La Repubblica 25 luglio 2001 Salvi (Anm) "Contro il Gsf metodi sbrigativi" "Non criminalizzare i border line" CLAUDIA FUSANI ROMA - «L'esonero del sostituto Francesco Pinto dall'incarico di coordinatore del pool G8 di Genova da parte del titolare del suo ufficio è un segnale preoccupante. Risente di un clima in cui non si perde occasione per aggredire i magistrati che intendono fare il loro lavoro, cioè garantire le libertà e i diritti di tutti i cittadini». Il pm Giovanni Salvi parla in qualità di vicepresidente dell'Associazione nazionale magistrati e difende il collega Pinto colpevole, secondo il procuratore di Genova Meloni, «di aver espresso giudizi di merito sull'operato della polizia alla sede del Gsf». Perché il procuratore Meloni ha deciso per l'esonero? «Credo abbia risentito di questo clima di insofferenza che si è già manifestato nei giorni scorsi quando la procura di Genova ha indagato per omicidio volontario i due carabinieri in seguito alla morte di Carlo Giuliani. Un clima per cui bisogna stare zitti e non criticare». A cosa si riferisce? «Ad esempio al senatore Francesco Cossiga quando ha definito "irresponsabile" la decisione della procura di Genova. Il pm è custode delle libertà di tutti anche quando è chiamato alle convalide degli arresti o al coordinamento delle indagini della polizia giudiziaria». Sta insistendo molto sul punto delle garanzie. «Questo clima determina una pressione sui magistrati che invece devono essere tutelati perché da loro dipende il controllo su tutto ciò che incide sulla libertà dei cittadini. A proposito di garanzie vorrei aggiungere anche questo: non esiste una responsabilità collettiva per i reati associativi, esiste una responsabilità personale che va provata caso per caso. Questo è il grande valore di civiltà del controllo giurisdizionale sull'attività della polizia». Un giudizio sulla gestione dell'ordine pubblico a Genova. «Per quello che riguarda le forze dell'ordine in campo occorre rilevare che sono state oggetto di attacchi violenti e non è sempre facile reagire con la necessaria tempestività e calma. Più in generale mi sembra che sia emersa la scelta di metodi sbrigativi che però non funzionano mai per risolvere i conflitti sociali. Il decisionismo in questo campo è controproducente visto che i cittadini non sono né sudditi né dipendenti». Ha la sensazione che la polizia stia cercando di svincolarsi un po' troppo dal coordinamento dell'autorità giudiziaria? «Da tempo c'è chi preme per un recupero del ruolo della polizia rispetto alla magistratura in nome di procedimenti più snelli e veloci. Occorre fare molta attenzione a non seguire certe tendenze corporative che possono trovare fondamento in una concezione autoritaria dello Stato insofferente ai controlli e alle garanzie». Crede che i fatti di Genova siano stati un messaggio politico per quello che riguarda la gestione della piazza e dell'ordine pubblico? «Non so se ci sia una scelta di tipo politico. Guai però a criminalizzare le fasce della piazza più border line». Altrimenti? «C'è il rischio concreto di spingere le fasce ancora incerte verso il contrasto radicale contro lo Stato. Di rendere possibile il passaggio dall'antagonismo alla lotta armata». Salvi (Anm) "Contro il Gsf metodi sbrigativi" "Non criminalizzare i border line" CLAUDIA FUSANI -------------------------------------------------------------------------------- ROMA - «L'esonero del sostituto Francesco Pinto dall'incarico di coordinatore del pool G8 di Genova da parte del titolare del suo ufficio è un segnale preoccupante. Risente di un clima in cui non si perde occasione per aggredire i magistrati che intendono fare il loro lavoro, cioè garantire le libertà e i diritti di tutti i cittadini». Il pm Giovanni Salvi parla in qualità di vicepresidente dell'Associazione nazionale magistrati e difende il collega Pinto colpevole, secondo il procuratore di Genova Meloni, «di aver espresso giudizi di merito sull'operato della polizia alla sede del Gsf». Perché il procuratore Meloni ha deciso per l'esonero? «Credo abbia risentito di questo clima di insofferenza che si è già manifestato nei giorni scorsi quando la procura di Genova ha indagato per omicidio volontario i due carabinieri in seguito alla morte di Carlo Giuliani. Un clima per cui bisogna stare zitti e non criticare». A cosa si riferisce? «Ad esempio al senatore Francesco Cossiga quando ha definito "irresponsabile" la decisione della procura di Genova. Il pm è custode delle libertà di tutti anche quando è chiamato alle convalide degli arresti o al coordinamento delle indagini della polizia giudiziaria». Sta insistendo molto sul punto delle garanzie. «Questo clima determina una pressione sui magistrati che invece devono essere tutelati perché da loro dipende il controllo su tutto ciò che incide sulla libertà dei cittadini. A proposito di garanzie vorrei aggiungere anche questo: non esiste una responsabilità collettiva per i reati associativi, esiste una responsabilità personale che va provata caso per caso. Questo è il grande valore di civiltà del controllo giurisdizionale sull'attività della polizia». Un giudizio sulla gestione dell'ordine pubblico a Genova. «Per quello che riguarda le forze dell'ordine in campo occorre rilevare che sono state oggetto di attacchi violenti e non è sempre facile reagire con la necessaria tempestività e calma. Più in generale mi sembra che sia emersa la scelta di metodi sbrigativi che però non funzionano mai per risolvere i conflitti sociali. Il decisionismo in questo campo è controproducente visto che i cittadini non sono né sudditi né dipendenti». Ha la sensazione che la polizia stia cercando di svincolarsi un po' troppo dal coordinamento dell'autorità giudiziaria? «Da tempo c'è chi preme per un recupero del ruolo della polizia rispetto alla magistratura in nome di procedimenti più snelli e veloci. Occorre fare molta attenzione a non seguire certe tendenze corporative che possono trovare fondamento in una concezione autoritaria dello Stato insofferente ai controlli e alle garanzie». Crede che i fatti di Genova siano stati un messaggio politico per quello che riguarda la gestione della piazza e dell'ordine pubblico? «Non so se ci sia una scelta di tipo politico. Guai però a criminalizzare le fasce della piazza più border line». Altrimenti? «C'è il rischio concreto di spingere le fasce ancora incerte verso il contrasto radicale contro lo Stato. Di rendere possibile il passaggio dall'antagonismo alla lotta armata». |