Manifesto 27 luglio 2001

"Picchiavano e ho firmato"
CINZIA GUBBINI - ROMA

Said, nome di fantasia, è un marocchino che vive a Brescia. Ha un permesso di soggiorno dal 1996, lavora in un' azienda idraulica abbastanza conosciuta in città. Lui, poi, lo conoscono in molti. Fa politica attivamente, gira spesso in centro. A Genova gli sono capitate cose gravissime, sembra quasi che la polizia si sia approfittata di lui più che degli altri (per quanto possibile) proprio perché immigrato.
Said è stato preso vicino a Corso Italia durante la manifestazione del 21, "Io camminavo tranquillo - racconta - mi hanno preso, mi hanno sbattuto in terra, mi hanno dato botte e calci dappertutto". Said viene ammanettato con le mani dietro la schiena - ha ancorala mano destra dolorante - viene fatto salire su un furgoncino. Non sa in quale caserma sia stato portato, si ricorda soltanto che c'era un grande parcheggio. "Sono pieno di sangue, mi hanno picchiato con i manganelli". Qui lo costringono a firmare un verbale "Io non lo volevo firmare, non volevo c'erano scritte cose false - dice Said - ma mi hanno riempito di botte, con i manganelli, avevo paura che se non firmavo mi avrebbero ammazzato. Mi hanno anche puntato una pistola alla tempia, lì per lì non sapevo che fare". Sul verbale c'è scritto che Saidsarebbe stato fermato mentre, con un cacciavite giallo e nero, cercava di danneggiare le ruote di un autoblindo della Guardia di finanza, e che mentre gli agenti lo portavano via avrebbe cercato di dimenarsi. Tra le altre cose sequestrate ci sarebbero un'agendina e "documenti inerenti il G8" (volantini?). "Io quel cacciavite non l'ho mai visto", racconta ora Said.
Dopo aver firmato il verbale, Said viene portato in un'altra caserma che sembrerebbe essere proprio quella di Bolzaneto. Un ragazzo italiano, anche lui rinchiuso lì, ci aveva detto di aver visto un marocchino con la faccia completamente tumefatta, probabilmente si tratta proprio di Said. "Dovevo sempre tenere la testa bassa, credo che i poliziotti fossero una decina, ma non ne sono sicuro. Mi hanno detto "Marocchino di merda, torna la tuo paese", hanno insultato la mia famiglia. Hanno anche cercato di spruzzarmi un gas negli occhi". Nella caserma, rinchiuso in una stanza con la faccia al muro, Said era insieme ad altri otto stranieri - europei - e una manciata di italiani. Anche lui è stato portato nel carcere di Alessandria, da dove è uscito martedì pomeriggio.
Il giudice ha convalidato l'arresto - d'altronde c'è un verbale firmato - ma senza custodia cautelare visto che Said "ha un regolare permesso di soggiorno e lavorastabilmente", come si legge nella sentenza, e quindi non dovrebbe scappare o inquinare "le prove". "Io ho detto al giudice "Controlla le impronte sul cacciavite, non ci sono". Ma non lo so come andrà...".