La Repubblica 29 luglio 2001 "No,
ci picchiavano senza pietà" L
e accuse di un testimone: stranieri costretti a firmare falsi verbali
Fabrizio Ferrazzi, un ex professore di filosofia di 51 anni arrestato venerdì a Genova
CLAUDIA FUSANI
ROMA - «La polizia penitenziaria, i reparti scelti dei Gom, indossavano i guanti
bianchi e ci rifornivano di acqua e sigarette? Sono miserabili menzogne. I signori in
grigioverde con lo stemma Gom ci costringevano in piedi per ore nei gabbioni con la fronte
al muro e ci ordinavano di gridare "viva la polizia penitenziaria". Avevano
guanti neri imbottiti e picchiavano con i manganelli in modo sapiente alle gambe e alle
reni per evitare di lasciare segni. Ma la cosa peggiore succedeva all'ufficio matricola,
l'ultimo passaggio prima del carcere: costringevano a firmare verbali con finte ammissioni
di responsabilità. E' successo a un ragazzino francese biondo accusato di tentato
omicidio. Lui si è rifiutato perché, senza traduzione, non capiva. Al grido "non
vuol firmare", lo hanno ributtato nel corridoi della palestra di Bolzaneto fra due
ali di agenti penitenziari che lo picchiavano». Dopo ore in piedi a gambe divaricate, il
giovane ha ceduto e ha firmato.
Quello che segue è il racconto di Fabrizio Ferrazzi, 51 anni, professore di filosofia da
qualche anno prestato alla campagna, arrivato a Genova la mattina di venerdì 20 luglio da
La Spezia con un amico per la manifestazione dei Cobas in piazza da Novi. Il punto x degli
incidenti di Genova, dove sono cominciati gli scontri, dove le prime squadre di black bloc
hanno cominciato la guerriglia durata 48 ore.
«Credo di essere stato uno dei primi arrestati, intorno a mezzogiorno. Sono stato
travolto da una carica perché volevo aiutare una signora, chiaramente una esaltata
religiosa, che camminava in mezzo al lancio dei lacrimogeni della polizia e alle pietre
degli anarchici ripetendo "Dio non vuole questo". Mi sono trovato davanti la
polizia, non sono scappato perché non aveva senso, ho alzato le braccia e mi hanno
travolto e bastonato».
«Sono una maschera di sangue, ho un taglio profondo sulla testa che solo il giorno dopo
mi cuciono con venti punti. Da qual momento un inferno di botte, insulti e violenza durato
fino al sabato pomeriggio quando arrivo nel carcere di Alessandria. In una cella. Posso
dire, finalmente».
Prima del lager di Bolzaneto c'è il purgatorio di una caserma della polizia stradale e
della Fiera del Levante, il fortinoquartier generale della polizia nei giorni di Genova.
«Dalle due alle nove di sera in piedi, sotto il sole, il sangue rappreso sulla faccia, la
voglia di svenire e la paura di farlo. All'inizio io, il ragazzino francese e uno di Roma,
poi una ventina di fermati. Ogni volta che si provava a dire qualcosa erano botte e
insulti del tipo "meglio essere in Cina così vi potevamo uccidere subito"».
Poi il lager di Bolzaneto. «Ci danno il benvenuto i signori in grigioverde col giubbotto
nero dei Gom, solito trattamento: ginocchia a terra, calci e manganello. I colleghi della
polizia ci mettono in fila fronte al muro e guai a chi si gira, soprattutto se sentiamo
qualcuno che si lamenta o piange. Il gioco era provocarci per vedere se si reagiva. Anche
il medico vede queste scene. La sua visita, quelle che il ministro nomina come prova del
nostro stato di salute, consiste in un'occhiata al volo e due pacche sulle spalle. Eppure
io continuavo a sanguinare dalla testa e tremavo».
L'elenco delle offese e delle violenze è lungo e prende allo stomaco. «Il medico di
Bolzaneto dice che i piercing venivano estratti con pinzette? Ho visto io un ragazzo
siciliano a cui veniva strappato via dal capezzolo. Non erano torture vere e proprie, non
ci hanno messo i chiodi sotto le unghie. Erano sottili violenze sistematiche: per me
gridare viva il Duce è una violenza più di un colpo di mangenallo».
«Tutti hanno picchiato a Bolzaneto, polizia e penitenziari. Ma la cosa più agghiacciante
è che si eccitavano nel farlo». Fabrizio Ferrazzi fino a lunedì sera, davanti al gip,
non ha saputo perché si trovava lì. «All'inizio mi accusano di aver lanciato una
molotov, poi mi hanno detto che avevano sbagliato foglio». Ora è libero, indagato per
resistenza a pubblico ufficiale. Ricorda volti e qualche nome. Promette che denuncerà
tutti. |