La Stampa
Domenica 29 Luglio 2001
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Iniziata la lunga attesa di De Gennaro
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Rischiano molto i suoi «boys» Andreassi
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ROMA
LA lunga attesa di Gianni De Gennaro è cominciata venerdì pomeriggio, quando ha messo
piede a Genova il «triumvirato» che dovrà «giudicare» comportamenti ed eccessi delle
forze dellordine nei due giorni maledetti, ed è destinata a concludersi con una
«sentenza» che difficilmente - a detta di osservatori accorti - potrà essere indolore.
Insomma, sembra alquanto improbabile che gli «ispettori» Montanaro, Cernetig e Micalizio
possano sottoscrivere una relazione per certificare che «non è successo nulla». E tutti
sanno perfettamente che «qualche testa dovrà saltare». Si tratta di vedere fino a che
punto i tre si imbatteranno in «responsabilità dei singoli» - per usare le parole del
capo della Polizia - o dovranno impattare in una più generale ed elevata défaillance
dellistituzione. Ecco, sui carboni ardenti sta seduta lintera «squadra»
di De Gennaro e non soltanto il capo. Non viene messo in discussisone un uomo singolo, ma
alcuni tra i poliziotti più accreditati dItalia: i famosi «De Gennaro boys», fino
a ieri rispettati (qualche volta contestati) e addirittura identificati come gli autori di
una strategia di lungo percorso, cominciato con Giovanni Falcone e il pool antimafia degli
Anni Ottanta, diretta a riavvicinare lo Stato ad una società sempre più frastornata dal
progressivo distacco dai valori e dai principi di legalità.
Sono loro i protagonisti di una disfatta che - al di là delle conseguenze giudiziarie e
amministrative - assume significati ben più vasti di quelli dibattuti nellambito
della ricerca delle responsabilità. Il problema non sembra riducibile ai
«provvedimenti», neppure nellipotesi più radicale di un «ricambio totale». La
vicenda di Genova e quello che sta accadendo rimettono in discussione un valore che
sembrava consolidato e cioè la fedeltà democratica delle forze dellordine,
cementatasi nella stagione dei grandi successi contro le mafie e le illegalità. Un
riconoscimento di autorevolezza che non era più prerogativa della destra, ma anche di una
sinistra che aveva sanato fratture e vecchie diffidenze.
Eppure in questo momento tre alti dirigenti del Viminale stanno passando al setaccio
iniziative, atteggiamenti, ordini, omissioni o eccessi di funzionari come i prefetti
Andreassi e La Barbera, il primo inviato a Genova da De Gennaro come una sorta di
commissario straordinario delle autorità locali (questore e prefetto), laltro,
legato a doppio filo al «capo» da un passato di lavoro appassionato sul fronte delle
inchieste sulle stragi di Palermo del 1992, depositario della responsabilità sulla
caserma di Bolzaneto dove venivano convogliati i manifestanti più irrequieti e dove, si
racconta, sarebbero avvenute le violenze più intollerabili.
In mezzo, ma solo per dovere di obbedienza alla «squadra» (era stato infatti destinato
alla «zona rossa» dove non è accaduto nulla), sta un altro poliziotto di provata
abilità: Francesco Gratteri, giunto alla direzione del Servizio centrale operativo (dopo
aver percorso le identiche tappe degli altri «boys» Manganelli e Pansa, oggi entrambi
vice di De Gennaro) sulla scia di innumerevoli successi nel campo delle inchieste
antimafia e della ricerca dei latitanti».
Su questi e su altri nomi, forse una dozzina, compresi questore e prefetto di Genova, il
«triumvirato» dovrà pronunciarsi. E in fretta, visto che al Viminale si auspica una
conclusione del «sopralluogo» che giunga prima di qualunque iniziativa della
magistratura. Non sfugge a nessuno, infatti, i pericoli di una sovrapposizione dellinchiesta
amministrativa con quella giudiziaria. Anzi, proprio per evitare «invasioni di campo», i
direttori generali Montanaro, Cernetig e Micalizio (anche questultimo, ironia del
destino, proveniente dalla «squadra» e per lungo tempo vicedirettore della Dia,
«creatura» di De Gennaro) si sono già incontrati coi magistrati titolari delle diverse
inchieste scaturite dalla «due giorni» di Genova. Anzi, sono in molti a pensare che una
«onesta» risoluzione dellindagine amministrativa (e torna il richiamo a qualche
«testa che cade») potrebbe in qualche modo attenuare i rischi della valanga che
certamente si aprirebbe sotto i colpi di qualche provvedimento giudiziario.
Ovviamente, riflessioni di questo tipo danno la stura al solito, crudele gioco dellindovinello
sulle «teste che saltano». A chi toccherà? E difficile che lindagine del
«triumvirato» possa esaurirsi nel solito e abusato scaricabarile, fino a raggiungere e
punire gli anelli deboli della catena di comando. Ma è anche improbabile che i tre
possano definire responsabilità dei vertici che a Genova non erano presenti. La punta
più alta della «piramide», De Gennaro e i vice Pansa e Manganelli, dunque, potrebbe
trovarsi nella difficile situazione di assistere alla «fucilazione» di parte della
«squadra» e di dover scegliere se restare ai loro posti o subìre le conseguenze e
associare il loro destino a quello degli altri più esposti.
E chiaro che non si possono azzardare previsioni. Anche perchè eventuali scelte di
De Gennaro non sarebbero di sua esclusiva pertinenza. Cè un governo (Berlusconi non
fa mistero della propria estraneità su come sono stati scelti gli attuali vertici del
Viminale) per nulla ben disposto nei suoi confronti e nei confronti della sua «squadra»
e un ministro che sembrerebbe orientato a (quantomeno) ritardare eventuali «terremoti».
La cautela non sembra proprio campata in aria. Intanto perchè non sarebbe agevole
cambiare improvvisamente lintero gruppo dirigente, specialmente sotto i colpi delle
polemiche e della pressione mediatica. Ma tra i motivi di tanta cautela, non è estranea
una certa preoccupazione per il «dopo Genova». Un vertice rinnovato sarebbe ascrivibile
interamente alle scelte di questo governo e di questo ministro. Ma il
panorama futuro, sia sul fronte dellordine pubblico che su quello della lotta alla
criminalità e alla difesa della sicurezza, non sembra tra i più rassicuranti. Cè
da far fronte ad un temuto autunno caldo sindacale, ormai dato per scontato e, sempre nellambito
del movimento antiglobalizzazione, un primo appuntamento Agnoletto lo ha fissato per
novembre. Sul piano del crimine, basterebbe pensare solo allo scandalo di un Provenzano
che continua a latitare da quasi quarantanni. Insomma, reggerebbe un nuova catena di
comando, poco rodata ed affiatata, allurto degli impegni futuri? E per questo,
forse, che il ministro Scajola preferirebbe prendere tempo.
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