Manifesto 26 luglio 2001 Sì
o no
ROSSANA ROSSANDA
Non so se con Genova tutto sia cambiato,
come dice Bertinotti, ma certo molto è cambiato. Diverse centinaia di migliaia hanno
manifestato contro il G8. Il Genoa social forum ha sentito ed espresso un umore profondo,
una spinta. Non era gente disperata: il loro slogan era "Un altro mondo è
possibile". E due giorni fa non li ha attirati per le strade soltanto la tristezza
per il ragazzo ucciso. Collera sì, molta. Ma era gente contenta di esserci, forte e
perfino spiritosa, nulla a che vedere con le scritte trucide lasciate sui muri da qualche
reduce di venti anni fa. Sigle e bandiere si sono confuse in un mare di giovanissimi,
giovani, di mezza età e anche anziani, donne e uomini, venuti assieme ai compagni, alla
famiglia, al cane, qualcuno anche da solo. Erano quelli che di solito diciamo indifferenti
alla politica.
Altro che indifferenti. Non li muovono più le manfrine, soltanto le grandi questioni del
mondo, quelle che urgono. Il G8 non è stato un pretesto, non ne accettano la famosa governance.
Quando dicono antiglobalizzazione, con questa ce l'hanno, non dicono torniamo al passato,
vivono nel mondo e ci vogliono camminare. Non accettano che significhi impero dei
capitali, prepotenza, armamenti, profitti, povertà. Si capisce perché al governo abbiano
dato un furibondo fastidio. Ma a chi non era Berlusconi? Bisogna essere sordi per non
sentirli, mascalzoni per fraintenderli, e un po' ingenerosi per rimproverare loro di non
aver pronti in mano i piani dell'alternativa.
Per i Ds e la Cgil separarsene è suicida. La faccia della Cgil l'ha salvata la Fiom.
Nelle città di diessini alle manifestazioni ce n'erano molti, ma isolati. A Roma solo una
sinistra giovanile, magra e pulita, stava con le sue bandiere, al canto, un po' fuori
tempo, di Bandiera rossa. Ma faceva impressione che nessuno dei leader uscisse a
raggiungerli dal Campidoglio, sfiorato da quell'ondata, né da via Nazionale. Erano un
popolo sparso e senza più dirigenti in cui riconoscersi. Se fino a pochi giorni fa
l'assenza poteva parere ancora un indolenzimento da sconfitta, da Genova in poi non c'è
più scusa. A Genova la reggenza dei ds non ha voluto andare, anzi dopo un ridicolo
balletto, ha lasciato il Genoa Social Forum esposto al governo e alla polizia,
denunciandolo. Berlusconi e Fini non avrebbero potuto mandare la polizia e i carabinieri
con quegli ordini contro la manifestazione che fosse sostenuta dall'opposizione, pur con
tutti i distinguo che volessero: Ds e Margherita l'hanno sconfessata. E non ci si venga a
dire per la violenza, nessuno è nato ieri. Ma perché Ds e Margherita stavano con i G8, e
se fossero stati al governo avrebbero mandato la polizia contro i manifestanti. Si può
sperare che fosse meno feroce. Ma lo sapevano i diessini in piazza, con vergogna, con
amarezza.
E adesso? Si preparano le mozioni per il congresso dei Ds. E bisognerà definirsi sulla
discriminante che Genova ha tracciato. Non se la caveranno con parole. La gente che il Gsf
ha mosso da una parte e il duetto Berlusconi-Bush e Berlusconi-Fazio dall'altra premono in
direzioni opposte, il traccheggio di una mezza opposizione non può durare molto. D'Alema
e Fassino con Giuliano Amato proporranno il partito socialista dei G8. Chi vuole
l'unificazione nell'Ulivo propone il partito democratico dei G8. Quello che appare ormai
impresentabile è un correntone che vada, tutti assieme appassionatamente, da Salvi e
Fumagalli, via Bassolino e Cofferati, a Mussi e Folena, presidente designato Massimo
D'Alema.
E' finito il tempo delle manovre. Quello che è emerso in questi giorni è un popolo che
va rappresentato, espresso, alimentato o contrastato. Gli va detto sì o no, e se ne paga
il prezzo.
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