Corriere della sera 26 luglio 2001
IL
RITRATTO
Gli amici: Titti? Uno che
non sapeva scegliere
- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
GENOVA - Aveva dentro tenerezza e furore. Carletto era così, e non potevi farci
niente, dice chi lo conosceva bene. Viaggiava tra due estremi, cercando di comprimere
quella rabbia, che venerdì lha portato in piazza Alimonda con un estintore sopra la
testa, cercando di fare del male a un altro ragazzo come lui.
Però Carlo Giuliani era anche altro: era un ragazzo di 23 anni che stava cercando neppure
lui sapeva bene cosa. «È una porcheria dire che aveva scelto la violenza», racconta il
suo amico Pier Ugo. «In realtà, non sapeva scegliere, non sapeva cosa fare di sé e
della sua vita, non decideva. Anche per questo lo chiamavano Carletto, perché si vedeva
che non era forte dentro».
Non aveva bandiere, dicono tutti, e «non provate a mettergliene una addosso». Lobiezione
di coscienza da buon pacifista e i precedenti penali per porto di coltello, resistenza e
oltraggio. La politica abbandonata dopo tre mesi di militanza nei giovani comunisti, e la
passione per i testi «duri» delle canzoni di Public enemy e Assalti frontali. I periodi
vissuti senza un tetto per dormire, e il milione al mese di affitto della sua ultima casa
al quartiere Righi. I giorni della tossicodipendenza e delladdio alla famiglia e
quelli dellamore paterno per una bimba non sua.
Nella vita di Carlo Giuliani ci sono storie di vita dura e gesti di affetto fatti con
spirito da bambino. È una Spoon River al contrario quella che fanno i suoi amici davanti
al cimitero di Staglieno. I vivi che raccontano un morto, e così facendo dicono anche del
loro stupore, perché - giura Pier Ugo - «Carletto era lultima persona che mi sarei
aspettato di vedere morire mentre cerca di ammazzare qualcuno». Pino Zumbo ha capito che
il suo amico era morto quando ha visto lala dello pterodattilo che si era tatuato
sulla schiena spuntare dalla canottiera. Il «bambino», che era andato nella capitale per
la festa-scudetto della sua Roma e gli aveva regalato la bandiera giallorossa, era morto.
Zumbo è il referente per la Liguria dellAnlaids, lassociazione per la lotta
contro lAids della quale Carlo Giuliani era volontario da due settimane. «Ero
rimasto colpito, quando me lo aveva chiesto», dice Zumbo. Ancora segni diversi. Un
ragazzo di 23 anni che chiede di fare il volontario anti-Aids mentre il suo corpo è
ancora sotto metadone, cercando di dimenticare i suoi trascorsi di droga, cocaina da
strada iniettata in vena.
Stava bene, Carlo. Nella sua vita era arrivata una bimba di 17 mesi con nome da fata,
Morgana. La figlia di Andrea, il suo amico che adesso lo ricorda con gli occhi bassi:
«Abitava con lui, perché Carlo aveva preso in casa sua madre, ci siamo separati da
qualche mese. Lui si era affezionato alla bambina. Quando andavo a trovarla mi faceva
togliere sempre le scarpe, prima di entrare in camera sua. "Non voglio che respiri
germi", mi diceva». Dieci giorni fa Carlo Giuliani aveva pronunciato per la prima
volta quella parola per lui così difficile, felicità. «Mi aveva telefonato per dirmi
che era tornato a casa e Morgana gli era corsa incontro, chiamandolo "Cao".
Avessi trovato un milione per terra - mi aveva detto - non sarei stato così felice».
Pino ha occhiali neri che coprono le lacrime: «È morto nella piazza in cui ogni giorno -
per diciotto mesi - era passato per andare ad Amnesty International a fare lobiettore
di coscienza. Lo chiamavamo "Titti", come il canarino dei cartoni animati, per
quella sua aria spaurita». Carmelo è lamico dei giorni difficili di Carlo, quello
che non lha mai abbandonato. «Lui aveva deciso di vivere a modo suo, ma non era un
violento, e aveva un suo senso dellonore e della giustizia. Secondo me non aveva mai
fatto casino in corteo prima di venerdì. Si vede che era destino».
Il destino gli ha lasciato lultimo ricordo di Carlo incastrato nel suo cellulare
Startac. Mancano pochi minuti alle 16, a Genova si sta per scatenare linferno di
venerdì. Carlo Giuliani, 23 anni, detto «Carletto» e «Titti», vede i carabinieri
schierati, prende il suo telefonino e manda un Sms a Carmelo, che deve essere lì, da
qualche parte: «Che ansia ti fa? Chiamami che ti aspetto». Poi entra nella battaglia, ad
aspettarlo in piazza Alimondi ci sono una camionetta dei carabinieri, un estintore per
terra, e il suo destino.
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Marco
Imarisio |
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