Corriere della sera 25 luglio 2001
IL CASO

Prese sette tedesche

In due camper le tute dei Black Bloc. Avevano anche un manuale su come difendersi dagli agenti

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
GENOVA - Come casa, due camper artigianali: un vecchio Mercedes e un furgone blindato che in passato, in Germania, chissà quanti soldi ha custodito. Come compito, quello di assistere gli amici e gli altri come loro nella battaglia contro la polizia, i carabinieri, i manifestanti, il G8. Sono state viste e arrestate in un bosco a Uscio, sopra Santa Margherita Ligure, dove si erano nascoste in attesa, forse, di tornare a Genova oggi, per i funerali di Carlo Giuliani.
Sette ragazze, tutte tedesche, provenienti da Berlino e dintorni, tra i 24 e i 32 anni: le ragazze del Black bloc. Avevano centinaia di felpe, passamontagna, pantaloni che venerdì e sabato avevano distribuito e, dopo la guerriglia, si erano fatte riconsegnare. Le divise del gruppo. Rigorosamente nere. Già pronte per la prossima devastazione: in ogni tasca c’erano due scatole di fiammiferi, tappi di ovatta per proteggere le orecchie dal rumore della battaglia, biglie di ferro. Le sette ragazze sono state fermate con tre connazionali dai carabinieri della compagnia di Santa Margherita.
Gli investigatori hanno visto i due furgoni parcheggiati vicino a una cava, l’altra mattina. Hanno controllato. E hanno scoperto il volto femminile di questa durissima contestazione. Contro tutti, contro tutto, soprattutto contro la globalizzazione: anche se la loro rete internazionale è nata e tiene i contatti con il resto del mondo grazie a Internet. Il guardaroba del «Blocco nero» sceso a Genova era ammucchiato dentro grossi sacchi di plastica. Altrove c’erano coltelli, bombolette spray e un thermos. Le vivandiere della guerriglia hanno mostrato il volto duro, come i loro compagni maschi. Nome, cognome, nazionalità. Niente più. Il verbale dei carabinieri è rimasto vuoto. Un comportamento suggerito dal foglio di istruzioni che gli investigatori hanno sequestrato, in mezzo ad alcune fotografie, sviluppate in chissà quale laboratorio. Immagini che ritraggono alcune delle fraulein in tuta nera sul fronte degli scontri.
Come souvenir. Il titolo del foglio: «In caso di problemi con la polizia». Sette punti, con tutte le istruzioni. I due numeri di emergenza da chiamare: corrispondono alla base di Torino della rete. Poi, che cosa fare in caso di fermo. Di perquisizione. Di arresto, con il nome e l’indirizzo di due avvocati, sempre di Torino, da nominare. Come comportarsi in un interrogatorio o «se sei extracomunitario». E un consiglio generale: «Se viene portato via dalla polizia qualcuno di cui non conosci il nome e cognome, ricordati di chiederglielo e di comunicare il fatto al numero di emergenza». Proviamo a telefonare al numero di emergenza. Risponde una ragazza, forse del movimento torinese degli squatter: «No, noi non abbiamo nulla a che fare con il Genoa Social Forum - dice -. Noi diamo supporto ai nostri prigionieri, perché al Gsf se ne sono lavati le mani. Bruciare le banche? La nostra è stata la giusta risposta alla violenza della polizia. Siamo ancora a Genova. E fino a quando i nostri compagni non saranno a casa, la manifestazione non è per niente finita».
F. Ga