20 ore al muro
Da Zurigo alla via Emilia. Due testimoni
SA. M.
"Mettete un altro nome. Da quello che
ho visto dell'Italia non so come potrebbe reagire il giudice alla mia testimonianza".
Karl, chiamiamolo così, a soli 21 anni ha già in tasca uno strano primato: aver passato
più giorni nelle galere italiane che sulle sue strade. Nonostante da Zurigo, dove vive e
studia ingegneria, l'Italia non sia troppo lontana, questo per lui era il primo viaggio
dalle nostre parti. Per fare il prossimo dovrà aspettare almeno cinque anni, perché
martedì 24 luglio il prefetto genovese lo ha fatto accompagnare al confine con un decreto
di espulsione valido, appunto, cinque anni.
Per la verità quella di Genova era anche la prima manifestazione in assoluto a cui Karl
aveva deciso di partecipare, "ma non mi lazio intimidire", chiarisce,
promettendo che parteciperà anche alle prossime manifestazioni.
Karl è stato fermato dalla polizia durante il corteo di sabato. Le testimonianze sulla
solidarietà dei cittadini genovesi sono ormai proverbiali. Ma questa volta a mettere nei
guai Karl è stata la voce di una signora affacciata alla finestra che ha urlato al
poliziotto alle calcagna del gruppetto di amici svizzeri "sono andati di là".
Da quì in poi la storia di Karl è quella che in questi giorni hanno raccontato in molti.
Karl ha passato 21 ore nella caserma di Bolzaneto, sempre con le mani e la fronte
appoggiati al muro.
Il ricordo è lo stesso che ha Andrea: "Ci hanno fatto stare in piedi, con la faccia
contro il muro, le gambe divaricate e le braccia larghe ed alzate (la cosiddetta posizione
del cigno). Chiunque mostrasse segni di debolezza, lasciava scendere le braccia,
staccava lo sguardo dal muro o stringeva le gambe veniva puntualmente percosso con
schiaffi alla nuca, calci ai piedi o alle tibie, pugni ai fianchi o al ventre". Nella
sua lunga e dettagliata lettera Andrea racconta minuto per minuto quello che gli è
successo: "La cosa più snervante, però, era che, oltre alla tortura fisica e
psicologica, non soltanto non era possibile avvisare nessuno, non soltanto non si capiva
se eravamo fermati, arrestati, né, eventualmente, si sapeva il perché, ma soprattutto
non si sapeva quanto sarebbe durato questo supplizio". Il racconto di Andrea è pieno
di insulti e provocazioni subite da lui e da chi aveva attorno: "Per coloro che,
inoltre, avevano qualcosa ritenuto non ordinario la dose di percosse diveniva multipla.
Era questo il caso di chi portava capelli rasta, orecchini, piercing, oppure era di colore
o vestiva strano".
Anche la cruda lettera di Andrea si chiude, però, con un filo di ottimismo. Perchè
all'uscita del carcere di Alessandria, dove sia Andrea che Karl sono stati due giorni, non
rimane da solo: "La sorpresa più bella, a questo punto, è stata l'arrivo di alcuni
compagni di Alessandria in nostro soccorso. Alcuni di noi sono stati accompagnati in
stazione, altri portati direttamente a Genova, dove avevano lasciato amici, effetti
personali, ecc. Altri ancora, come me, sono stati ospitati".
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