Mnaifesto 3 agosto 2001 Il
G8? "va ripensato"
L'ex premier Giuliano Amato riflette sul
summit di Genova
MARINA FORTI
L'occasione è informale, la sede è una casa editrice. Una sera
d'agosto Giuseppe Laterza invita alcune persone a discutere del summit di Genova. C'è
Giuliano Amato, che fino a due mesi fa era capo del governo italiano (quel summit l'ha
"istruito" lui), e a lui l'ospite rivolge una domanda: i vertici del G8 servono
davvero a formare delle decisioni?
Dopo una difesa d'ufficio ("il Genoa Summit ha deciso più di molti altri
vertici"), l'ex premier risponde: i vertici dei "grandi" vanno ripensati.
"Erano nati negli anni '70 attorno all'idea della leadership: mettere attorno a un
tavolo i leader, così possono decidere. Ma proprio questo, che allora faceva la
legittimità di quei vertici, oggi ne fa la non-legittimità". Ai ministri finanziari
- che trattavano di macroeconomia, di valute e cambi, magari di "locomotiva"
della crescita in un mondo che si cominciava a pensare interdipendente - sono subentrati i
capi di stato e di governo. Il gruppo è cresciuto (da 4 o 5 ai "7 più 1" con
la Russia) e si è spostato sempre più sulla politica generale. "Oggi ormai il G7-G8
non è un evento ma una macchina che lavora tutto l'anno", fa notare Amato. Già: ci
sono sherpa e sotto-sherpa; ci sono i gruppi di lavoro incaricati da un vertice all'altro
di preparare documenti di indirizzo politico (come quello sulle energie rinnovabili,
creato a Okinawa e lasciato nel limbo a Genova). Ci sono incontri separati dei ministri di
questo o quello (il G7 dell'ambiente, quello del lavoro). I tentativi di semplificare e
"tornare allo spirito di Rambouillet" si urtano con un "circolo vizioso che
oggi investe il formato del vertice, lo spettacolo, i media", dice Amato. Più il
vertice si allarga, "più diventa esortatorio: di fronte alla crisi asiatica, tre
anni fa, i leader di governo possono imporre regole agli operatori finanziari nel sud-est
asiatico? no, possono solo esortare".
Ecco il problema della legittimazione. Certo non basterà nascondere il prossimo vertice
tra i boschi canadesi o limitare la taglia delle delegazioni. Secondo Amato però i
vertici dei potenti sono "doverosi": proprio perché le loro decisioni si
ripercuotono sull'economia mondiale, quei 7 o 8 paesi "hanno una speciale
responsabilità a trattare i problemi del mondo"; ma dovranno coinvolgere altri paesi
nella formazione delle decisioni.
"I mercati sono andati molto oltre le giurisdizioni nazionali", constata Amato:
"Dobbiamo riuscire a regolare i mercati attraverso un sistema di norme
sovrannazionali. Ma di fronte al potere soverchiante delle multinazionali, i pochi poteri
sovrannazionali hanno una legittimità contestata". Ammette: "Nel fondo
monetario internazionale sono rappresentati tutti. Ma è delegittimato lo stesso, per il
semplice motivo che le decisioni alla fine le prendiamo noi. E' il problema della governance".
Al movimento di protesta contro il G8, quello che contesta anche la legittimità
dell'Organizzazione mondiale del commercio - vedi Seattle - o della Banca mondiale-Fondo
monetario internazionale, l'ex presidente del consiglio riconosce un risultato:
"Hanno saputo creare un'opinione pubblica mondiale. Il debito, ad esempio: era una
questione tecnica, di tassi, ora nel senso comune è il problema da rimuovere per
eliminare la povertà". Aggiunge: "Sono felice che migliaia di ragazze e ragazzi
nel mondo vadano a manifestare: dimostrano di avere a cuore i problemi generali". Ma
a Genova "le organizzazioni non governative non hanno saputo tracciare i confini ed
evitare l'infiltrazione nazista". E la gestione dell'ordine pubblico, i pestaggi di
polizia e carabinieri, il ragazzo ucciso? Qualcuno si chiede come si sarebbe comportato il
governo di centrosinistra. Qualcun altro butta là che c'è un nuovo terrorismo diffuso.
L'ex presidente del consiglio ritiene che l'attuale governo abbia "la responsabilità
gravissima di aver consentito i pestaggi". Ma aggiunge che "ogni negozio
sfasciato è pari a una manganellata contro un dimostrante pacifico: entrambi allontanano
dalla democrazia". Ma "quei giovanotti pericolosi (le tute nere, ndr)
erano sotto controllo da mesi. Qualcosa non ha funzionato".
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