La Stampa
«Il governo teme l’autunno caldo? Noi ci proveremo»
Martedì 7 Agosto 2001

PIERO BERNOCCHI, PORTAVOCE DEI COBAS DELLA SCUOLA ED ESPONENTE DEL GSF: «TENTEREMO DI SALDARE I DIVERSI MOVIMENTI»

ROMA
UN autunno di battaglia, con in piazza le robuste e sperimentate forze del mondo del lavoro insieme alle giovani energie del movimento antiglobal. Qualcuno paventa questa prospettiva; perché questo accada si darà da fare Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas della scuola, esponente del Genoa Social Forum, dal ‘77 impegnato nel movimento antagonista. «Questo movimento - spiega - deve mettere le gambe per terra, nei conflitti reali. Contrastare il liberismo vuol dire opporsi alla privatizzazione della scuola e della sanità, battersi per salari giusti, contro i tagli allo Stato sociale».
Ma questa saldatura tra forze così eterogenee è possibile?
«Io mi auguro di sì. Questo movimento per adesso si è sperimentato nelle manifestazioni contro gli organismi transnazionali, ma penso che in autunno non potrà non sostenere lotte - come nel caso della scuola - contro la privatizzazione e l’aziendalizzazione, contro la filosofia che vede l’istruzione una merce come le altre».
Nel governo c’è chi teme nuovi scontri.
«Tutto questo fa parte del conflitto sociale, non capisco di che si meraviglino. Il governo Berlusconi è un governo dichiaratemente liberista, di assalto alle conquiste sociali che in buona parte sono già state intaccate dal centrosinistra. Il movimento è andato a Genova in maniera pacifica, anche esagerando, presentandosi senza servizi d’ordine. Noi non eravamo d’accordo: quando manifestano decine di migliaia di persone sono necessarie elementari misure di difesa, a maggior ragione di fronte a forze dell’ordine che hanno agito come forze del disordine. Presentarsi come agnelli sacrificali non ha tutelato né dalla clamorosa violenza poliziesca né dalle infiltrazioni di chi voleva snaturare i cortei. I black bloc si sono comportati più o meno come in altre occasioni: solo che le forze dell’ordine hanno consentito loro di fare quello che volevano. È disastroso che ci siano migliaia di ragazzi che pensano che questa sia lotta politica, ma era già successo: altre volte gli effetti erano stati minimizzati, a Genova sono stati ingigantiti. E siamo stati caricati noi, invece».
Il movimento antiglobal non ha una leadership organizzata, e tantomeno un programma di ampio respiro. È d’accordo?
«Il GSF è nato sotto la spinta di tante realtà (Arci, Cobas, Lilliput, e molti altri) che hanno trovato una convergenza su una piattaforma generica di critica a certi aspetti della ristrutturazione liberista. Passare da questo a una piattaforma puntuale di contestazione e a un’organizzazione della lotta è un bel salto. Tuttavia questi primi passi hanno messo in moto tante persone, che non sono la semplice somma dei militanti delle organizzazioni. Ci sono tanti giovanissimi, e tanti altri che sono stati attirati da questa speranza. Cosa accadrà è difficile dirlo. Quanti studenti in piazza a Genova si batteranno con noi Cobas a settembre contro le proposte del ministro Moratti? A settembre nasceranno in molte città Forum locali: noi vogliamo che si discuta anche di questo, oltre che delle manifestazioni. Qui si vedrà se questo movimento ha le gambe per camminare».
L’impressione è che i partiti della sinistra (Prc compreso) e le forze organizzate siano un po’ a disagio. È così?
«Penso che la grande maggioranza di chi ha partecipato alle iniziative non è soddisfatta di nessuna delle organizzazioni esistenti, e vorrebbe qualcosa di più ricco e diverso. Questo spiega il successo del modello del GSF».
E con il centrosinistra, che rapporti possono nascere?
«Io registro: Violante e Cossutta hanno accusato il GSF di ogni nequizia. Ai Ds, noi Cobas avevamo detto che non potevano venire in testa al corteo genovese. Un partito che aveva organizzato il G8, gestito polizia e carabinieri che al vertice Ocse di Napoli avevano anticipato Genova, con i pestaggi nelle piazze e nelle caserme... Vero è che la base diessina, invece, dà un giudizio molto positivo di questo movimento. Io sono per mantenere una distinzione netta con chi il liberismo l’ha voluto, gestito, e ha aperto la strada a Berlusconi. Ora i Ds devono dire da che parte stanno».