Corriere della sera 25 luglio 2001
Polizia sotto accusa, aperto un fascicolo sul blitz

Si indaga per abuso d’ufficio e lesioni. Gli agenti si cercano i difensori. Il Gsf: minacce di stupro alle ragazze

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
GENOVA - La Procura ha deciso. Indagherà ufficialmente sul modo in cui nella notte tra sabato e domenica la polizia ha effettuato la perquisizione alla scuola Diaz. In una riunione con i suoi magistrati, il procuratore capo di Genova Francesco Meloni ha dato il via libera all’apertura dell’inchiesta. Il fascicolo è già pronto ed è ancora a carico di ignoti, si indaga «per i reati eventualmente attribuibili alle forze dell’ordine durante la perquisizione avvenuta in via Cesare Battisti presso la scuola media statale Diaz». Le ipotesi di reato saranno due: abuso d’ufficio e lesioni volontarie.
Dice Francesco Meloni: «Si tratta di un passo obbligato, dopo aver raccolto le prime versioni, tutte molto contrastanti, su quanto è accaduto quella notte». La versione dei funzionari di polizia parla di «forte resistenza» da parte delle persone che dormivano nella scuola, dall’altra parte gli avvocati del Genoa Social Forum sostengono: è stato un pestaggio scientifico e violentissimo.
Che tiri una brutta aria su agenti e funzionari della polizia, che hanno partecipato alla perquisizione, è confermato anche da un altro fatto. Ieri una decina di «quadri» di medio livello della questura di Genova, tutti presenti al blitz, hanno chiesto consigli a due grossi studi legali, nel caso dovessero essere convocati dai magistrati che si occupano della vicenda. Tira aria di avvisi di garanzia, anche se i pm fanno sapere che non faranno nulla prima di aver raccolto le testimonianze nella loro interezza. Aspettano che i tre giudici per le indagini preliminari, che entro oggi dovranno decidere se convalidare o meno i 93 arresti chiesti dalla polizia, finiscano gli interrogatori, in carcere o in ospedale, degli attivisti coinvolti. Alcuni di essi ieri hanno affermato di essere stati malmenati anche dopo che erano stati portati al reparto mobile di Bolzaneto, dove la polizia aveva allestito un carcere temporaneo per i fermati durante il G8. Alcune ragazze italiane, spiega l’avvocato del Gsf Laura Tartarini, hanno riferito di avere ricevuto minacce di stupro da parte degli agenti mentre si trovavano a Bolzaneto. Toccherà ai magistrati verificare la veridicità di questa e delle altre accuse. Qualunque sia la decisione che prenderanno oggi i gip, le testimonianze da loro raccolte verranno immediatamente girate ai pm Lalla, Canepa e Canciani, titolari dell’inchiesta.
La decisione di aprire un fascicolo su eventuali abusi commessi dalla polizia è arrivata dopo i primi due interrogatori fatti dai pm. Nelle parole di Lorenzo Guadagnucci, 37 anni, redattore economico del Resto del Carlino (una ferita profonda all’avambraccio), e di un vicentino, di 63 anni, militante di Rifondazione comunista (un braccio e una gamba rotti). Ai magistrati il giornalista ha parlato così: «E’ stato un pestaggio gratuito, stavamo dormendo e hanno cominciato subito a picchiarci, senza dire niente. Altri poliziotti picchiavano gli altri ragazzi intorno. Prendevano a calci le nostre borse, le rovesciavano. Mi hanno colpito più volte, perdevo sangue». Guadagnucci ha però detto che non saprebbe riconoscere i suoi presunti aggressori. L’evidente difficoltà di attribuire singoli reati a singole persone è la più grossa difficoltà che i pm hanno di fronte in entrambe le inchieste, quella sulla polizia e quella sui 93 arrestati, tutti (genericamente, si fa notare) accusati di associazione a delinquere e resistenza a pubblico ufficiale.
Ieri è stata decisa anche l’acquisizione (su larga scala) di filmati televisivi e articoli di giornale sui tre giorni neri di Genova. La Procura giudica infatti «assolutamente insufficiente» la documentazione presentata dalle forze dell’ordine sugli scontri di quei giorni. Si sta valutando anche se rivolgere un appello (anche attraverso annunci sui quotidiani) a testimoni e autori di video amatoriali girati in quei giorni. Serviranno ad avere un quadro più chiaro su quanto è accaduto. Ce n’è bisogno, dicono in Procura. Perché ci sono piccoli segnali inquietanti.
Ieri sera in una via del centro di Genova è stato arrestato un diciannovenne che ha dato fuoco a un cassonetto. Poca roba, il giovane è stato rilasciato. Ma a casa sua sono stati trovati volantini autoprodotti che parlavano di «carabinieri killer». Il ragazzo si è giustificato citando la vittima degli scontri di venerdì: «Ero amico di Carlo Giuliani», ha detto. Lo stesso hanno fatto un gruppo di otto ragazzi (tutti arrestati) che hanno aggredito un metronotte: «Avete ucciso un nostro amico». Brutta aria.
Marco Imarisio