Corriere della sera 29 luglio 2001
Il ministro e la polizia

Scajola chiede risposte certe Ma anche De Gennaro ne ha bisogno

di GIOVANNI BIANCONI

ROMA - Il ministro non è soddisfatto, né di come sono andate le cose né di come gli sono state riferite. Così dicevano, ieri mattina, fonti molto vicine a Claudio Scajola, il responsabile del Viminale che per una volta, da quando ha giurato nelle mani del capo dello Stato, è riuscito a ritagliarsi lo spazio di un weekend in famiglia, nella sua Imperia. Non è soddisfatto - aggiungevano le fonti - perché è vero che sul suo tavolo arrivano i resoconti del capo della polizia sulla «battaglia di Genova», ma lui legge anche i giornali e guarda la televisione: ogni giorno ne esce una nuova, e quei resoconti non bastano a spiegare quello che si legge e si vede sui giorni infuocati del G8. In più, al Senato Berlusconi è tornato sulla vecchia storia dei vertici della polizia e della sicurezza insediati dal centrosinistra. Quell’attacco del premier, che per molti rappresenta una vera e propria delegittimazione, è giunto poche ore dopo l’invio al ministro Scajola della nuova relazione di De Gennaro sui fatti di Genova. Un documento considerato insufficiente e bisognoso di approfondimenti, tanto che tre super-ispettori sono immediatamente partiti per svolgere ulteriori indagini sui punti chiave della vicenda: la gestione della piazza durante le manifestazioni, la perquisizione alla sede del Genoa Social Forum e i maltrattamenti nella caserma di Bolzaneto.
In realtà la relazione era già uscita dalla stanza di De Gennaro accompagnata dall’idea che dovesse essere il presupposto per una nuova inchiesta. Lì non c’erano risposte da considerarsi definitive, ma ulteriori domande ed episodi da chiarire. Quello che invece non doveva essere un «caso», ma rischiava di diventarlo, era la frase dell’intervista del capo della polizia al Tg5 sul ministro «sempre informato» di quanto accadeva a Genova; perquisizione compresa, ha provato a dire qualcuno e allora il ministro ha voluto la smentita ufficiale: dell’irruzione nella scuola lui ha saputo, nella notte, solo a cose fatte.
Anche quell’ambiguità ha pesato, suggerivano ieri mattina le fonti interne al Viminale. C’è dunque una frattura tra Scajola e De Gennaro? E il ministro si è schierato coi «falchi» che, dentro Forza Italia e nella maggioranza, vogliono la testa del capo della polizia per motivi che col G8 c’entrano poco o nulla? Niente affatto, si affrettavano a correggere le stesse fonti nel pomeriggio. E’ solo che il responsabile dell’Interno, a differenza di tutti gli altri membri del governo (presidente del Consiglio compreso), prima di dire la sua deve valutare tutti gli elementi nella loro complessità, perché a ogni sua parola sull’argomento devono corrispondere decisioni e fatti concreti. E allora, «in piena sintonia col prefetto De Gennaro», il ministro attende di conoscere gli esiti degli accertamenti in corso per poi trarre le conclusioni.
Raccontata così, sembra una commedia nella quale il ministro recita un doppio ruolo a seconda dell’aria che tira fuori dal Viminale. In effetti, è normale che Scajola risenta delle pressioni di chi - dal presidente del Consiglio ad altri esponenti del governo e del suo stesso partito - esige chiarezza e risposte definitive dai responsabili dell’ordine pubblico. Ma allo stesso tempo si è reso conto delle difficoltà di risalire a responsabilità precise su quanto è accaduto a Genova. Inoltre, la sostituzione del capo della polizia aprirebbe una partita più ampia, che comprende anche i vertici dei carabinieri e dei Servizi segreti e, al momento, il governo non sembra pronto a giocarla.
Insomma, fermi restando i malumori per quello che in questa settimana di passione non ha funzionato, Scajola sarebbe schierato col partito delle «colombe» - anch’esso trasversale a Forza Italia e nel resto della maggioranza - che preferisce al momento lasciare le cose come stanno.
Se la stanza del ministro ieri è rimasta vuota, quelle nell’altro corridoio del secondo piano del Viminale, dove lavorano De Gennaro e il suo staff, erano piene come ogni altro giorno della settimana. Il capo della polizia firmava carte e impartiva disposizioni e a chi gli riportava le voci di una sua lettera di dimissioni respinta o «congelata» dal ministro ribadiva la posizione espressa nell’intervista televisiva: «Non ho mai ravvisato i motivi» per lasciare l’incarico. Finora non ne ha ravvisati nemmeno per rimuovere funzionari come il direttore dell'Ucigos, l’organismo che si occupa di prevenzione e terrorismo, La Barbera, o dello Sco, il Servizio centrale operativo, Gratteri, che hanno partecipato alla sanguinosa irruzione nella sede del Genoa Social Forum. Sono due persone di fiducia di De Gennaro, che con lui hanno condiviso anni di lavoro sul fronte della lotta alla mafia ed è difficile immaginare che «il capo» decida di scaricarli facendone dei capri espiatori.
Il tentativo del prefetto è un altro: individuare i singoli responsabili delle violenze, fermo restando che nessuno dei vertici di polizia che si trovavano a Genova - dal vicecapo Andreassi a La Barbera, dal questore di Genova Colucci e Gratteri - ha dato l’ordine di pestaggi indiscriminati o di vendette contro i manifestanti. Anzi, quello che era stato detto e scritto nei manuali, distribuiti agli agenti spediti in piazza, era l’esatto contrario. Ora si tratta di vedere come le indicazioni iniziali sono state tradotte nella pratica e chi, e a quali livelli, eventualmente ha sbagliato.
Ma il tempo a disposizione è poco. La politica ha bisogno di risposte rapide, oltre che convincenti e anche la battaglia tra maggioranza e opposizione incide su ciò che è avvenuto e avverrà nel Palazzo del Viminale. L’insistenza con la quale dal centrosinistra vengono rilanciate le accuse al ministro dell’Interno rischia di produrre l’unico effetto concreto di rimuovere o indebolire un gruppo dirigente della polizia che - come Berlusconi ricorda a ogni occasione - proprio quella parte politica ha insediato e apprezzato nelle stanze dei bottoni.
Per tutti questi motivi gli ispettori inviati da De Gennaro hanno il compito di concludere al più presto la loro missione, individuando responsabilità il più possibile precise e definitive. Poi la magistratura farà il resto, ma adesso è la stessa polizia che deve dare il segnale di poter intervenire al suo interno in maniera efficace. Già domani il capo della polizia potrebbe ricevere le relazioni e trasmetterle al ministro. E’ la carta più importante rimasta in mano a De Gennaro per salvare non tanto la sua poltrona, ma un lavoro cominciato nel giugno dell’anno scorso e che naturalmente non riguardava solo Genova e il G8. Forse l’ultima.
Lo sa lui e lo sa Scajola. Ora non c’è più il problema di fingere che il vertice degli Otto Grandi sia andato bene, per cui nulla si poteva toccare senza un’ammissione di sconfitta da parte del governo Berlusconi; l’immagine di quella riunione internazionale è stata travolta dagli incidenti e chi vuole cavalcare l’insuccesso per regolare vecchi conti o aprirne di nuovi sul futuro dell’ordine pubblico e della guida delle forze di polizia potrebbe tornare alla carica con buone speranze di vittoria. Molto dipende da quelle risposte e da quanto il ministro dell’Interno se ne potrà dire soddisfatto.
Giovanni Bianconi