Manifesto 31 luglio 2001

Picchiatori senza volto
Il pm Lalla: "Avevano il casco, chissà chi erano". Resta vuota la stanza 37bis, quella delle denunce
E AUGUSTO BOSCHI - GENOVA

'una stanzetta, un ufficio più piccolo di quelli che si affacciano sul corridoio del nono piano e che ospitano i piemme della procura di Genova, eppure potrebbe svolgere un ruolo importante nelle inchieste aperte sulle violenze e sugli abusi inflitti dagli addetti all'ordine pubblico ai manifestanti arrestati in seguito agli incidenti alle manifestazioni del 20 e del 21 luglio. La stanza 37bis è infatti il punto di raccolta di tutto il materiale video e fotografico sui fatti di Genova. Qui, chi ha avuto la freddezza di filmare o fotografare i pestaggi e le violenze, può portare la sua testimonianza. Per ora negli scaffali c'è solo una videocassetta e il telefono sull'unica scrivania dell'ufficio è muto: "Solo un paio di chiamate", conferma il magistrato di turno, appoggiato su una pila di fascicoli: "Quanto a questi", dice indicandoli, "non hanno niente a che vedere con il G8. Mi porto avanti con il lavoro ordinario".
Non c'è niente di ordinario, però in quello che è successo alle scuole Diaz/Pertini, oggetto come noto di un'inchiesta specifica della magistratura affidata al procuratore aggiunto Francesco Lalla. Un'inchiesta in cui, finora, gli unici indagati sono i 93 arrestati nel blitz di quella notte. Il procuratore ieri ha ricevuto la visita del superispettore Giuseppe Micalizio, incaricato di indagare sulla sanguinosa perquisizione per conto del ministero degli interni. Una visita effettuata per verificare i dati raccolti attraverso le testimonianze di agenti e funzionari con quelli in possesso del magistrato e quindi mettere la parola fine alla relazione per consegnarla nelle mani del capo della polizia De Gennaro. Solo nei prossimi giorni, quando e se scatteranno i primi provvedimenti disciplinari, sapremo che risultati ha ottenuto il superispettore. Ma per quello che riguarda l'inchiesta della magistratura, l'accertamento delle responsabilità sembra piuttosto lontano. C'è la lista dei funzionari che coordinarono il blitz, tredici in tutto. C'è la lista dei settanta agenti di ps che parteciparono all'irruzione. Tutti verranno ascoltati presto, ma solo in qualità di testimoni. "C'è una difficoltà oggettiva", spiega il procuratore Lalla, "quasi tutti gli agenti che sono entrati alla Diaz avevano l'equipaggiamento completo, compreso il casco". Insomma, individuarli, dare nomi e cognomi alla gragnuola di colpi di manganello piovuti sugli occupanti della Diaz sarà molto difficile e la denuncia del gip sulle violenze nella scuola resta ancora una denuncia contro ignoti. I legali del Gsf, dal canto loro, chiederanno che venga effettuato un incidente probatorio alla scuola Diaz. Che cioè i magistrati visitino insieme con i ragazzi che erano presenti, la scuola dove è avvenuto il blitz per ricostruire gli eventi della notte tra il 21 e il 22 luglio. Anche in questo caso, però, potrebbero sorgere delle difficoltà legate al fatto che gli ospiti stranieri della Diaz, almeno quelli che non si trovano ricoverati in ospedale, sono stati reimpatriati con provvedimento d'urgenza e con il divieto di entrare in Italia per i prossimi ciqnue anni. E proprio su questi provvedimenti di espulsione varrebbe la pena soffermarsi per capire le dimensioni del black out che lo stato di diritto ha sofferto in quei giorni. Secondo l'articolo 13 del decreto legislativo 286 del 1998, si può rispedire una persona al suo paese ma solo se si tratta di un extracomunitario e se ci sono gravi problemi di ordine pubblico. Eppure sono stati portati al confine c
ittadini dell'Ue ai quali non era stato nemmeno convalidato il fermo e che, in spregio al trattato di Schengen, non potranno varcare il confine per un lustro. Poi: l'ordine dovrebbe venire dal ministro, ma a Genova è bastato il prefetto. E nel dubbio, si è agito sempre in sfavore delle persone, come nel caso di una ragazza dalla doppia cittadinanza italo-svizzera che è stata accompagnata a Chiasso e che, pur vivendo in Italia, non potrà rientrare che tra cinque anni.
Si va invece delineando la situazione degli "scomparsi". Molti desaparecidos erano tali solo per lo stato di enorme confusione nella quale si sono svolti gli arresti. Molti di loro, dopo essere stati fermati e avere avvertito il centro legale del Gsf, sono stati rilasciati subito dai piemme senza che però nessuno avvertisse i legali del rilascio. A tutt'oggi non ci sono ancora dati certi sulle persone che mancano all'appello, ma cominciano ad arrivare le telefonate di interi gruppi che confermano di essere tornati a casa. Non sono tornate a casa, invece, le cinque persone ancora ricoverate all'ospedale San Martino di Genova. Oltre al giornalista britannico Mark Covell, nelle corsie si trovano ancora un ragazzo con un polmone perforato e due pazienti in neurochirurgia di cui uno con una vistosa fasciatura alla testa, ricordo della riduzione di un ematoma cerebrale, e una ragazza con un osso del cranio fratturato.
Infine, sono stati rilasciati i due cittadini americani fermati l'altro giorno alla stazione Brignole e sospettati di far parte del Black bloc. Nei loro zaini sono stati trovati indumenti neri e pezzi di metallo, elementi che hanno insospettito i poliziotti. Si tratta di un giornalista di 26 anni e della sua compagna di 24 che ha spiegato la presenza dei pezzi di metallo con la sua attività di creattrice di monili di ferro. Il gip ha convalidato l'arresto ma li ha rimessi immediatamente in libertà. Con queste due nuove convalide il numero dei giovani accusati di far parte delle tute nere sale così a quarantasette.