La Repubblica 31 luglio 2001

"Mi hanno preso per i capelli
e scaraventato per le scale"

Il racconto di una studentessa ferita. Un medico: "Sembrava fosse scoppiata una bomba"

MASSIMO CALANDRI


GENOVA - Tre ore di interrogatorio «secretato» che il procuratore Francesco Lalla ha affidato al collega Silvio Franz: in ballo c'è la sola testimonianza «super partes» del famigerato blitz alla scuola Diaz. Un racconto interamente registrato su di un Cd: la «vera» irruzione del VII Reparto Mobile attraverso i referti medici di quella notte maledetta. Paolo Cremonesi, primario dell'ospedale di Voltri, è l'uomo che ha coordinato i soccorsi nell'istituto scolastico di via Cesare Battisti, medicando i giovani rimasti feriti nel corso dell'operazione di polizia. «Lavoravamo come in un ospedale da campo al termine di una battaglia, sembrava che fosse esplosa una bomba. Ad un certo punto abbiamo finito la scorta di stecche ed abbiamo improvvisato, usando le copertine rigide dei libri della scuola per immobilizzare le ossa rotte».
Ma secondo Cremonesi, che ieri ha lasciato il tribunale di Genova rifiutando qualsiasi commento, la maggior parte delle persone potrebbe essersi ferita nelle ore precedenti, durante gli scontri di piazza: le persone da lui medicate per le percosse nella scuola pare non fossero più di una ventina. La Procura ha acquisito un articolo di Repubblica in cui si racconta che nei giorni dei disordini la Diaz era stata trasformata in una sorta di pronto soccorso del Genoa social forum.
La notte dell'istituto scolastico in via Cesare Battisti la raccontano anche alcuni dei ragazzi arrestati, in quei verbali che sono stati stralciati dai Gip ed inviati a Lalla perché si faccia luce sulle presunte violenze. Eccone alcuni passi. Lens Z., 24 anni di Amburgo (Germania), studentessa universitaria: «...Il sabato sera siamo andati per dormire nella scuola, siamo entrati circa tre minuti prima che arrivasse la polizia. Eravamo in due (io e il mio ragazzo, il mio ragazzo il giorno stesso aveva fatto ricorso alle cure mediche), ci siamo nascosti in un piccolo vano al quinto piano. Saranno passati tre minuti, poi si è aperta la porta, sono arrivati dieci o quindici poliziotti, ci hanno tirato fuori e hanno cominciato a colpirci con lo sfollagente. (...) Mi hanno preso per i capelli, io sono caduta, mi hanno dato un colpo nella nuca e a quel punto sono scivolata giù per le scale. Alla seconda rampa di scale mi ha preso un poliziotto, mi ha trascinato giù dalle scale, hanno continuato a picchiarmi in testa e sul lato destro della schiena. Sono arrivati dei poliziotti dal piano di sopra e ci hanno sputato in faccia».
Ana M., 26 anni di Saragozza (Spagna), assistente sociale: «Siamo tornati nella scuola Diaz verso le 23, ci siamo preparati per la notte - io ero al piano terra - ho visto tanta gente spaventata, penso perché avevano visto la polizia, perché certe persone erano già state picchiate dalla polizia durante la manifestazione. (...) I poliziotti avevano i caschi ed il viso coperto da un fazzoletto, altri avevano abiti civili ma soltanto i poliziotti col volto coperto ci hanno aggrediti. Usavano manganelli neri. Pensavo che la polizia non potesse picchiare le persone indiscriminatamente, ero tranquilla. Dopo qualcuno ha detto ‘basta', ed è iniziata la perquisizione».
José Luis S., nato 42 anni fa a Buenos Aires (Argentina), impiegato postale. «...I poliziotti sono entrati rompendo la porta, noi ci siamo seduti per terra con le mani alzate e abbiamo detto che eravamo pacifisti. (...) Ho messo la testa in mezzo alle gambe proteggendomi con le mani, e loro mi colpivano con il manganello. Ho cominciato a sanguinare, hanno continuato a picchiarmi. Avevo paura. Poi hanno controllato i miei zaini, rovesciando tutto: non ho più nulla di quegli oggetti».