Manifesto 26 luglio 2001 "Genova,
il Cile anni 70"
Giuristi e avvocati denunciano.
"Chiediamo le dimissioni di Scajola e un'inchiesta parlamentare"
TIZIANA BARRUCCI
"Quella notte, sotto il faro degli elicotteri, di fronte ai reparti
speciali schierati, tra le urla dei ragazzi, non si era più a Genova, né in Italia, ma
in un altro tempo e in un altro spazio, in un non-luogo di scomparsa di ogni regola e di
ogni garanzia. Si assisteva insomma al tentativo di sostituire all'ordinamento vigente un
nuovo stato di polizia". Fioccano da ogni parte le denunce di giuristi, esponenti
politici e associazioni contro le violenze delle forze di polizia a Genova. Lo stralcio
qui sopra è tratto da un appello siglato da avvocati penalisti e civilisti di Milano che
hanno raccolto l'invito del Gsf coprendo il ruolo di osservatori durante le
manifestazioni. In tre pagine denunciano il provvedimento dell procura di Genova che in
quei drammatici giorni ha sospeso il diritto ai colloqui tra i fermati e i loro difensori
per tutto il periodo di trattenimento in caserme o commissariati consentendo "alle
forze di polizia, che tanta violenza avevano già esercitato al momento degli arresti, di
mantenere un potere pieno e incontrollato su fermati o arrestati, impedendo ogni verifica
sulle loro condizioni fisiche ed ogni controllo circa ulteriori abusi e violenze".
Altro capitolo la mancata comunicazione ai familiari dell'avvenuto arresto o fermo,
informazione dovuta con immediatezza ai sensi dell'articolo 387 del codice di procedura
penale. Per non parlare della "mattanza" perpetrata nei locali delle scuole e
del fatto, "inconcepibile e inquietante, che la Procura della Repubblica di Genova,
che pure ha dichiarato di essere stata avvisata dell'inizio delle operazioni, non abbia
sentito il dovere di presenziare all'atto di indagine, abdicando di fatto al ruolo di
controllo del rispetto delle garanzie di libertà e dei più elementari principi di
civiltà giuridica".
Ancora più duro, se possibile, il documento firmato, tra gli altri, dall'avvocato Luigi
Saraceni e il giurista Luigi Ferrajoli. Per quest'ultimo i fatti di Genova, in particolare
la perquisizione avvenuta durante la notte nei locali delle due scuole rappresentano
"una sfida allo stato di diritto e alla democrazia e un banco di prova per la tenuta
democratica della giurisdizione. C'è da sperare -aggiunge - che la magistratura
intervenga non convalidando gli arresti di quella notte e la stessa perquisizione. Mai
come ora bisogna dire che queste cose non sono ammissibili in un paese democratico. Non è
ammissibile una perquisizione durante la quale non venga rispettata l'incolumità di cose
e persone ma vengano distrutte prove e mandati all'ospedale 60 ragazzi".
"L'oltraggio inaudito alla democrazia, alla Costituzione, alle norme internazionali
ed europee non può restare impunito", si legge nel documento, che chiede le
"immediate dimissioni del ministro degli Interni Scajola, del vicepresidente del
consiglio Fini, del questore di Genova, degli altri responsabili politici e istituzionali
di quanto accaduto", nonché la "formazione immediata di una commissione
parlamentare d'inchiesta che proceda a un'ampia e approfondita ricostruzione di quanto è
avvenuto a Genova e la liberazione dei giovani arrestati senza motivo".
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