Corriere della sera 3 agosto 2001
IL
RETROSCENA / La scelta di lottare fino all’ultimo e di non chiedere ai collaboratori
finiti sotto inchiesta di dimettersi
Terremoto senza
precedenti. E De Gennaro finisce costretto in un angolo
- Oggi, al Quirinale se ne parlerà ancora: non solo per quello che è accaduto, ma
anche per ciò che potrà accadere. Tolti di mezzo alcuni tra i «responsabili oggettivi»
dei gravi incidenti di Genova, infatti, resta in piedi il problema del capo della polizia,
il prefetto Gianni De Gennaro. Due delle tre vittime della decapitazione di ieri sera sono
uomini a lui molto legati. La carriera di Andreassi e La Barbera è costellata di successi
nella lotta al terrorismo e alla mafia, sono due tra i migliori «sbirri» che l’Italia
ha a disposizione. De Gennaro, che con loro ha condiviso anni di lavoro, di indagini e
anche di pericoli, li ha scelti personalmente per quei posti chiave e come elementi
principali nella «linea di comando» messa in piedi per l’emergenza del G8, che ha
visto migliaia di persone in assetto di guerra scatenarsi in una vera e propria battaglia
contro le forze dell’ordine. Nel fronteggiarla, da questa parte della barricata, ci
sono stati anche «errori ed omissioni» che gli stessi ispettori del ministero hanno
segnalato senza alcun intento persecutorio, né con la volontà di criminalizzare nessuno.
Nonostante le motivazioni formali e ufficiali, quei due prefetti pagano ora proprio per le
inadeguatezze verificatesi nella gestione della piazza e della prevenzione a Genova. Con
il risultato, forse non voluto e ingiusto ma anch’esso «oggettivo», di essere
considerati inadeguati al ruolo, e chiunque, da ieri sera, potrà rinfacciare al capo
della polizia di aver sbagliato due mosse fondamentali.
Sono considerazioni che s’inseriscono in un gioco molto più grande del G8, e che ha
come posta proprio la poltrona di De Gennaro. Nonostante la nomina «bipartisan» di un
anno fa, il cambio di governo ha dato fiato a tutta quella parte della nuova maggioranza
che da anni vede quel super-poliziotto come il fumo negli occhi, e che non aspettava che
la prima occasione per provare a farlo fuori. Dalla sua De Gennaro ha sempre avuto, e ha
tuttora, la professionalità e la stima anche di uomini importanti del governo e della
coalizione che lo sostiene, ma dopo Genova la sua posizione è diventata più difficile.
Una settimana fa De Gennaro aveva detto di non ravvisare motivi per rassegnare le
dimissioni, e chi lo conosce bene sa che anche in questi giorni difficili ha sempre detto
di non aver alcuna intenzione di mollare. Non ha mollato nemmeno i suoi collaboratori
finiti nel mirino, non chiedendo loro di farsi da parte spontaneamente e tentando di
convincere il ministro che forse, per prendere decisioni che sarebbero state comunque
traumatiche, conveniva aspettare ancora. Fino a mercoledì sera sembrava avercela fatta,
ma poi ieri mattina il clima è di nuovo cambiato: la politica ha i suoi tempi, e il
governo - messo sotto accusa continuamente, anche dall’estero - non poteva più
aspettare.
Ecco allora le decapitazioni, che possono essere lette anche secondo la complicata
geografia interna al Viminale. Indossando quegli occhiali, c’è chi fa notare che il
questore di Genova non è considerato un uomo della squadra del «capo» e che le sue
esternazioni degli ultimi giorni, con la storia di un commissariamento del suo ufficio
attraverso gli uomini mandati da Roma, non hanno certo rafforzato la posizione di De
Gennaro, né favorito una soluzione diversa da quella di ieri.
È un modo per sottolineare come ciò che s’è mosso in questi giorni dentro e
intorno al Viminale non ha a che vedere solo con ciò che è successo nei giorni
drammatici del G8, ma anche con dinamiche e obiettivi di tutt’altro tipo. Per adesso
il capo della polizia «bipartisan» resta al suo posto, ma se non è dimezzato è
fortemente indebolito. Il governo vorrà trarne in fretta ulteriori conseguenze,
sostituendo anche lui magari in un giro di valzer che comprenda pure Servizi segreti e
carabinieri, o starà a vedere come se la caverà il super-poliziotto di fronte a questa
ennesima difficoltà della sua più che brillante carriera? Lasciandolo dov’è dopo
il terremoto di ieri, Berlusconi e Scajola lo sottopongono a una prova nella quale loro
hanno poco o niente da perdere, a differenza di De Gennaro; se va bene potranno dire che
è stata una buona scelta, se va male sarà colpa del prefetto.
Un primo segnale verrà dalla nomina dei sostituti di Andreassi e La Barbera; gli esperti
di geografia viminalizia sono già pronti con le loro liste ad individuare la squadra di
appartenenza dei prescelti, per capire con chi sono schierati e da dove viene la
decisione. In quel momento risulterà più chiara la forza del capo della polizia, se
sarà ancora lo stesso.
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Giovanni
Bianconi |
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