La Repubblica 4 agosto 2001 Lo sfogo
di Colucci
"Arnaldo cercò il blitz"
Il questore ieri a Roma dal ministro: aveva problemi di immagine, fece
chiamare la tv
il retroscena
MARCO MAROZZI
GENOVA - «Si vede che La Barbera aveva problemi di immagine. La sera della Diaz
chiamò persino Sgalla, il portavoce di De Gennaro, per dirgli di avvisare le
televisioni». Ci sono due verità nell'addio di Francesco Colucci alla questura di
Genova. Una fatta di dichiarazioni ufficiali, da «uomo d'onore, uomo dello Stato» che
dice: «Obbedisco». Una sibilata con i suoi uomini, da loro condivisa, fatta rimbalzare,
allargata a valanga.
Il questore sconfitto in pubblico piega la testa e accetta di pagare, di essere
trasferito. Ma in privato anche lui, come tutti i poliziotti di questa città, non ci sta
ad essere il «capro espiatorio» per colpe che da qui rinviano a Roma. Ai capi che da là
erano stati spediti e a Genova hanno imposto la loro strategia. Non è solo questione di
Arnaldo La Barbera o Ansoino Andreassi. «Ci hanno fatto preparare per mesi a uno scontro
frontale. si è sfogato Colucci con i suoi uomini, che lo attorniavano con le stesse
accuse . E poi ci siamo ritrovati con una guerriglia dai mille focolari. Tutti erano
preparati, allenati, allo scontro con le Tute bianche come successe al Salone delle
Biotecnologie. Al massimo ci si aspettava di trovare lì in mezzo dei Black Bloc. E invece
i neri erano sparpagliati e noi eravamo impreparati».
Il racconto rimbomba fra gli agenti genovesi. «In via Sardegna ricorda uno ci fecero
persino arretrare, un rischio che si cerca di non correre mai. Finimmo con le truppe
insaccate, un contingente fu costretto a un giro di un'ora per riconquistare una
posizione». Due ragazzi in divisa si confidano: «I reparti venuti da Roma erano
compressi, da due giorni correvano dietro a chi tirava sassi e non li prendevano. Non
conoscevano Genova. Che poi siano esplosi è quasi naturale: non puoi tenere un cane alla
catena e poi meravigliarti quando lo molli».
Aldo Tarascio, segretario della Silp, il sindacato Cgil, traccia una cornice. «Siamo
passati dalla prevenzione alla repressione. Da sempre l'ordine pubblico si fa con precise
direttive politiche. La rimozione di Colucci è un vero sgambetto e siamo sicuri che
questo fosse una delle finalità politiche da raggiungere con questo G8». Il vicequestore
Angela Burlando, della Uilps, annuncia un futuro amaro: «Se Genova dopo il G8 era una
città ferita, ora lo è ancora di più. Sarà difficile andare in ordine pubblico con
serenità».
Ombre, sospetti, che persino da destra qualcuno non si sente di escludere. Ecco Giorgio
Bornacin, deputato di An: «Pur con la consapevolezza che qualcosa non ha funzionato a
dovere, nutriamo comunque forti perplessità sulla rimozione dell'incarico del dottor
Colucci che riteniamo estraneo alle responsabilità attribuitegli». Concetto che appare
anche nel messaggio di stima inviato da Alfredo Biondi al questore rimosso. «A Genova
molti la rimpiangeranno» gli dice il vicepresidente polista della Camera. «So che un
servitore dello Stato ha dei doveri, assunti liberamente, ma fortemente costrittivi»
aggiunge Biondi.
Obbedire, nonostante tutto... Colucci lo fa. «Sono un servitore dello Stato dice al
telefono tornando da una serie di incontri a Roma, al Viminale e ne accetto serenamente le
decisioni». Ma lei ha crede di essere stato trattato peggio di quelli della Uno bianca?
«Dico che per quel caso ci furono tre mesi di inchieste sulla questura di Bologna. Per
noi sono bastati tre giorni. Questo è innegabile». |