La stampa 4 agosto 2001

 

«Il vertice Fao di Roma? Spostiamolo in Africa»
Sabato 4 Agosto 2001

Berlusconi teme la protesta antiglobal
Ugo Magri
ROMA «Ci è bastata Genova», dice Silvio Berlusconi, «col G8 abbiamo già dato...». Se dipendesse da lui, il prossimo summit mondiale della Fao si svolgerebbe in una capitale del Terzo mondo, per esempio a Nairobi, anziché a Roma dal 5 al 9 novembre. E se per coprire i costi del trasloco fosse necessario tirar fuori il portafogli, beh, «ne potremmo parlare».
Sono ragionamenti svolti l’altro ieri a porte chiuse. Ma, come tutto ciò che Berlusconi dice tra quattro mura, con espressa raccomandazione ai presenti di non farne parola, dopo qualche ora erano già di dominio pubblico. Non potevano mancare le prese di posizione. Gavino Angius, presidente dei senatori Ds, s’è detto «francamente allibito, perché un paese che rinuncia ad ospitare un vertice così importante di fatto riconosce di non saper garantire l’ordine pubblico». E Willer Bordon, rappresentante della Margherita, ha rincarato: «Vorrebbe dire che l’Italia è un paese dove non esiste più il diritto di riunirsi né di far riunire organizzazioni come la Fao». Giovanni Alemanno, ministro per le Politiche agricole, ha presentato invece lo spostamento a Nairobi come «una splendida occasione di protagonismo per i paesi sottosviluppati».
Il summit in questione era stato convocato un anno fa per discutere di lotta alla fame nel mondo. Nel 1996, durante un’iniziativa analoga, erano venuti in Italia i rappresentanti di 185 paesi, tra cui una vera star, Fidel Castro. Stavolta però, oltre ai leader mondiali, è atteso anche il black bloc. «Appuntamento a Roma», s’erano congedati da Genova i gruppi anarco-insurrezionisti. In teoria non ve ne sarebbe motivo: la Fao è un’organizzazione benemerita che fa capo alle Nazioni unite, il suo direttore generale (Jacques Diouf) viene dal Senegal e con la globalizzazione capitalista non ha nulla a che spartire. Però l’attrazione mediatica è troppo forte, cosicché in quei giorni ci sarà parecchia folla intorno alla sede Fao, presso le Terme di Caracalla. Il summit si terrà in quel palazzone anonimo con vista sul Colosseo, ma toccherà alla polizia italiana garantire l’ordine esterno. Berlusconi, si capisce, è «molto preoccupato».
Il primo a mettergli la pulce nell’orecchio era stato Giulio Andreotti una settimana fa a Palazzo Madama: «Mi permetto un suggerimento...», aveva detto con aria sorniona il senatore a vita, catturando al volo lo sguardo del premier. «Attenzione, perché in occasione della riunione Fao a livello di capi di Stato e di primi ministri potremmo riavere qualche manifestazione tipo Genova...» (sobbalzo di Berlusconi sui banchi del governo).
Un secondo avvertimento il premier l’ha ricevuto due giorni fa, durante un incontro coi senatori «azzurri». E’ stato lì che una firma prestata alla politica, Paolo Guzzanti, gli ha consigliato: «Sospendi, caro presidente, qualsiasi attività che possa provocare un intervento degli anti-globalizzatori armati. Genova è stata una trappola, il vertice della Fao potrebbe essere la trappola-bis».
Berlusconi ha annuito: «Non ditelo fuori, per favore, ma anch’io temo quello che potrà accadere a novembre. Stiamo vedendo di trovare una soluzione, magari chiederemo alla Fao di spostare il summit altrove. Se c’è un problema di spese, potremmo aiutarli». Concetti arricchiti poi a sera in Consiglio dei ministri: «A ottobre sono già previste le celebrazioni per il cinquantennale della Fao, mica possiamo farci carico di tutte le loro iniziative... Una è già sufficiente». Così il ministro degli Affari esteri, Renato Ruggiero, ha avuto incarico di sondare il terreno.
Già, perché l’Italia è il paese ospite, ma l’organizzazione del summit spetta alla Fao. E basta aprire il sito www.fao.org per scoprire che i preparativi sono un bel po’ avanti. Se vorrà convincere Diouf che Nairobi è meglio di Roma, l’ambasciatore Ruggiero dovrà ricorrere a molta diplomazia.