Corriere della sera 2 agosto 2001
LA
RICOSTRUZIONE / Il sopralluogo del giornalista alla Diaz con i pm. «Ero rannicchiato lì,
loro colpivano: erano carabinieri». Oggi sarà espulso
Linglese ferito
torna nella scuola: ecco dove mi picchiarono
- DAI NOSTRI INVIATI
GENOVA - Più che un uomo di 33 anni sembra un bambino davanti allidea di chissà
quale punizione. Look, he is trembling , «guarda, sta tremando», dice sua sorella
al console britannico, Alan Reuter.
Trema Mark William Covell. Batte i denti visibilmente quando scende dalla macchina davanti
alla scuola Armando Diaz, in via Cesare Battisti, ledificio che durante il G8 fece
da sede al Genova Social Forum. Lui era lì la notte dellormai famosa perquisizione,
come reporter di un network online inglese. Ne ha prese così tante da rimediare un
buco in un polmone, qualche dente in meno, alcune costole malconce e lividi a volontà. E
«adesso, voi non potete capire che effetto mi fa tornarci», dice.
Adesso: cioè ieri mattina, ore 10.30. I pubblici ministeri Monica Parentini e Patrizia
Petruzziello cominciano un sopralluogo alla Diaz. Tutto ruota attorno al racconto di Mark
che, per la prima volta dalla sera del 21 luglio, mette piede fuori dallospedale San
Martino. Si filma ogni scena. Cè il medico legale, linterprete, il console,
gli avvocati. Tutti ad ascoltare quel ragazzo che a tratti si interrompe perché gli trema
la voce: «Scusatemi. Sono molto emozionato», si giustifica. E riprende il filo del
racconto: «Ero qui. Ecco, proprio qui. Ero per terra rannicchiato. E loro picchiavano,
picchiavano». «Loro», secondo la sua ricostruzione, erano carabinieri. Mark spiega che
la scritta «carabinieri» sullo scudo è una delle ultime cose che ha visto prima di
chiudere gli occhi e fingersi morto. Racconta ai pm che una manganellata sulla testa gli
ha fatto sbattere per terra la faccia già pesta al punto da frantumargli più di un
dente, e i periti cercano frammenti dei suoi denti e tracce del suo sangue fra le crepe
del marciapiede.
Mentre risponde alle domande dei magistrati, Mark arrotola di continuo tre fogli
dattiloscritti: è il decreto despulsione che la polizia gli ha notificato la sera
prima, in ospedale: «Quando ho visto i due agenti entrare nella stanza ho pensato
"ecco, sono tornati a picchiarmi di nuovo". Invece mi hanno consegnato i fogli e
hanno insistito perché firmassi. Ma io non lho fatto e loro li hanno lasciati lì e
sono andati via». Cè scritto, su quei fogli, che Mark deve andarsene dallItalia,
immediatamente, perché è «persona ritenuta far parte dei gruppi di manifestanti che
durante il vertice si sono abbandonati ad atti di devastazione e saccheggio causando una
grave minaccia per lordine e la sicurezza pubblica». E cè scritto anche di
che cosa è accusato: associazione per delinquere finalizzata alla devastazione e al
saccheggio, oltre a resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Accuse che la sera del 21
gli costarono larresto, non convalidato poi dal gip. Al momento, dunque, il
giornalista inglese è indagato a piede libero.
Al più tardi entro stasera Mark sarà a casa, in Inghilterra. «Mi sentirò più al
sicuro - spiega - e cercherò di dormire un po di più perché qui, anche se sono
sempre stato in ospedale, avevo il terrore che una notte o laltra venisse qualcuno
in divisa a farmela pagare per essere sopravvissuto».
Mentre lui rivive davanti ai magistrati i minuti che ha creduto gli ultimi della sua vita,
al palazzo di Giustizia, dallaltra parte della città, il procuratore Francesco
Meloni raccoglie una nuova testimonianza sulla notte alla Diaz: mette a verbale, cioè, il
racconto del questore di Genova, Francesco Colucci, appena informato del fatto che gli
ispettori hanno chiesto la sua rimozione. «Per non aver nominato un responsabile della
perquisizione», hanno scritto sul rapporto.
Per i sostituti procuratori che si stanno occupando delle inchieste legate al G8 ieri è
stata unaltra giornata campale. Gli interrogatori sono proseguiti per tutto il
giorno e, fra gli altri, è stato ascoltato Alfonso Sabella, direttore del dipartimento
amministrativo penitenziario a cui fa capo la caserma di Bolzaneto, altro nome legato a
storie di pestaggi e violenze gratuite: quelle raccontate nelle denunce di decine di
ragazzi portati negli stanzoni della caserma dopo il blitz alla scuola Diaz. Sabella ha
difeso gli uomini che la notte fra il 21 e il 22 erano in servizio a Bolzaneto: «Il Gom
della Polizia Penitenziaria non è una squadra di picchiatori», ha fatto mettere a
verbale.
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Giusi
Fasano Fabrizio Gatti |
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