Corriere della sera 5 agosto 2001
L’INTERVISTA / Il leader del Prc prende le distanze dal capo delle tute bianche. «I Ds dovevano chiedere le dimissioni di tutti»

Bertinotti sconfessa Casarini: la violenza non serve

ROMA - «Adesso basta», esplode il segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti. «Accusarci di complicità con i violenti di Genova è un’autentica menzogna e anche una mascalzonata. A dimostrarlo ci sono le dichiarazioni, gli atti e i comportamenti di Rifondazione: tutti improntati alla non violenza. Prima, durante e dopo il G8. Perfino Rutelli ci ha dato atto di avere usato parole "inequivocabili"». Bertinotti è un torrente in piena: «La strumentalizzazione dei nostri accusatori - aggiunge - mi sembra evidente, perché ora il dibattito è tutto sulla violenza e nessuno parla della cosa più importante: il movimento che si è visto al G8, un movimento mondiale contro la globalizzazione che molti vorrebbero mettere fuori gioco. A cominciare da quei sepolcri imbiancati dei Ds, che non avevano capito nulla del fenomeno e adesso, con dichiarazioni come quelle fatte da Violante, cercano di nascondere il loro fallimento. Così danno una mano a chi cerca di criminalizzare le forze politiche della sinistra alternativa che a Genova c’erano e dalla parte giusta. Ricordo solo che per mesi e mesi, a sinistra, Rifondazione si è trovata sola a puntare il dito contro la deriva neoliberista e le disuguaglianze che questa produceva. Invece a sentire i vertici della Quercia la globalizzazione sembrava inevitabile, quasi la quintessenza della modernità». Resta il fatto che a Genova le violenze dei manifestanti ci sono state e certe dichiarazioni del leader delle Tute bianche Luca Casarini sembrano quelle di un capo guerriglia .
«Intanto bisognerebbe evitare la confusione tra chi usa strumenti che colpiscono persone e cose e chi ricorre a forme di disubbidienza civile che si trovano perfino nella tradizione gandhiana. Chiarito questo, non ho alcun imbarazzo a dichiarare la mia radicale opposizione a ogni forma di violenza, comprese certe dichiarazioni. Anzi. Credo che sia giunto il momento per aprire un grande dibattito nel movimento e nella sinistra per espellere anche dal linguaggio, e quindi dal simbolico, parole che rappresentano un antico riflesso e provengono dalla tradizione militare».
Le responsabilità di Casarini ridotte a fatto linguistico?
«La contraddizione tra certe dichiarazioni e i fatti mi sembra evidente. A Genova, l’isolamento delle Tute nere dalla stragrande maggioranza delle Tute bianche e dal movimento antiglobalizzazione era sotto gli occhi di tutti. Piuttosto, bisognerebbe chiedersi perché le forze dell’ordine hanno lasciato che i Black bloc si muovessere con tanta libertà. Dietro certe accuse a Rifondazione e alle forze politiche presenti a Genova accanto ai dimostranti vedo chiaro il tentativo di isolare il movimento, di rompere qualsiasi rapporto tra la politica e il fronte anti-global».
Eppure il vicepresidente del Consiglio, al Senato, ha accennato a possibili collusioni tra Tute nere e «alcuni parlamentari» . L’allusione al suo partito sembrava evidente.
«Quello di Fini è stato un riflesso poliziesco. Il suo protagonismo dopo le violenze da regime di polizia verificatesi a Genova e ampiamente documentate dai media serviva a coprire le responsabilità di apparati dello Stato che come ha scritto l’ Economist hanno disonorato l’Italia. Ma il tentativo del numero 2 del governo è miseramente fallito. Perfino il ministro dell’Interno è stato costretto ad ammettere l’uso della violenza e a rimuovere tre dirigenti. Ma questo non risolve il problema. Sui fatti di Genova ci sono ancora troppe domande senza risposta».
Quali sarebbero queste domande?
«Che cosa è accaduto veramente. Perché quell’incursione alla scuola Diaz. Perché quei pestaggi che andavano perfino oltre la brutalità e lasciavano trasparire l’ideologia della violenza. Di fronte a fatti tanto gravi, in qualsiasi Paese democratico del mondo, un’opposizione degna di questo nome avrebbe preteso le dimissioni di tutti i responsabili: politici e amministrativi. A cominciare dal ministro dell’Interno e dal capo della polizia. Invece da noi la cosiddetta sinistra di governo si è accontentata di quella cosa da niente che è la commissione parlamentare d’indagine. E si è impiccata».
Ma l’atteggiamento che lei definisce morbido avrà pure una ragione.
«La prima spiegazione è che i Ds hanno cercato di coprire qualcuno, e le dichiarazioni più o meno esplicite di sostegno ai vertici della polizia e dei carabinieri da parte di dirigenti di quel partito rappresentano più d’un indizio. La seconda spiegazione, ma solo in ordine temporale, è che il vertice della Quercia ha voluto mostrare - in Italia e fuori - la sua vocazione al compromesso. Insomma, la sua "attitudine" al governo».
Quando dice «in Italia e fuori» allude forse agli Stati Uniti?
«Intanto stupisce che dalla ricostruzione sui fatti di Genova sia sparita la dimensione internazionale. Dei servizi di sicurezza inglesi, tedeschi e soprattutto americani che pure erano presenti al G8 non c’è traccia. Allora pongo una domanda politica: è proprio da escludere che a Genova operasse un organismo sovranazionale di polizia?».
E se l’accusassero di fantapolitica?
«Io faccio solo una domanda. Del tutto logica, visto che il mondo globalizzato è pieno di organismi sovranazionali, tipo Fmi e Banca mondiale, che gestiscono l’economia e la politica operando per funzioni. Al di fuori di qualsiasi controllo parlamentare
Felice Saulino