La Stampa
Martedì 31 Luglio 2001

SPORTELLI E LEGALI ANTIGLOBAL ALL’OPERA PER SEPARARE I SEMPLICI SFOGHI DAI FATTI «PENALMENTE RILEVANTI». IMPEGNATA ANCHE «AMNESTY»
Gsf, sessanta casi per un esposto
Agnoletto: oggi con gli avvocati saremo più precisi

È vero: le denunce ancora non sono state formalizzate. Ma gli avvocati del Gsf stanno componendo un dossier, e uno che lavora con loro assicura che il plico, a metà pomeriggio di ieri, conteneva «almeno sessanta situazioni penalmente rilevanti». Tutte da girare alla magistratura di Genova quanto prima. Quanto, prima? Quando il lavoro di «scrematura» verrà portato a termine. «Domani (oggi, ndr.) o al massimo mercoledì mattina», fa sapere più tardi Vittorio Agnoletto, «diremo qualcosa di più preciso». Il problema, tiene a dire il portavoce del Social Forum, non è la scarsità ma l’abbondanza di documenti. Poi chiarisce: «Tutti i numeri che girano in questo momento sono prematuri perché stiamo mettendo insieme gli sforzi tra i vari legali di Genova - alcuni lavorano sui maltrattamenti, altri sui dispersi - e Roma, dove operano quelli di "Carta"». Occorre allora cercare qualche risposta, sia pure «provvisoria», allo sportello genovese: dove uno che lavora col pool legale del Social Forum chiede di non essere citato «perché anche stasera (ieri, ndr.) dobbiamo parlare, coordinarci, riflettere», poi risponde indirettamente a chi, come il procuratore aggiunto di Genova Francesco Lalla, osservava ancora in mattinata che «con le denunce generiche non si va lontano». Proprio perché vorremmo andare fino in fondo, spiega, preferiamo compilare un carteggio «organico» da portare sul tavolo dei magistrati che conducono le indagini.
In effetti, al numero telefonico aperto dal Forum (010-267312) è piovuta in queste ore una quantità di materiale così vasta da rendere necessaria una «selezione mirata». Alle 17 di ieri, racconta l’anonimo, erano arrivate più di cento testimonianze scritte e ventisette filmati. Di questi documenti, all’incirca sessanta erano stati già girati agli avvocati. I quali, coordinati da Lavinia Botto, hanno passato la giornata ad analizzarli, discuterli, decidere come utilizzarli.
Il punto è separare il dire e il fare, le proteste e gli sfoghi generici di tanti manifestanti da quelli che parlano di «botte, sputi, minacce»: e magari forniscono luoghi, ore, possibilmente descrizioni fisiche dei presunti aggressori. «È ovvio, non tutto il materiale ha una dignità penale» spiega Stefano Kovach, uno dei giovani che aiutano i legali nella raccolta dei dati. Perché una cosa è spedire una sequenza di foto a un sito Internet della protesta, oppure partecipare a uno dei forum con e-mail più o meno «arrabbiate» (è stato inondato, tra l’altro, anche il sito di www.lastampa.it). Altro è attrezzarsi per documentare un’accusa «che regga a una fase inquirente». Di certo, tutto il Gsf - e non solo il suo portavoce - vorrebbe agire «da movimento e non da partito»: cioè con un’azione il più possibile unitaria. E senza quella fretta che, dice Agnoletto, «ci farebbe fare un cattivo lavoro».
Per la verità, alla fase di raccolta e selezione stanno partecipando anche altri soggetti. C’è Amnesty international, perché una parte delle denunce (non si sa ancora quanto grande) viene da cittadini stranieri. E c’è il settimanale «Carta», che ha raccolto ieri almeno trecento documenti ma, confida Rosa Mordenti, «per ora riceviamo e cataloghiamo tutto». Anche loro, ricercando dati omogenei. Penalmente rilevanti. E soprattutto firmati da gente disposta a spendersi in eventuali processi. «Ci sono tantissime e-mail o lettere anonime, oppure testi coi quali chi scrive vuole solo sfogarsi. Ma c’è anche una fetta di racconti duri e circostanziati, scritti da persone che non hanno nessuna voglia di tirarsi indietro». Morale: anche da questo filone qualcosa potrà passare agli avvocati a Genova. Di sicuro, uno degli obiettivi è sincronizzare «sulla stessa velocità» le azioni della procura e degli sportelli-denuncia del Forum, che per ora hanno tempi diversi. Ma gli avvocati del Gsf non vogliono neanche che si corra troppo, «finendo per far solo confusione».
Chi ha meno problemi di tempi è «Antigone», l’associazione che si occupa dei diritti dei detenuti e a Roma contava già ieri trenta denunce. Coma mai? «Il nostro lavoro - dice Laura Astarita - è mettere tutto insieme per far conoscere abusi e diritti negati». Per questo, il gruppo diretto da Stefano Anastasia ha in mente di saltare il passaggio alla procura genovese e indirizzare «tutti gli atti d’accusa» alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Evidentemente, credono poco alla possibilità che l’inchiesta individui un colpevole o faccia risarcire un danneggiato. E molto all’eventualità che Strasburgo e Bruxelles riescano, «se non altro», a riaffermare principi che a Genova «sono stati buttati a mare».