Ricerca
della verità e scontro tra i partiti
I LACRIMOGENI DELLA
POLITICA
di SERGIO ROMANO
- Lopposizione chiede unindagine conoscitiva sulle «repressioni poliziesche»
di Genova e sulle responsabilità del ministro dellInterno. La maggioranza
approfitta della sua forza per saldare qualche vecchio conto: vuole la commissione dinchiesta
sullacquisto delle azioni di Telekom Serbia, ripropone quella su Tangentopoli,
vorrebbe una commissione sul dossier Mitrokhin (lagente del Kgb passato in
Occidente). Tutti dichiarano di volere la verità e ogni schieramento pretende la propria
commissione o la propria indagine conoscitiva. Ma lesperienza degli ultimi trentanni
dimostra che commissioni e indagini sono diventate nel Parlamento italiano strumenti di
lotta e talvolta terreno dintesa su cui barattare reciproci favori. La loro
composizione riflette il rapporto di forza tra i diversi gruppi parlamentari. Il loro
presidente non è sempre un arbitro imparziale, come in altri sistemi politici, ma spesso
il rappresentante della maggioranza. Le conclusioni dei loro lavori riflettono le
posizioni iniziali degli schieramenti e sono quindi scontate. Non terminano con la
proclamazione della verità, ma generalmente con due verità contrapposte. La minoranza
non riesce a prevalere, ma scrive la propria relazione e si serve dei lavori per dare
maggiore visibilità alle proprie idee. E questo gioco inconcludente lascia in molti
italiani, alla fine, un sentimento di incredulità e di sfiducia. Nel caso dellindagine
conoscitiva sui fatti di Genova esiste un altro rischio. Per trarsi dallimbarazzo in
cui si sono cacciati con le loro ambigue posizioni degli scorsi giorni, i Ds e alcuni loro
alleati hanno deciso di interpretare certi episodi oggettivamente inquietanti di Genova
(le perquisizioni, gli arresti, i maltrattamenti) come espressione di un governo
autoritario, poliziesco, indifferente alla tutela dei diritti umani e capace perfino di
«rappresaglie cilene», secondo la sorprendente definizione di DAlema.
Vogliono processare il ministro degli Interni e il governo, ma mettono sul banco degli
accusati, in tal modo, le forze di polizia. E trasmettono al Paese la sensazione che fra i
due comportamenti - quello dei manifestanti in cerca dincidenti e quello della
polizia - il secondo sia più grave del primo. Non è vero. Gli eccessi della polizia, se
saranno accertati, sono i riprovevoli errori di un corpo che difende lautorità e la
dignità dello Stato, lordine pubblico e lincolumità dei cittadini. I
responsabili devono essere individuati e puniti. Ma processare un intero corpo di fronte
al Paese e intaccarne lautorità mi sembra, per forze politiche che hanno governato
lItalia sino a pochi mesi fa, una singolare manifestazione di incoerenza e di
leggerezza politica.
Non è tutto. Il ricorso a unindagine conoscitiva in Parlamento diffonde la
convinzione che lItalia viva in stato di continua emergenza e non abbia istituzioni
ordinarie e credibili, capaci di indagare, accertare i fatti, attribuire responsabilità.
Il ministero dellInterno ha lobbligo di aprire unindagine sul
comportamento dei suoi uomini e di comunicarne i risultati al Parlamento e al Paese. I
magistrati hanno lobbligo di aprire azioni giudiziarie e di celebrare processi. E il
governo infine ha lobbligo di fornire la propria versione, di accettare il
contraddittorio della opposizione, di provare al Paese che gli errori di Genova sono stati
capiti e non verranno ripetuti. Per agire in questo senso Berlusconi può ispirarsi al
modello inglese della Royal Commission: una commissione anchessa, ma composta da
tecnici, magistrati a riposo e personalità eminenti della vita pubblica, a cui viene
chiesto di accertare i fatti e soprattutto di proporre rimedi. Toccherà poi al Parlamento
discutere il suo rapporto e decidere quali proposte meritino di essere adottate. Ma il
sistema presenta un notevole vantaggio. Anziché offrire al Paese due verità politiche,
come nel caso delle commissioni parlamentari, gli offre una verità per quanto possibile
tecnica e neutrale. Non è poco.
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