La Stampa 4 agosto 2001
La Barbera: rispetto la decisione del mio ministro
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Sabato 4 Agosto 2001
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Interrogato in Procura: tanti anni passati in prima linea non
saranno scordati
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Alessandra Pieracci
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GENOVA Spunta dallinterminabile corridoio del nono piano
di Palazzo di Giustizia dopo aver facilmente depistato operatori e fotografi che sono
ancora giù in strada ad aspettarlo. Sfoggia laccenno di un sorriso sardonico,
fedele al ruolo di «John Wayne» della polizia che gli avevano ritagliato addosso dopo i
tre pregiudicati uccisi con la sua 357 in conflitti a fuoco. Avanza a passo deciso, un
fresco abito di lino color senape, cravatta intonata a piccoli disegni simmetrici per
ravvivare la camicia bianca. Unocchiata, e ha già individuato i giornalisti in
attesa. Saluta con un cortese «Buongiorno» e se ne va.
Allindomani di una plateale, e umiliante, rimozione, dopo una carriera di successi,
il prefetto Arnaldo La Barbera, capo dellantiterrorismo, non smentisce se stesso, la
sua sicurezza e determinazione, la fama da «duro» e va a rispondere alle domande del
magistrato con la tranquillità di chi è stato sempre chiamato ad affrontare le
emergenze.
Prefetto La Barbera, si sente tradito? «Sono un servitore dello Stato e rispetto la
decisione del mio ministro» è la risposta da funzionario. Ma poi emerge lorgoglioso:
«Sono certo che i miei anni in prima linea non verranno dimenticati».
Per tragica ironia, Arnaldo La Barbera si trova oggi sotto accusa per un pestaggio in una
scuola, proprio lui che era stato inviato a Palermo, nell85, a rimettere insieme una
squadra mobile disintegrata dopo lassassinio dei commissari Cassarà e Montana e la
morte di un fermato, Salvatore Marino, ucciso in un interrogatorio violento. Luomo
che ha fronteggiato rapinatori e pluriomicidi, linvestigatore che ha catturato boss
mafiosi e camorristi, il superpoliziotto cui lo stesso De Gennaro aveva affidato la
squadra che individuò gli assassini di Falcone e Borsellino, lantagonista della
mafia cade, oggi, inciampando in una brutta storia di giovani picchiati e sassaiole di
piazza vendicate nel sangue della notte dei manganelli.
«Per anni ho combattuto la criminalità...». Lascia la frase in sospeso, ma il silenzio
è più eloquente delle parole.
Sono le 15 in punto quando Arnaldo La Barbera arriva a Palazzo di Giustizia, nel garage
riservato ai magistrati, e sale fino agli uffici della Procura della Repubblica. Sono con
lui il procuratore capo Francesco Meloni e fa da avanguardia il responsabile della Digos
genovese, Spartaco Mortola. Due ore dopo La Barbera esce dallufficio, si chiude nellascensore
riservato scortato da due massicce guardie del corpo e scende di nuovo in garage, per
allontanarsi su una Hyundai grigio metallizzato. «Sono un servitore dello stato» è la
sua ultima battuta.
Dalle 15 alle 17, nellufficio del procuratore capo, il prefetto Arnaldo La Barbera
ha risposto, «come persona informata dei fatti», alle domande del magistrato che deve
ricostruire lirruzione alla Pascoli. Ma ha parlato anche di altro, di tutta lorganizzazione
della polizia durante il G8.
Con il racconto dellex capo dellantiterrorismo si ritorna in questura, durante
la fatidica riunione in cui fu presa la decisione del blitz. Il capo della polizia, De
Gennaro, dà il suo sì per telefono, il vicecapo della polizia, Ansoino Andreassi, resta
in via Diaz. Ma il blitz è acefalo, non è stato nominato il responsabile delloperazione,
per coordinare decine di uomini in unirruzione che dovrebbe funzionare con la
precisione di un orologio.
Si muovono due colonne, per un totale di circa 200 persone. Hanno entrambe la stessa
composizione: uomini del reparto mobile, ovvero i celerini, agenti della squadra mobile,
altri del reparto di prevenzione generale, infine carabinieri. Loperazione comincia
male perché una colonna rimane indietro, si attarda, gli uomini non sono del posto e
sbagliano strada. Laltra arriva per prima e scatta lirruzione, con i
carabinieri che restano fuori delledificio e 70 poliziotti che entrano dopo aver
sfondato le porte.
Nessuno è abilitato a dare ordini, nessuno coordina. Il prefetto Arnaldo La Barbera è
alla Diaz al momento del blitz, è il più alto in grado, ma resta fuori dalledificio
scolastico durante le prime fasi dellirruzione, i pochi minuti sufficienti per
insanguinare la notte dei manganelli.
Comè andato linterrogatorio? «E andato bene».
«Ho verbalizzato tutto - dice il procuratore Francesco Meloni - non posso dire altro.
Abbiamo concluso. Non sentiremo nè De Gennaro né Andreassi. Però, questa cosa non
poteva succedere in primavera o in autunno?».
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