Manifesto 7 agosto 2001 Vertice
Fao: destra spaccata
An boccia l'ipotesi di trasferire il summit.
Storace: "Roma va bene ma bisogna proibire i cortei". Veltroni: "Spetta al
governo garantire la sicurezza nella capitale". Bassanini: "Trasferire il
vertice è come trattare con le Br". Gelide le reazioni della Fao e dell'Onu
ANDREA COLOMBO
Lo spostamento del vertice Fao è "una possibilità non ancora
concreta". Lo afferma il portavoce dell'organizzazione Nick Parson, e aggiunge:
"Stiamo lavorando per il vertice a novembre e a Roma". "Non abbiamo ancora
ricevuto alcuna comunicazione ufficiale dal governo italiano", duetta da New York il
portavoce dell'Onu Fred Eckhard.
Per quanto diplomatici siano i toni adoperati dai due portavoce, il disappunto della Fao e
dell'Onu è palese. A porte chiuse, il malumore è ben più esplicito. La Fao ha fatto
sapere al governo italiano che deve prendere la sua decisione in fretta: non si può
pensare di spostare il summit all'ultimo momento. La Fao chiede che, in ogni caso,
il peso diplomatico (e non solo) dell'operazione ricada tutto sul governo di Roma. Devono
essere Berlusconi e Ruggiero a contattare l'eventuale nuovo paese ospite (al momento le
ipotesi sono due, il Kenya o il Senegal), ma anche a convincere gli altri paesi e ad
accollarsi l'onere complessivo dello spostamento.
Intanto si moltiplicano le voci contrarie o almeno molto scettiche nei confronti del
trasloco. Boccia l'ipotesi il Vaticano, per bocca di monsignor Giuseppe Mani, mentre le
organizzazioni dei missionari, nessuna esclusa, non potrebbero essere più prudenti.
Antonio Onorati, portavoce del comitato che sta mettendo in piedi i forum di tutte le
organizzazioni non governative, in programma a Roma in contemporanea con il vertice,
dichiara che "il governo italiano deve prendersi le proprie responsabilità". Le
Ong non hanno ancora deciso cosa faranno se il premier italiano riuscirà nel suo intento,
se sposteranno anche il loro forum o no. Ritengono tuttavia che tanto il vertice quanto il
forum debbano svolgersi, come sempre, nella capitale italiana.
Se il quadro internazionale è assai preoccupante per il capo del governo, quello interno
è messo anche peggio. Non si tratta solo dello scontro con l'opposizione, proseguito
anche ieri con toni sempre più accesi. Il problema numero uno è all'interno della
maggioranza, nel centro destra. Alleanza nazionale è decisamente ostile a una mossa che
sembrerebbe dettata dalla debolezza più che dalla prudenza. E se il partito si mantiene
molto cauto, i suoi singoli esponenti non si peritano di criticare l'idea del gran capo.
Gustavo Selva, presidente della commissione esteri, pur "comprendendo le
preoccupazioni" afferma che bisogna "tener duro". Domenico Fisichella,
vicepresidente del senato, alza la guardia: "Se rinunciamo, dimostriamo di essere uno
stato debole". I presidenti della Regione e della Provincia, Storace e Moffa, con
parole più o meno identiche dicono che Roma è sì "la sede più adatta per
accogliere l'assemblea", però, per evitare rischi, sarebbe opportuno "non
autorizzare i cortei". Che tradotto significa fare della capitale una città ancor
più blindata di Genova nei giorni del G8.
Il portavoce di An Landolfi, telecomandato direttamente da Fini, è più felpato. Si
trincera dietro le dichiarazioni e le interviste del ministro degli Esteri: nel suo
comunicato ufficiale non va oltre una manifestazione di pieno consenso con le parole di
Ruggiero. Il quale, a sua volta, non si espone più che tanto, dichiara che lo spostamento
"è soltanto un'ipotesi" dettata dalla necessità di "togliere il
palcoscenico ai manifestanti violenti". I collaboratori del vicepremier negano con la
massima decisione che le frasi di Ruggiero vadano intepretate come una spinta verso lo
spostamento del vertice, e la loro intepretazione dice molto sulle intenzioni del secondo
partito della Casa delle libertà.
Le tensioni interne alla destra piovono nel mezzo del braccio di ferro con l'Ulivo. Ieri
il sindaco di Roma Veltroni è tornato alla carica: "Roma è onorata di di ospitare
la Fao e il suo vertice. Spetta al governo garantire che questo possa accadere in
sicurezza". Il leader, Rutelli, concorda: "L'idea che la capitale rinunci per
paura di alcuni teppisti sarebbe il più gran regalo ai violenti". La palma per la
dichiarazione più fragorosa stavolta spetta al diessino Franco Bassanini: "Cedere
sulla conferenza della Fao sarebbe come trattare con le Brigate rosse".
Che il centrosinistra insista per tenere a Roma il vertice soprattutto per sfruttare le
difficoltà del governo nel garantire l'ordine pubblico e dimostrarne così l'inettitudine
è ovvio. Dal canto suo, però, Berlusconi ha dato una rara prova di goffagine politica,
infilandosi in una situazione difficilissima, esposta più che mai al discredito
internazionale. Non a caso il ministro Ruggiero sarebbe in realtà molto contrariato dalla
faciloneria con cui è stata gestita un'operazione così delicata. A questo punto, con
ogni probabilità, al premier non resta altra scelta che non il rinunciare al sogno di
ridislocare vertice Fao ed eventuali disordini.
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