La Stampa
Veltroni: Roma pronta ad accogliere il summit
Lunedì 6 Agosto 2001

BALCXXXXVIOLANTE
L’Ulivo: spostarlo è cedere ai violenti. Il Polo: allora rinunciate a manifestare
IL MONDO POLITICO DIVISO SULLA RICHIESTA DELLO SPOSTAMENTO ROMA
Mentre il centrodestra si chiude a testuggine, il centrosinistra va all’attacco: scandalosa l’idea di spostare il summit mondiale sull’alimentazione proprio da Roma che è sede della Fao, un errore gravissimo, una resa ai violenti, comunque un’ammissione di incapacità da parte del governo Berlusconi. Peggio, «una mattana estiva». Una polemica destinata anche a valicare l’inizio della pausa per le ferie, i presidenti delle Camere hanno già salutato parlamentari e giornalisti, Berlusconi è per qualche giorno in Sardegna, i calibri da novanta dell’opposizione già tutti al mare o in montagna.
E visto che dall’agenda dell’esecutivo proprio non si capisce quando la questione verrà materialmente affrontata, visto che Palazzo Chigi non è ancora chiuso per ferie, l’opposizione coglie il destro al volo per infilzare ancora una volta il governo. Si rischia una seconda brutta figura in politica internazionale, è in buona sostanza l’obiezione.Sposa l’idea della burla da solleone Pierluigi Castagnetti, ma non è una chiave per buttare acqua sul fuoco visto che il capogruppo alla Camera della Margherita argomenta che «se Roma rinunciasse sarebbe una resa ai violenti, un errore gravissimo». Un modo per dar fiato ai terroristi, fanno sapere i Verdi per bocca di Raffaello Cortiana. Soprattutto «una cosa impensabile, spostare il vertice di un’agenzia dell’Onu da Roma, che è una capitale dell’Onu», rincalza Alfonso Pecoraro Scanio. E il centrosinistra ritiene evidentemente gravissima l’iniziativa politica di Palazzo Chigi, visto che poi formalmente lo spostamento non può essere deciso dal solo governo italiano.
Luciano Violante nutre speranza, «Berlusconi non s’è ancora pronunciato ufficialmente», ma se «questi pettegolezzi» fossero veri «sarebbe oltre che la rinuncia a fare dell’Italia un paese capace di ospitare una grande occasione internazionale, anche un’ammissione di incapacità». Oltretutto, osserva l’ex presidente della Camera attuale capo dei deputati diessini, «il vertice Fao non c’entra niente con il G8», perché un appuntamento contro la fame nel mondo proprio non rientra tra gli obiettivi degli antiglobalizzatori. Comunque, osserva l’ex responsabile del Viminale del centrosinistra Enzo Bianco, fresco di nomina a presidente del Comitato di controllo sui servizi segreti, togliere a Roma un summit Fao «difficilmente ideologizzabile», servirebbe solo «a fare il gioco dei violenti». Capisco che la ferita di Genova è ancora aperta, dice in buona sostanza Bianco, ma fino a novembre c’è tutto il tempo per organizzare Roma nel migliore dei modi.
La polemica andata avanti per tutta la giornata di ieri, con poche risposte da parte della maggioranza, ha avuto due aspetti: Ulivo compatto, e contraddittorio tra sindaco di Roma e presidente della regione Lazio. Veltroni e Storace di cui recentemente si era notata una certa sintonia, o quantomeno la capacità di «fare squadra», ad esempio per ottenere che Roma e non Milano divenga sede di un’agenzia europea. Il Campidoglio si esprime sulla materia di buon’ora, Veltroni al primo giro di notizie sullo spostamento si premura di assicurare immediatamente che la città «è pronta a fare la propria parte, ad essere sede di dialogo e di una volontà pacifica di protestare per la disuguaglianza nel mondo». Anche perché ovviamente il vertice è cosa diversa dal G8 di Genova, «la Fao è un’organizzazione che si occupa dell’alimentazione nei paesi poveri, è aperta al dialogo e al confronto con le organizzazioni non governative». Un interlocutore del movimento antiglobalizzazione, insomma, e anche per questo Veltroni ritiene che sarebbe «un errore gravido di conseguenze» spostare il vertice. Attento, gli risponde il presidente del Lazio Francesco Storace. Perché «l’opinione pubblica mondiale attende politiche concrete per salvare dalla fame, dall’Aids e dalla desertificazione centinaia di milioni di persone: sarebbe gravissimo se questi straordinari obiettivi venissero cancellati dalle prime pagine dei giornali». Il governatore del Lazio poi, sfida la sinistra: «Ha una carta da giocare. Evitare di fare manifestazioni, manifestare non è un obbligo. Non è obbligatoria la mobilitazione di piazza, è una questione troppo seria per farla gestire all’Agnoletto di turno». La sinistra «deve uscire dall’angolo in cui la sta rinchiudendo un certo estremismo, per cui ogni occasione è buona per dar vita a speculazioni che in qualche caso diventano anche di sciacallaggio».