La Stampa 29 luglio 2001
Domenica 29 Luglio 2001

«Dicano sì all’indagine e fermiamo la sfiducia»
Rutelli: la mozione contro il ministro dell’Interno non si annulla ma si può sospendere, dando tempo alla commissione di lavorare Poi, sulla base dei risultati, decideremo se darle corso oppure no

SE la maggioranza e il governo dichiarassero ufficialmente di accettare l’indagine sui fatti di Genova, io riunirei l’Ulivo e valuteremmo la nuova situazione». Onorevole Rutelli, lei è il leader dell’opposizione: vuol dire che potreste ritirare la mozione di sfiducia contro il ministro dell’Interno?
«La mozione dice: visti l’indisponibilità del governo a fare chiarezza e il rifiuto opposto all’indagine parlamentare, chiediamo le dimissioni di Scajola. Se il centrodestra rivedesse questa posizione, tutto cambierebbe. Non si tratta di annullare la mozione di sfiducia, ma se ne può sospendere l’efficacia. Dare alla commissione il tempo necessario per approfondire quanto è successo e poi decidere se mantenere la mozione oppure no, sulla base dei risultati dell’indagine».
I Ds però parlano di raccolte di firme e manifestazioni di piazza.
«Certo, una maggioranza che rifiuta di riconoscere all’opposizione la prerogativa del controllo parlamentare sul comportamento del governo, come stanno facendo sulle vicende di Genova, si assume una gravissima responsabilità. Ma c’è ancora tempo, la situazione è ancora aperta. A una condizione».
Quale?
«Che nessuno pensi di fare il furbo, non accetteremo rinvii a settembre o altro del genere. L’indagine deve partire subito. Poi non è detto che si debba necessariamente concludere con la chiusura estiva delle Camere. Un piccolo gruppo di parlamentari potrebbe continuare a lavorare...».
La maggioranza finora si è opposta alla vostra richiesta sostenendo che il centrosinistra vuole crocifiggere Scajola. Non è così?
«Assolutamente no. Il ministro dell’Interno secondo noi ha sbagliato due volte. La prima a Genova, dove ci sono stati due giorni di lassismo nei confronti dei teppisti e poi una serie di violenze inspiegabili contro persone inermi e inoffensive, o perché pacifici manifestanti o perché in stato di fermo e perciò neutralizzate. Il secondo errore è stato quello di venire in Parlamento a dire che durante il G8 era andato tutto bene, ma che purtroppo gli estremisti erano inafferrabili. E ha sbagliato Berlusconi nel cercare di sfruttare cinicamente lo sconcerto dell’opinione pubblica per i disordini e le violenze, addossandone la responsabilità al centrosinistra. E’ stato un comportamento arrogante. Ed è fallito di fronte alle immagini e alle testimonianze su quanto è successo. Noi, al contrario, abbiamo mantenuto un atteggiamento responsabile durante il G8, quando non si poteva togliere legittimità a chi operava in quelle condizioni difficili. Ma dopo abbiamo chiesto un’indagine che chiarisca con serenità, senza alcuna giustizia sommaria, quella che con il passare dei giorni si è venuta delineando come una situazione fuori controllo, indegna di un paese civile. E’ una richiesta che viene da tutta Europa, non soltanto da noi».
Il presidente del Consiglio sembra addossare eventuali responsabilità ai vertici della pubblica sicurezza nominati dal centrosinistra. Come prendereste la sostituzione del capo della polizia?
«Quando l’Ulivo ha vinto, nel ‘96, ha mantenuto in carica numerosi funzionari nominati dai governi precedenti, quello di Berlusconi incluso. E non ci siamo mai sognati di scaricare su altri la responsabilità di questa scelta. Quanto ai vertici delle forze dell’ordine, si tratta di dirigenti sperimentati e di grandi capacità. Il presidente del Consiglio può naturalmente decidere di sostituirli, ma se lo facesse per ripicca o per vendetta ne pagherebbe le conseguenze».
Che cosa intende dire?
«Voglio dire che parlare di polizia "di destra" o "di sinistra" è una follia. Non è accaduto neanche negli anni del terrorismo. Io non so per chi ha votato il dottor De Gennaro, ma anche se avesse votato per il centrodestra, cosa possibile, non mi riguarderebbe. Perché lo Stato deve difendere i suoi funzionari e giudicarli secondo le loro capacità, non etichettarli. Marchiare De Gennaro o il generale Siracusa come "di sinistra", cosa che ha fatto Berlusconi, è un atteggiamento tribale. E un boomerang».
Perché?
«Perché il presidente del Consiglio evidentemente non si rende conto di che cosa significhi mandare in piazza una polizia che venisse identificata come "di destra". Uno studente che protesta o un minatore del Sulcis sarebbero autorizzati a vedere dietro ogni agente un Berlusconi con casco e manganello, ogni manifestazione si trasformerebbe in un conflitto politico».
Anche lei, come D’Alema, rimpiange la moderazione democristiana?
«Questo governo sta assumendo una fisionomia radicalmente di destra, assai più di quanto qualcuno pensasse all’indomani della vittoria del Polo. Sul piano dell’ordine pubblico, dove Carlo Giuliani è il primo morto in scontri di piazza da venticinque anni a questa parte, dai tempi di Giorgiana Masi e Francesco Lorusso. Ma anche sul piano della politica economica e questo sarà chiaro in autunno».
Con la finanziaria?
«Con una manovra che punterà a smantellare la sanità pubblica, cosa che sta già avvenendo, le pensioni e l’istruzione. Cioè i pilastri della coesione sociale. Della famosa "rivoluzione" promessa dal centrodestra per ora si è vista soltanto una politica iperliberista e insofferente delle regole, ringhiosa con le parti sociali, di bottega per quanto riguarda gli interessi di Berlusconi. L’abolizione del falso in bilancio e della tassa sulle successioni multimiliardarie sono un esempio di quello che dico. Intanto è scomparso il conflitto di interessi, un caso unico al mondo, la cui soluzione era stata garantita entro i primi cento giorni».
Che opposizione farete a questo governo?
«L’Ulivo si misura con una stagione nuova. Da quando è nato il bipolarismo siamo stati all’opposizione soltanto sette mesi, ai tempi del primo governo Berlusconi. L’alternanza significa che fra qualche anno potremmo essere noi al governo e questo comporta che non si dicano cose troppo diverse da quelle che poi dovremmo fare. Dunque, un’opposizione di governo, che non vuol dire un’opposizione accondiscendente. Ma, al contrario, che sfida la maggioranza sul piano dell’innovazione e della coesione sociale».
L’Ulivo dovrà fare i conti anche con il movimento che è andato in piazza a Genova. Come?
«Con una pregiudiziale: il rifiuto chiaro e completo della violenza da parte dei manifestanti. Se restano ambiguità e incertezze non ci può essere alcun rapporto. Detto questo, il nostro atteggiamento deve essere di ascolto molto attento di ragioni che in larga parte coincidono con le radici riformiste dell’Ulivo. E attenzione: le richieste di maggior trasparenza, maggior democrazia nel governo della globalizzazione, di lotta alla povertà, alle malattie e di difesa dell’ambiente non possono che crescere. O saremo in grado noi di dare risposte, oppure la protesta prenderà vie che nessuno sarà in grado di controllare».