisa l'irruzione, La
Barbera era addirittura sul posto con il casco in testa.
Che ci fossero divergenze di opinioni tra Scajola e De Gennaro si era capito dalla
settimana scorsa. Il primo sintomo è stata la smentita che il capo della polizia ha
dovuto fare su una sua intervista precisando che «il ministro non era al corrente della
perquisizione alla Diaz». Poi sono arrivati i rapporti dei superispettori, quasi
minimizzati dai vertici del Dipartimento, ma tenuti in grande considerazione da Scajola.
Il ministro e De Gennaro si sono incontrati per molte ore tra martedì e l'altro ieri,
quando il ministro, non ancora soddisfatto, ha chiesto altri approfondimenti. A quel punto
è cominciata l'attesa: da una parte la polizia, irritata per l'indagine parlamentare, ma
convinta che nulla sarebbe accaduto soprattutto ai vertici, dall'altra un silenziosissimo
Scajola. Di mezzo, il consiglio dei ministri di ieri in cui è parso che si dovesse
discutere la questione. Invece Scajola ha preso da solo la prima decisione importante del
suo dicastero: la «destinazione ad altro incarico» di due degli uomini più
rappresentativi della «squadra del capo» senza affidare a De Gennaro la loro
sostituzione. Un passo, anche questo, significativo al punto che, nel palazzo, ieri sera
è circolata di nuovo la voce di possibili dimissioni di chi era ed è al vertice della
"catena di comando". |