La Repubblica 1 agosto 2001

C'è una striscia di asfalto
al posto dei fiori per Carlo

Coperto col catrame il tratto di piazza in cui c'erano ancora le macchie di sangue di Giuliani

MARCO MAROZZI


GENOVA - La bara di Carlo Giuliani adesso è una striscia di catrame. E Walter e Valigia ancora una volta sono senza casa: tornano a dormire dove capita. «Finché possiamo qui sul marciapiede, poi vediamo». Sono ragazzi di strada e per giorni e giorni hanno dormito in piazza Alimonda, sopra il sangue di Carlo. Ogni sera stendevano i teli sull'asfalto, a fianco del tumulo di fiori dove il loro amico è caduto, sulla segatura gettata per coprire il sangue, con un paio di transenne a dividerli dalle auto che passavano. Questa è stata la casa di Walter e Valigia e di altri come loro.
Fino a ieri. Fino a quando operai del Comune sono arrivati e hanno tutto con il catrame. «E' per le buche». Che c'erano da quattrocinque anni e ci sono ancora nelle strade vicine. La colata fresca è solo su uno spicchio di piazza. Del «posto di Carlo» è rimasta la segatura. «Quella con il sangue l'abbiamo raccolta e gettata nel mare dove noi del gruppo facevamo il bagno, a Quarto».
La normalità si conquista anche così. «Il mondo è ingiusto e di chi è la colpa?» chiede una delle cento poesie fra i fiori, le bottiglie di birra, la maglia di Che Guevara e a della Roma, i ninnoli di nessuna e terribile importanza che ricordano ancora il ragazzo ucciso. Una serra che si secca, a lato della chiesa di Nostra Signora del Rimedio. Valigia e Walter ne sono gli ultimi custodi. «Eravamo in dieci a darci il cambio. Di giorno a sorvegliare, di notte a dormire in mezzo alla strada, dove c'era la nostra tomba, quella che hanno spazzato via. Quando sono arrivati gli operai, gli altri sono tornati nei soliti posti di noi ragazzi di strada, barboni dite voi».
Walter ha gli occhi verdi, i tratti delicati, la faccia da 32 anni, i capelli grigi. Parla in francese con il marocchino che passa a salutarlo. «I padroni sono uguali in tutto il mondo». Centellina una storia di abbandono, «il mio padre adottivo mi ha dato il primo pugno che avevo 12 anni e mia madre era morta». Di ribellione finita a lato delle strade e della vita: «Ho vissuto dieci anni come un signore, adesso ho solo una zia che mi da ogni tanto da mangiare. Ma non mi lamento». Scopri cultura sotto il cappellino con scritto «Ascolta la tua sete», la maglia rosa sporca. Valigia ha un'età indefinita, un berrettuccio verde, la barbetta nera, i calzoni a mezza gamba, gli occhi spiritati: lo chiamano così perché gira con appresso i bagagli che adesso ha sistemato accanto al monumento da strada, di fiori appassiti e bric e brac, a Carlo Giuliani. Storie, piccole e mai chiuse, di droga e furtarelli accomunano due vite che furono diversissime ed ora sono solidali.
«Carlo era uno molto gentile, veniva a cercarci quando eravamo più persi del solito. Se avevi bisogno di calzini, di qualsiasi cosa, lui c'era. Così qui i primi giorni sono venuti tanti di diverse compagnie, quelli di Amnesty, dei francescani. Alla fine siamo rimasti solo noi, anche i volontari sono andati in ferie, alla sera i centri di accoglienza sono chiusi ed è duro mangiare». Walter parla, Valigia innaffia il marciapiede e i fiori.
Nei primi giorni il Comune aveva autorizzato che dove Carlo Giuliani è caduto si formasse una spontanea aiuolaspartitraffico fatta di fiori, biglietti, pacchetti di sigarette, accendini, musicassette, libri - Neruda: «E' rimasto un odore tra i canneti: un misto di sangue e di carne» - , caramelle, jeans, insegne. Il ricordo di gente che spesso nemmeno aveva conosciuto il giovane, le auto a sfrecciare attorno. «Noi alla sera si accucciavamo dietro le transenne, una volta una macchina ne ha tirata in aria una e nemmeno si è fermata. Di giorno i bar qui attorno ci portavano il caffè, da mangiare, qualcuno passava e ci lasciava dei soldi. Poi tutto è calato... Ogni tanto dalle macchine, dalle Vespe ci urlavano ‘andate a lavorare, lavatevi, hanno fatto bene, bastardi'». «Impossibile continuare, - ripetono gli abitanti della zona - certo si poteva trovare un altro modo...». Ancora Walter: «Gli operai quando sono venuti hanno detto ‘ci spiace, sono gli ordini', ci hanno comprato la focaccia e si sono mezzi al lavoro con le loro macchine».